Nel delinearsi delle prossime elezioni, il vero spartiacque sembra non essere più la suddivisione tra destra e sinistra, quanto quella tra europeisti e anti-europeisti. Questa è la demarcazione che, secondo Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del Pd, divide davvero le forze in campo e permette una lettura delle dinamiche politiche più ampia, che comprende il ruolo giocato da Monti.
Professore, la divisione è tra europeisti anti-europeista. Quali sono gli schieramenti a livello parlamentare?
Oggi, semplificando un po’, possiamo dire che in difesa della strategia europea dell’Italia disegnata da Mario Monti ci sono, oltre ovviamente allo stesso Monti, Giorgio Napolitano, Prodi, Renzi, e i per ora sfortunati protagonisti della costruzione del Terzo Polo: Casini, Montezemolo e Fini; e qualche parlamentare del Pdl: Dini, Frattini, Cazzola, Pisanu. Sull’altro versante, in curiosa convergenza, ci sono Berlusconi, Vendola, Grillo, Maroni e Bossi. Stando alle sue ultime dichiarazioni, dovrei collocare su quest’altro versante anche Stefano Fassina.
E quali schieramenti corrispondono invece, a livello culturale, cioè che, anche radicati nella società civile, stanno dietro alle rappresentanze parlamentari?
Questo lo vedremo forse tra breve.
Tra breve quando?
Penso all’ipotesi che Mario Monti prenda l’iniziativa di invitare tutte le forze politiche che lo hanno appoggiato nel corso di quest’anno a prendere fin d’ora l’impegno – quale che sia la loro collocazione, al governo o all’opposizione, nella prossima legislatura – a difendere i punti essenziali della strategia europea dell’Italia. I punti, per intenderci, sarebbero sostanzialmente gli stessi contenuti nel memorandum che dovremmo sottoscrivere il giorno in cui dovessimo chiedere l’intervento del Fondo Salva-Stati. Per esempio: non si torna indietro rispetto alle scelte compiute in materia di pensioni e di flessibilizzazione del mercato del lavoro; se ci sono risorse, le si destinano prioritariamente a ridurre il carico fiscale su lavoro e impresa, quindi niente abolizione dell’Imu. A quel punto anche tutte le formazioni sociali operanti nella società civile, nel mondo della cultura e della ricerca, sarebbero chiamate a pronunciarsi.
E come capo dello schieramento andrebbe bene Mario Monti? Come lo vede?
Lo vedrei bene – anche se lui su questo non concorda – come Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica ha tra i propri compiti anche quello di garantire l’adempimento degli obblighi internazionali del Paese; e nella prossima legislatura l’adempimento dei nostri obblighi internazionali costituirà due terzi dell’attività del Governo. Così incomincerà a delinearsi nei fatti una sorta di semi-presidenzialismo alla francese, che potrebbe preparare la riforma costituzionale vera e propria in questa direzione. Ma anche Prodi e Amato sarebbero tutti presidenti che darebbero una notevole garanzia di fedeltà dell’Italia alla sua vocazione europea e agli impegni assunti su questo terreno.
Nello schieramento pro-Europa lei esclude Fassina e Vendola. Come deve agire Bersani in questo senso?
Bersani deve tener fede alla scelta europeista e di appoggio specifico alla strategia delineata da Mario Monti che è chiaramente enunciata nella Carta d’Intenti da lui stesso posta come “carta costituzionale” del centrosinistra di cui è il leader.
E quindi? Liberarsi di Vendola?
No: Vendola ha accettato la regola maggioritaria all’interno del centrosinistra. E proprio l’accettazione da parte sua di questa regola mi induce a dire che, a questo punto, Vendola e il suo partito potrebbero anche confluire nel Pd, rafforzandone l’ala sinistra. Ma nel Pd resterebbe comunque una maggioranza molto netta schierata in difesa della strategia europea dell’Italia avviata da Mario Monti in questo suo anno di governo.
Dall’altra parte, invece, ci sono Grillo e Berlusconi, con visioni diverse: Berlusconi si disinteressa dello spread, mentre Grillo agita complotti sovranazionali. Da che matrice emergono queste visioni?
Io vedo solo una differenza: Berlusconi si limita a dire che lo spread è un falso problema, senza trarne le conseguenze. Grillo, invece, le conseguenze le trae esplicitamente, dicendo che dobbiamo uscire dal sistema dell’euro.
Ma la gente davvero dà peso alle critiche rivolte contro l’Europa?
“La gente” è molte cose. E tra queste molte cose c’è anche la gente che vede nel rigore finanziario necessario per costruire l’Europa Unita una rovina, invece che una occasione preziosa per curare le piaghe storiche del nostro Paese. Sia Berlusconi, sia Grillo, puntano su questa parte della gente. La mia speranza è che, a conti fatti, questa parte non sia più di un quarto degli elettori.
Quanto può contare l’influsso della Chiesa nelle scelte degli schieramenti?
Rispetto allo spartiacque fondamentale della politica italiana di oggi, costituito dalla strategia di integrazione europea, mi sembra che la Chiesa cattolica si collochi prevalentemente sul versante favorevole a quella strategia. Non mi sembra questo, comunque, uno dei temi sui quali la posizione assunta dalla Conferenza Episcopale Italiana influenza di più la nostra opinione pubblica.