Viva la FifaA volte ritornano: Paloschi, Perrotta, Marchisio e l’Inter di inizio stagione

A volte ritornano: Paloschi, Perrotta, Marchisio e l'Inter di inizio stagione

Per la serie a volte ritornano. L’ultima giornata di serie A è stata caratterizzata dai segni lasciati da alcuni giocatori di cui ci si stava per dimenticare, o dai quali è lecito aspettarsi di più e che si stanno ritrovando. Parliamo (in ordine non tanto di importanza, ma temporale, a seconda che abbiano giocato sabato o domenica) di Marchisio, Giovinco, Destro, Perrotta e Paloschi.

Partiamo dal derby di sabato sera. Se questa partita avesse un slogan, potrebbe essere “La Juve ai torinesi”: i bianconeri hanno fatto propria la stracittadina piemontese grazie a Claudio Marchisio (torinese di Chieri) e Sebastian Giovinco (palermitano di origine ma cresciuto proprio a Torino). Due prodotti del vivaio Juve che sabato hanno tolto i bianconeri dall’empasse di un derby che proprio non voleva sbloccarsi. Un po’ perché è stata la stessa Juve a cercarsela. Complice un modulo sì collaudato ma ormai prevedibile, la coppia Alessio-Conte ha convertito come già fatto nel secondo tempo della sfida con il Milan il 3-5-2 in un 4-3-3 con l’artiglieria pesante in attacco: Matri e Bendtner assieme. Il problema è che i due non fanno un attaccante in grado di segnare. E il Torino, prima dell’espulsione di “Karate Glick”, pressa e raddoppia sulle fasce che è un piacere. Anche il Toro però lascia Bianchi in avanti troppo solo, così come la Juve non riesce a sfondare. Il rosso al centrocampista granata permette alla Juve di aumentare l’intensità a centrocampo. A fine gara, il vantaggio territoriale bianconero è mostruoso: 93,4%.Così come altissimo il numero delle trame di gioco: 453 passaggi della Juve contro la metà dei granata. Ma se da una parte Bianchi non incide, dall’altra ci sono Marchisio e Giovinco che scalpitano. Il primo quest’anno era apparso in generale calo rispetto a una stagione, come quella scorsa, nella quale era girato a mille. Complice certo una Champions di mezzo, per la Juve è più difficile correre a tutto campo e allo stesso tempo sfruttare i continui inserimenti del numero 8 bianconero. Ma da uno di questi è nato il gol del vantaggio della Juve, poi ribadito da un Giovinco che ancora sbaglia tanto (7 dribbling e 5 palloni falliti) ma che sta trovando quella fondamentale via del gol che serve alla Juve senza top player.

La Roma è alla quarta vittoria nelle ultime cinque gare. Stavolta i giallorossi hanno funzionato al contrario: così così nel primo tempo, ‘maggici’ nel secondo. Nel primo tempo la Roma controlla, ma il Siena non soffre e si porta avanti con Neto (chi era costui?) al primo gol in serie A. La reazione giallorossa è più di rabbia che di testa. Totti combatte i segni dell’età e va ad intermittenza, Destro non incide. I due si rifaranno nella ripresa, perché il Siena è più stanco e Totti può lavorare di fino a ritmi più bassi. Lui ricama (443 passaggi in stagione), Destro fa la terza doppietta in serie A e prova ad entrare nel cuore dei tifosi giallorossi dopo un inizio di campionato in chiaroscuro. E poi si rivede pure Perrotta, uno dei grandi “vecchi” del Mondiale 2006 ripescato da Zeman per infilarsi tra le linee avversarie con le sue incursioni. C’è ancora da lavorare, per il boemo: la Roma con 24 reti subìte è la quarta peggio difesa del campionato e tra i reparti, soprattutto centrocampo e retroguardia, c’è ancora troppo scollamento; una situazione tattica che permette agli avversari di infilarsi tra le linee ancora con troppa facilità per una squadra che oltre a divertire non può mancare l’Europa.

E guarda chi si rivede a Genova: Alberto Paloschi. Ve lo ricordate, qualche anno fa, quando Ancelotti lo buttò nella mischia in un Milan-Siena? Il ragazzo della Primavera entrò e segnò un gran gol. Poi il prestito (positivo) al Parma e tanti altri giri per l’Italia, spesso condizionato da infortuni. Poi arriva la tripletta di ieri, grazie a un Corini che ha impostato bene la gara a “Marassi”. L’ex giocatore del Chievo non ha però avuto difficoltà, contro il suo vecchio maestro Del Neri. Il primo tempo del Genoa è stato sconcertante: l’ex tecnico dei clivensi e della Juve ha dimostrato di non essere in grado di amministrare altro che non sia un 4-42 con le ali che volano su e giù. Ieri ha messo in campo un 4-1-4-1 nel quale i primi a non capirci sono stati i giocatori rossoblu. Ai veronesi è bastato alzare il baricentro per eludere il pressing dei padroni di casa e portare a casa 3 punti fondamentali in chiave salvezza. Al Genoa resta un indicativo 54% di lanci lunghi.

Certo, si è anche rivista l’Inter di inizio stagione. Bruttina, la prestazione dei nerazzurri contro il Palermo. Una sfida decisa da un autogol a pochi minuti dalla fine è tutto dire. L’Inter è apparsa più solida in difesa e va bene, è tornata a vincere dopo la gran vittoria allo Juventus Stadium, ma la prestazione di ieri è molto vicina a quella della sconfitta di Parma e – diciamolo pure – inferiore al pareggio (che pareggio non doveva essere) contro il Cagliari. Il problema sta nella costruzione del gioco. L’Inter gioca costante ma lenta, con tanti passaggi (438 in partita) ma senza trovare un guizzo. Coutinho dietro le punte torna indietro in fase di non possesso palla per dare una mano agli affannati Cambiasso e Gargano, ma mica può fare tutto il brasiliano. I nerazzurri hanno il fiato corto, oltre che corta è la panchina. Al centrocampo restano i tanti contrasti vinti (73), ma senza Cassano e con un Palacio in calo e Milito che continua a digiunare, i gol rischiano di non arrivare. Così come rischia, prima o poi, di vedersi allontanare la Juve in classifica. O di veder partire Snejider, che a quest’Inter carente di fantasia una mano potrebbe darla eccome.

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