Rende, la “Harvard di Calabria” rischia lo scioglimento per mafia

Rende, la “Harvard di Calabria” rischia lo scioglimento per mafia

Al centro dello scambio ci sarebbe stata una cooperativa. Di quelle che si occupano dei rifiuti e della pulizia delle strade. Foraggiata, dicono gli inquirenti, a suon di denaro e posti di lavoro per garantirsi il sostegno elettorale alle elezioni provinciali del 2009. E i soldi elargiti non sarebbero stati pochi: 8 milioni di euro solo per ricapitalizzare la società. Non proprio spiccioli, insomma, per un comune calabrese di medie dimensioni (35 mila abitanti) con i conti tutt’altro che rosei. Parliamo di Rende, in provincia di Cosenza. L’ex sindaco della cittadina, Umberto Bernaudo, e l’ex assessore al Bilancio, Pietro Ruffolo – entrambi attuali consiglieri provinciali del Partito democratico – si trovano da ieri agli arresti domiciliari.

L’accusa è di voto di scambio e corruzione elettorale, ma non aggravata dal metodo mafioso (il gip di Catanzaro Livio Sabatini ha respinto l’aggravante del metodo mafioso proposta dai pm). Eppure, come riporta Il Corriere della Calabria, il ministero dell’Interno ha disposto di inviare nel Comune calabrese una Commissione di accesso antimafia. Da settimane invocata dal Pdl regionale sulla base di quanto era emerso nell’operazione “Terminator 4” della Dda di Catanzaro, che a dicembre 2011 aveva già portato all’iscrizione di Ruffolo e Bernaudo nel registro degli indagati. E ora anche questa cittadina alle porte di Cosenza, feudo del centrosinistra locale, rischia di essere commissariata, come è già accaduto il 9 ottobre scorso al vicino comune di Reggio Calabria. L’ufficializzazione della decisione, però, è stata rinviata in attesa della scelta dei tre nomi che comporranno la commissione che si insedierà negli uffici del municipio.

Perché la cooperativa in questione, la Rende servizi srl, sarebbe riconducibile al presunto boss della ‘ndrangheta di Cosenza Michele Di Puppo, ritenuto uno dei capi della locale cosca Lanzino, al quale il provvedimento restrittivo della Dda di Catanzaro è stato notificato in carcere. La società, scrivono gli inquirenti, avrebbe rappresentato «lo strumento per ottenere consensi elettorali mediante il fattivo ruolo di esponenti di primo piano della locale criminalità organizzata, a loro volta contraccambiati da posti di lavoro retribuiti e distribuiti secondo la più classica delle politiche clientelari». «Una dissennata amministrazione», al di sopra delle possibilità di spesa delle casse comunali, garantita da Ruffolo e Bernaudo, in cambio del pieno appoggio elettorale in occasione delle Provinciali del 2009 vinte dal Pd. Ruffolo, dopo la riconferma di Mario Oliverio (Pd) alla presidenza della Provincia di Cosenza, era stato addirittura nominato assessore provinciale, ruolo dal quale si è poi «autosospeso», senza però essere sostituito, per effetto di un’altra inchiesta giudiziaria al termine della quale era stato rinviato a giudizio per usura.

Rende è da sempre il fiore all’occhiello delle amministrazioni del centrosinistra calabrese. Sede dell’Università della Calabria, il più ampio campus universitario italiano al secondo posto nella classifica Censis 2011 dei grandi atenei. Nel 2010 l’Unical si è classificata tra le prime 100 università al mondo per la computer science nella classifica Arwu (Academic Ranking of World Universities) compilata dall’Università Jiao Tong di Shanghai. Una piccola Harvard, insomma, sulle colline che circondano Cosenza, finita nei mesi scorsi sotto la lente d’ingrandimento della magistratura per presunti falsi esami sostenuti alla facoltà di Lettere e filosofia. L’uomo simbolo di Rende è l’avvocato Sandro Principe, attuale consigliere regionale del Pd, ex deputato ed ex sottosegretario al Lavoro nei governi Amato e Ciampi, coinvolto negli anni Novanta in una inchiesta giudiziaria di mafia poi archiviata dalla procura di Palmi. Principe è stato sindaco della cittadina dal 1980 al 1987 e dal 1999 al 2006.

La richiesta di custodia cautelare per Bernaudo e Ruffolo, ritenuti vicini allo stesso Principe, «trae fondamento dall’esito delle indagini concernenti la costituzione e la ricapitalizzazione della società Rende Servizi srl (prima cooperativa Rende 2000)», scrivono gli inquirenti. In particolare, gli investigatori hanno esaminato cinque delibere del consiglio comunale di Rende (dal 2007 al 2010), che mostrerebbero come nel corso degli anni il contratto di affidamento dei servizi alla srl sarebbe stato rinnovato «tacitamente», senza indire nuove gare.

