Vogliamo spiegare alla sinistra se le Cayman sono buone o cattive?

Vogliamo spiegare alla sinistra se le Cayman sono buone o cattive?

Ancora qualche domanda (di sinistra) sulla questione delle Cayman, se è lecito. Forse perché il cittadino-elettore (sempre di sinistra) non ha compreso sino in fondo il punto di una questione delicata, sovrastato da una querelle tra Davide Serra del fondo Algebris e Pierluigi Bersani del Pd che ha portato in un luogo terzo e assai poco letterario – le aule giudiziarie – il confronto su una vicenda molto delicata per lo sviluppo democratico di un Paese.

Questa mattina i giornali raccontano di un’inchiesta che coinvolge la famiglia Marzotto e la vendita della maison Valentino, sulla quale – questa è l’accusa – una parte della famiglia (all’interno di uno scontro di famiglia) – non avrebbe versato 66 milioni di tasse. Di un certo capitalismo, ieri su LK vi ha ragguagliato il nostro Vanuzzo.

Racconta Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera che per i pubblici ministeri il sequestro dei beni dei Marzotto (case, ville, castelli, garage, terreni, etc.) «è giustificato dal fatto che nel 2007 i profitti della vendita da “ICG” (una società lussemburghese costituita nel 2006 che l’accusa sostiene essere stata gestita dall’Italia) al fondo inglese Permira del 29,6 della casa di moda siano stati «investiti in quote di “Leo Capital Growth”, società con sede nelle isole Cayman gestita da due fondi inglesi che avevano partecipato alla stessa operazione Valentino con la principale e ben remunerata funzione di advisor».

Qui ci fermiamo opportunamente con gli elementi giudiziari, che ci servono soltanto come volano per introdurre il legittimo smarrimento di un elettore (di sinistra) che cerca di interpretare nella maniera più serena possibile l’avvicinamento di una persona evidentemente non sprovveduta come Matteo Renzi al mondo della grande finanza attraverso la conoscenza, l’amicizia, la collaborazione con Davide Serra del fondo Algebris che ha certamente a che fare con le isole Cayman.

E mettendo in parallelo le storie – l’inchiesta sui Marzotto, così come tante altre, e l’orgogliosa difesa del suo onesto lavoro da parte di Serra – porsi qualche semplice, basica, inevitabile domanda. Che qui racchiudiamo in tre punti essenziali, che probabilmente alla grande finanza appariranno ingenui se non patetici, ma che a un elettore di sinistra economicamente più disagiato interessano non poco:

a) esistono dunque Cayman buone e Cayman cattive? E se sì, l’elettore (di sinistra) come può valutarne la differenza, e soprattutto: da chi può essere aiutato in questo percorso di conoscenza?

b) in termini di equità sociale, l’elettore di sinistra può essere sicuro e confortato che il ricorso a tali forme finanziarie costituisca un inoppugnabile elemento di pari opportunità?

c) se l’obiettivo finale (dichiarato) è quello, all’interno delle leggi vigenti, di avere un regime fiscale più favorevole, ciò non comporta una diseguaglianza rispetto a chi (la maggiorparte dei cittadini) non può farvi ricorso?

Ci sono probabilmente tante altre domande che il cittadino comune potrebbe (vorrebbe) porre, ma ci siamo limitati alle questioni elementari. Se il rapporto con i soldi, con il loro guadagno e la loro gestione, rappresenta ancora un elemento di inquietudine all’interno della sinistra, con un che di irrisolto che non riesce a sciogliersi in pura normalità, forse l’accelerazione siderale impressa da Matteo Renzi che così, a freddo, ha impiantato una serata con il fondo Algebris senza un minimo di comunicazione sociale, non è stata una mossa tra le più intelligenti. Per lui, certamente, ma soprattutto per il mondo che a lui crede e naturalmente e politicamente tende.

C’è un’ultima questione, anch’essa non esattamente marginale. Racconta sempre Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera: «Peccato che i Marzotto/Donà delle Rose non abbiano dato retta nel luglio 2007 alla risposta del commercialista al quesito se fosse in regola o meno con il Fisco italiano un’operazione costruita in un certo modo in Lussemburgo per vendere il 16 maggio 2007 al fondi inglese Permira il 29,62% della casa di moda Valentino… Quando i consulenti di Vittorio Marzotto e Andrea Donà delle Rose lo chiesero, nel luglio 2007 il milanese “Studio Valente Associati (GEB Partners)” rispose no a questa domanda da 66 milioni di euro, valore del risparmio di tasse in più altrimenti da pagare in Italia sui 200 milioni di profitti conseguiti ed elencò nel proprio parere i 5 indicatori che avrebbero potuto far pensare a una maxievasione fiscale dietro la «estero vestizione» in Lussemburgo della “ICG International Capital Growth srl” gestita in realtà dall’Italia. Quel parere fu disatteso».

Immaginiamo che la famiglia abbia avuto invece risposte confortanti, sempre sul piano del rispetto delle leggi, da parte di altro studio professionale. Per cui, anche in questo caso, un elettore (di sinistra) potrebbe chiedersi in maniera elementare: ma le leggi italiane sono così interpretabili, per cui un professionista ti avverte che potresti infrangere la legge e un altro, al contrario, rassicurarti dell’assoluta bontà dell’operazione?

Se è così, urge correre ai ripari. Se invece, come in tutte le categorie, ci sono anche persone poco perbene, questo è aspetto per magistrati.  

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