Ma chi non vota Mario Monti deve anche sentirsi in colpa?

Ma chi non vota Mario Monti deve anche sentirsi in colpa?

Pensando all’autorevolezza e alla serietà di Mario Monti, a chi verrebbe in mente di invocare un’emergenza democratica? A nessuno, ovviamente, e non saremo noi gli stolti del villaggio a infrangere quel fronte così compatto, in Italia e in Europa, che invoca la discesa in campo del Professore. Solo che, da inguaribili difensori della democrazia e ancora pervicacemente legati a un certo garantismo delle (pari) opportunità, ci chiediamo molto serenamente se ciò che sta accadendo intorno alla figura dell’ex rettore della Bocconi abbia davvero stretta parentela con lo sviluppo armonico di un Paese politicamente moderno.

In un concetto, non ci affascina per nulla l’idea che l’esito della prossima consultazione elettorale sia sostanzialmente già scontato solo perché così ha deciso la comunità internazionale che di fatto ha commissariato l’estrema debolezza del Cavaliere e che preme su un’opinione pubblica fragile e smarrita come è la nostra.

Ancora nessuno ha coniato per il Professore il titolo di Uomo della Provvidenza, forse neppure la Padania, anche perché richiamerebbe, giusto per stare agli ultimi vent’anni, parallelismi fastidiosi e troppo poco educati. Ma per essere obiettivi, è stata proprio questa la litania che ha accompagnato l’avversione di Casini per quell’idea di Berlusconi di bastare a se stesso e a tutti gli italiani, di sentirsi un uomo solo al comando, di non prevedere altro dio all’infuori di sé. Epperò.

Il professor Monti, da questo punto di vista, ha un tratto di eleganza che lo pone assolutamente al riparo da qualunque accusa, ma non può certo nascondersi che un intero mondo di riferimento sta premendo perché egli decida di scendere in campo sopra tutto e sopra tutti, come ne discendesse – da quella scelta – il destino di un’intera nazione.

Non più tardi di qualche settimana fa, più di tre milioni di cittadini hanno prodotto un evento di incalcolabile bellezza politica. Hanno scelto il loro candidato premier in una battaglia franca e leale (leale al novanta per cento, un dieci per cento di regole bislacche ha ostacolato Renzi), con grande dispendio di energie nervose e anche fisiche. Hanno creduto legittimamente di concorrere alla crescita democratica del Paese, orgogliosamente hanno compiuto ciò che ritenevano un dovere civico, come persone consapevoli e come sostenitori del centro-sinistra.
E adesso, cosa dovremmo raccontare a questa onda impetuosa e consapevole, che si è trattato di uno scherzo, che in nome di qualcosa di più grande, della cosiddetta «emergenza nazionale», quel centro-sinistra dovrebbe farsi da parte al passaggio del bocconiano Mario Monti? Con quale coraggio ora si cerca di instillare un sottile senso di colpa in quegli italiani che, lontani da ogni ipocrisia, ora vorrebbero sentirsi ancora liberi di appoggiare la corsa di Pierluigi Bersani (o di chiunque altro che non si a Monti) senza per questo essere considerati degli irresponsabili o, peggio, cittadini di serie B?

Ecco, l’ipocrisia. Quanta ne avvertite in queste morbide carezze che avvolgono il periodo della scelta critica del Professore, quanti interessati consigli da chi ne diffidava, quanta disinvoltura nell’insultarlo prima e ora appiattirsi al suo passaggio?

Questo nostro Paese ha urgenza di elezioni regolari, dove per regolarità s’intenda la serenità dei cittadini nell’andare al seggio quella domenica e scegliere il candidato per convinzione. E non per convenzione o peggio per convenienza. Diversamente, potremo sempre sancire con un bel decreto legge la scomparsa della passione dalle opzioni sentimentali di questa politica. In nome di una Ragione Superiore si voterà solo ciò che è giusto votare per il Paese, al di là dei programmi, delle persone, delle loro storie, delle loro idee, e naturalmente ciò che è giusto votare per l’Italia è solo Mario Monti.

Per metterci serenamente nelle mani del Professore, dovremo sentirlo un vincitore vero, sui programmi, sulla comunicazione, sull’idea di nazione, sull’equità sociale, sulla lotta agli evasori, sull’importanza fondamentale della cultura e quindi della scuola. E anche, a Dio piacendo, sul sorriso. Di cieli bui e di Olimpiadi sfumate ne abbiamo abbastanza.  

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