La cooperativa, costituita nel 1999, nel 2002 si aggiudica l’appalto per la raccolta dei rifiuti e la manutenzione degli edifici del comune di Rende. Bastano pochi anni, però, per fare le cose in grande. In otto anni il numero dei dipendenti aumenta «in modo sensibile» passando da 63 a 171 unità e il volume d’affari sale fino al picco di 2.351.356 milioni di euro nel 2007. Dal 2002 al 2006, nelle casse della cooperativa circolano più di 13 milioni di euro. Fino al settembre del 2008, quando tutti i dipendenti vengono licenziati e riassunti nella nuova Rende servizi srl, che oltre a cambiare nome diventa una società in house, a totale partecipazione comunale. Un «comodo escamotage», secondo gli inquirenti, «per proseguire l’attività clientelare», con «un’azione amministrativa inefficiente ma proficua per rinsaldare la popolarità e l’apprezzamento della parte politica contigua a Bernaudo e Ruffolo».

Un capitolo a parte sono le modalità di assunzione della cooperativa e soprattutto i nomi degli assunti. «I criteri di selezione del personale della cooperativa» non erano «chiari né conosciuti», ha dichiarato davanti al pm un consigliere di minoranza del Comune. Tra i suoi lavoratori, la società vanta diverse figure legate ai clan locali, dai Pino-Sena ai Lanzino-Patitucci. Nel libro paga c’era persino Ettore Lanzino, ricercato “numero uno” ritenuto dalla Dda il capo dei capi della malavita cosentina arrestato proprio oggi a Rende mentre si trovava in una mansarda in compagnia di Umberto Di Puppo, fratello di Michele. Nell’elenco compare poi Francesco Patitucci, ritenuto dai magistrati inquirenti «esattore» delle cosche bruzie e attualmente in carcere per estorsione. E anche un altro capobastone della zona, Gianfranco Ruà, nel 2009 era riuscito a piazzare il cognato con un incarico da 1.500 euro. I posti di lavoro in alcuni casi passavano anche di padre in figlio. Ci «si preoccupava di assumere nella cooperativa pensata per il reinserimento sociale non i più deboli, ma quelli con i santi in paradiso», scrive il gip.

Non solo ai santi, però, i dipendenti della Rende srl dovevano pensare anche ai politici in terra. Gli operai, durante l’orario di lavoro, sarebbero stati usati infatti per fare propaganda elettorale a favore di Bernaudo e Ruffolo per le elezioni provinciali del 2009. Lavoro extra confermato nel corso degli interrogatori da alcuni dipendenti della società, che hanno dichiarato di aver svolto attività di campagna elettorale e affissione di manifesti elettorali. Per un compenso di 20 euro al giorno. A dirigere il tutto ci sarebbe stato Michele Di Puppo. Ufficialmente «capo servizio addetto al servizio spazzamento strade», ufficiosamente con un «ruolo direttivo nella Rende srl». L’attività della cooperativa, dicono gli inquirenti, «era stata piegata agli interessi di Di Puppo», che avrebbe accettato «lo scambio elettorale in vista di utilità significative ed apprezzabili per la cosca in esame». 

Nel corso degli interrogatori saltato più volte fuori il nome dell’ex sindaco di Rende Sandro Principe, attuale consigliere regionale del Pd, che non risulta tra gli indagati. Uno dei dipendenti della cooperativa ha confermato l’interessamento di Michele Di Puppo nella campagna elettorale svolta nell’interesse di Ruffolo e Bernaudo e «la loro vicinanza politica con l’onorevole Sandro Principe, avendo questi partecipato anche ad alcuni loro comizi elettorali». In base alle conversazioni telefoniche intercettate, esisterebbe poi un rapporto di amicizia tra Di Puppo e Principe, «circostanza apertamente palesata da Di Puppo al suo interlocutore», scrivono gli inquirenti, «avendogli offerto la disponibilità di intercedere presso il politico se Cerchiara (l’interlocutore, ndr) ne avesse avuto bisogno». In più, un ex consigliere comunale, si legge nell’ordinanza, avrebbe riferito ai magistrati che «la trasformazione della società Rende da cooperativa a società in house avvenne per volontà di Principe Sandro, allora Sindaco».

Quello che emerge, dicono gli inquirenti, è «un accordo elettorale politico/mafioso in occasione delle elezioni provinciali del 2009 tra Bernaudo e Ruffolo», all’epoca dei fatti rispettivamente sindaco e assessore del comune di Rende, e Michele di Puppo, ritenuto «elemento di spicco della locale associazione mafiosa Lanzino». In una conversazione con Pietro Paolo Ruffolo, Di Puppo gli dice: «L’importante è che vinciamo sennò facciamo una figura di merda… ed io figure di merda non ne ho mai fatte». E la vittoria, infatti, arrivò.

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