SIENA – Le polemiche con Renzi? Non pervenute. La crisi del Monte dei Paschi? Neanche a parlarne. Pier Luigi Bersani torna a Siena e, fin da subito, dribbla due dei temi più scottanti. Ma se la linea su Renzi era stata dettata già in mattinata durante il videoforum a Repubblica Tv -«Le regole sono state decise insieme, non sfregiamo questa giornata magnifica» aveva detto il segretario- c’era da aspettarsi almeno un accenno alla situazione della banca senese, oberata dai debiti dopo la disastrosa acqusizione di Antonveneta. Invece niente, «Pier Luigi» non parla di «Matteo», e neanche della crisi che coinvolge la banca più antica d’Europa, così legata alla politica locale, perlopiù targata Pd. Laddove lo sfidante non aveva avuto remore, il favorito alla corsa delle primarie non si è esposto più di tanto.
«Non conosco i dettagli, ma come Pd noi siamo con i lavoratori. Per difenderli, però, bisogna salvare anche l’impresa. Perciò c’è bisogno di un tavolo sindacale» ha detto. Solo sabato scorso, invece, Renzi si era spinto più in là, attaccando «una parte del gruppo dirigente che deve andare a casa per quello che ha fatto, e questa città lo sa bene». In comune, le due serate, avevano un ospite d’eccezione: l’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi, dimessosi nel maggio scorso proprio in occasione di una disputa interna al Pd sull’ufficializzazione delle nomine per la Fondazione Mps, e appena ricandidatosi alla poltrona di primo cittadino. Ma se nella serata con «Matteo» l’ex sindaco di Siena era poco più che un convitato di pietra, durante il pomeriggio con «Pier Luigi» Franco Ceccuzzi era una guest star. Durante la campagna elettorale dello scorso anno, Bersani lo sostenne nella corsa alla poltrona di sindaco, e stasera i due sono andati via assieme. In ogni caso, il segretario del Pd è passato dalle lacrime dall’altra sera a Porta a Porta, all’incontro di ieri pomeriggio con lavoratori e operai del senese, parlando di fisco, welfare, crisi e disoccupazione.
Sette lunghi interventi e due parole chiave: diritti ed equità. Queste le istanze che i lavoratori hanno avanzato a colui che potrebbe diventare il prossimo Presidente del Consiglio. Bersani ha preso appunti e ascoltato a lungo, con l’aria di chi già pensa al da farsi dopo il ballottaggio di domenica, ma ben rivolto alla crisi che attanaglia imprese e famiglie. A chi gli chiede conto dello squilibrio contrattuale a sfavore del lavoratore nel rapporto con l’azienda il segretario Pd risponde che «la via maestra è il modello tedesco: se l’azienda dice di voler riconvertire la produzione, bisogna sostenerla, a patto che investa in innovazione e sviluppo. A queste condizioni siamo disponibili a contrattare anche sulla flessibilità contrattuale».
La location dell’incontro è la sede dell’Università per Stranieri. Così il segretario non può non accennare all’Italia «caso unico in Europa, che ha perso 17 mila nuovi immatricolati nelle università. Perciò, a chi parla solo di merito, rispondo che il classismo sul diritto allo studio non va bene, perché migliaia di famiglie non hanno potuto mandare i loro figli a studiare, non avendo disponibilità economica». Ma dove trovare le risorse necessarie per sostenere il diritto allo studio?
«Tutto sta in piedi insieme –risponde – e solo con tracciabilità del denaro e grandi banche dati, ci potremo permettere di assegnare fondi alle famiglie in base al loro reddito». La lotta all’evasione come strumento di rassegnazione di quei diritti cui lo Stato non riesce più a far fronte, ma anche la guerra agli sprechi nella pubblica amministrazione.
«Ho fatto l’amministratore per tanti anni e mi sono convinto della validità del principio di Occam, per cui “non bisogna moltiplicare gli elementi più del necessario”. Questo principio lo applicherei alla pubblica amministrazione perché non è opportuno il proliferare di aziende municipalizzate» dice il segretario del Pd, che poi si lancia su un altro paragone, mettendo ancora a frutto i suoi studi in filosofia: «Per me vale sempre il “principio della ragion sufficiente” di Aristotele: se crei una società partecipata devi dimostrarmi che serve e sta in piedi, sennò niente».
Lavoro, diritto allo studio, evasione fiscale: riprendendo la celeberrima espressione del fisico Lavoiser (spesso confusa con “Panta rei” di Eraclito), per il segretario del Pd «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma», e questi tre temi sono strettamente legati. «Perdiamo venti punti di produzione industriale all’anno. Come facciamo, così, a dare una mano ai redditi bassi e a chi investe per dare lavoro? Bisogna prendere i soldi dall’evasione fiscale e guardate, basta poco, serve che arrivi un ministro che già dalla faccia lasci intendere che non ci saranno condoni per cinque anni» dice Bersani, interrotto solo da un bambino che ha un malore in sala. «Ti ho fatto questo effetto?» domanda, divertito. «Speriamo non faccia questo effetto a noi elettori domenica», si lascia sfuggire qualcuno in sala.
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