Bambini, facciamo un gioco: dovete indovinare chi è questo signore. Esce di casa di buon mattino, entra in un bar e ordina un caffè con una bella brioche. Va alla cassa, paga, da bravo cittadino si fa fare lo scontrino, poi va nel suo ufficio politico, tira fuori il modulo delle note spese e quel caffè e quella brioche la fa pagare ai vostri genitori (che naturalmente non avevano nessuna intenzione di offrirgliela).
Ecco, bambini. Allora chi è questo signore?
a) un ladro
b) una persona normale
c) un barbone
Affidata alla semplificazione dei bambini, e mancando di sfumature intermedie, questa storiella potrebbe concludersi con un festosissima «ola» dedicata alla categoria «ladro». Con un mondo solo in bianco e nero, la risposta sarebbe effettivamente impeccabile, ma probabilmente non quella giusta. Una più attenta valutazione dell’episodio dovrebbe mettere in gioco anche i caratteri di questi soggetti, le loro umanità e le relative miserie. Per cui la risposta probabilmente più aderente alla realtà sarebbe «barbone». Un tempo e forse anche oggi, a Milano la parola barbone era legata a un duplice significato.
Quello più dolente indicava la condizione di sofferenza di quegli individui la cui vita scorreva ai margini della società, costretti al freddo e alla disattenzione collettiva. Ma parallelamente, quasi in un rovesciamento delle parti, barbone era anche considerato l’accattone sociale, quello che di suo – appunto – non pagava mai neppure un caffè, pur guadagnando magari cifre rilevanti.
Una vita a spalla, «a fiàt d’oca», a fiato d’oca, si diceva così per identificare lo scroccone e un’espressione lombarda così bella avrà sicuramente una spiegazione antica che personalmente non conosco (per cui, qui chiedo l’aiuto di lettori sapienti). Un politico che mette a note spese il suo caffè e brioche della mattina, non è (ancora) un ladro. E’ un barbone, uno scroccone, un peso della società.
E a questo punto, agli stessi bambini, andrebbe posto il quesito successivo. Un signore entra da Hermès, un bellissimo negozio francese di abbigliamento lusso. Si fa vedere tante bellissime borse, poi ne sceglie una, molto famosa che si chiama Kelly, costo approssimativo dai quattro ai cinquemila euro (4-5000). La vuole regalare, dice, a sua moglie, ma non è escluso che poi la destini a un’altra sua amica (ma non è comunque questo il problema). Paga, ritira lo scontrino, poi fila nel suo ufficio politico, compila la nota spese e la fa pagare (ancora) ai genitori dei bambini sopraccitati. Come causale scrive: spese di rappresentanza.
Ecco, chi è questo altro signore?
a) un ladro
b) un inguaribile sentimentale
c) una persona normale
Nella somma ingenuità dei nostri pargoli (per questo li adoriamo), il successo travolgente della variabile «b» sommergerebbe le altre opzioni, ma ancora una volta non sarebbe la risposta più appropriata. La risposta giusta è la «a», quel signore è a tutti gli effetti un ladro.
Nella scelta di quel regalo, molto costoso, la protervia e il senso di impunità non contemplano evidentemente il minimo senso etico, o civico, dal che si presume che l’individuo abbia in totale dispregio il rispetto per la comunità che si accolla – molto onerosamente – il suo lauto stipendio mensile. E’ un drenare fondi da entrambe le parti, quella lecita e quella illecita, sempre dalla medesima fonte.
In quest’ultimo scandalo lombardo, si tenderebbe magari a derubricare i comportamenti di cui siamo venuti a conoscenza a marachelle da cortile, visto che le cifre non arrivano alla splendida grandiosità dei Fiorito o dei Lusi.
Sarebbe un grave errore. E’ giusto restituire alle parole il loro autentico significato, non tanto in base alla consistenza economica dello scandalo – il che porterebbe strumentalmente l’asticella dell’indecenza in un luogo eletto, solo per pochi, – quanto piuttosto affidandosi al quel senso del decoro e della dignità che deve sottendere ai comportamenti degli uomini delle nostre istituzioni.
Ps. Non è detto che il signore del primo racconto (caffè+brioche a nostre spese), non possa essere anche il protagonista del secondo (borsa di Hermès da 5000 euro). Ma probabilmente il secondo il caffè se lo paga con i suoi soldi (che sono sempre nostri, ma leciti).