La storia è abbastanza nota e qui la si riassumerà per sommi capi. Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e intellettuale di destra ma poco organico alla medesima (ecco, non è esattamente Gasparri, per il quale peraltro nutre stima infinita perché non è mai cambiato sin da quando era piccolo e simpatico balilla), attiva tempo fa una collaborazione saltuaria con Repubblica grazie a un accordo (verbale) con il suo direttore di riferimento gerarchico, il buon Mulè di Panorama. Tra persone perbene basterebbe una stretta di mano, ma. La cosa procede senza traumi sino all’altro giorno, quando il nostro Pietrangelo decide di vergare per il foglio sinistro il vocabolario dei «destrutti», i disperatamente sfollati del Cav. ormai senza patria e, quel giorno della pubblicazione, ancora senza leader. Adesso Lui (ri)c’è, manca sempre la patria.
Sta di fatto che la pubblicazione di quel registro di assenze produce quel che nessuno dei protagonisti s’aspettava, e che secondo il Buttafuoco metterebbe in gioco persino il futuro dei suoi piccoli, aggirandosi lo spettro di un licenziamento (che non ci sarà perché sarebbe, quello sì, scandalo per cui legarsi in piazza. Ma una prece d’eleganza al buon Pietrangelo andrà elevata: lasciamo stare i pargoli e vediamocela tra grandi che è più dignitoso).
La frattura sembra ormai insanabile, Buttafuoco parla apertamente di censura, ha il sospetto (fondato) che se non avesse toccato ed esaminato i destri «destrutti» non si sarebbero levati gli alti lai che hanno invece riempito le pagine dei giornali, con il direttore Mulè che lamenta, appunto, un patto tradito perché gli accordi sottoscritti con il suo sottoposto-giornalista parlavano di solo di questioni culturali (la testatina ideale nei giornali sarebbe società&cultura) e non meramente politiche, Buttafuoco replica anche con una certa facilità che nella cultura sarebbe compresa anche quella politica scritta alla sua maniera e così via equivocando ed evitando la questione vera.
Che non è la censura, non sono i destri che scrivono per i sinistri, non sono nemmeno i destri che attaccano i destri su un giornale di sinistri, e neppure il ridottissimo stile di Mulè. No, qui la questione è più radicale e da personale può diventare veramente politica. È che a Buttafuoco i giornali di destra (così come sono concepiti in questi anni) gli fanno anche un po’ schifo e lo sbarco sulla scialuppa di Repubblica ha rappresentato la sua protezione 50 al solleone della mediocrità.
Usiamo la parola schifo nel suo senso più fanciullesco, lessico fulminante e risolutorio usato da quei teppisti dei nostri figli quando incappano in una pietanza appena un po’ distante dai cinque-piatti-cinque che sono soliti ingurgitare. Ma in questo evadere in un altrove giornalistico politicamente scorretto, il Pietrangelo è stato persino troppo scoperto, dal momento che non riesce a farsi bastare due autorevoli pubblicazioni come Panorama e Foglio. Del resto, lui stesso ha definito Repubblica il più grande giornale italiano e dal punto di vista squisitamente tecnico-organizzativo come dargli torto.
Purtroppo, però, Buttafuoco assesta – a noi che da anni tentiamo un timido avvicinamento ai giornali della destra – un colpo praticamente mortale, dovendosi concludere che se lo sciroppino non piace per primo a lui che di destra lo è, non si capisce perché dovremmo sorbircelo noi, che di destra siamo infinitamente meno. (non siamo neppure di questa sinistra, ma è una storia troppo lunga). Ci viene quasi l’idea di chiedergli i danni morali per questo suo risolutivo addio ai giornali che gravitano intorno al mondo più berlusconiano, perché in fondo è anche un po’ sleale abbandonarlo proprio ora che si è fatto marginale quando, invece, averlo immaginato nei suoi anni migliori sarebbe stata la credenziale più evidente per definirlo, il Buttafuoco, invece che vittima com’è oggi, eroe del nostro tempo.
La conclusione è sin troppo semplice e, ahinoi, ancora e sempre malinconica. Pur essendoci tanti bravi giornalisti (due nomi tra i tanti, Chiocci e Bracalini del Giornale) e sicuramente ottime cose da leggere, quei giornali si fanno aprire con una fatica quasi ercolina. Ma qui Buttafuoco c’entra nulla e il carico va interamente sulle spalle di chi negli anni li ha concepiti esclusivamente come manganelli politici.