Si è concluso poche ore fa il rito ordinario del maxi-processo “Infinito”, che aveva già portato nel novembre dello scorso anno a 110 condanne nei confronti di esponenti e sodali della criminalità organizzata calabrese in Lombardia.
La sentenza arrivata oggi, la cui lettura del dispositivo è durata quasi un’ora e venti, ha visto in gran parte la conferma delle conclusioni dei pm di Milano e degli investigatori, portando a 41 condanne e tre assoluzioni. A margine, per la cronaca, applausi di scherno da parte dei parenti degli imputati ed epiteti da parte degli stessi indirizzati alla Corte, alle forze di polizia e anche a Regione Lombardia, che ha ottenuto un risarcimento danni di 1milione e 320mil euro per essersi costituita parte civile al processo.
Imputato eccellente del processo è Carlo Chiriaco, ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia, condannato a 13 anni e a tre anni di libertà vigilata, per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta. «Una sentenza destituita di ogni fondamento – ha dichiarato a margine della sentenza il legale di Chiriaco, Oliviero Mazza – faremo ricorso in appello». Per ‘mister Asl’ il Pubblico Ministero Alessandra Dolci aveva chiesto 14 anni, mentre l’avvocata Mazza nel corso di una requisitoria fiume durata sette ore dichiarava che «il concorso esterno, lo dice la Cassazione, deve avere alla base un apporto concreto, che nel caso del mio assistito non c’è stato – spiegava Mazza -. Non c’è un solo episodio che possa dimostrare il contrario».
La pensano diversamente i giudici dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Anna Balzarotti, che con la sentenza di oggi ha condannato lo stesso Chiriaco e altri 40 imputati. La condanna dei giudici di Milano è quindi aderente alla richieste del pm Dolci. Su di lui la lente degli investigatori si era posata già negli anni ’90 e nel 2008. Ma questo non ha impedito allo stesso di diventare direttore sanitario dell’Asl di Pavia dal primo febbraio 2008, fino agli arresti intervenuti il 13 luglio 2010 nell’ambito dell’operazione “Infinito” della Direzione Distrettuale antimafia di Milano.
Una struttura quella dell’asl pavese, ricordavano anche i pm nelle carte dell’inchiesta, da cui dipendevano centri come la clinica Maugeri, il Policlinico San Matteo e la Fondazione Mondino. Centri sanitari lombardi di primaria importanza con un bacino di utenza di 530mila soggetti e con un budget di circa un miliardo di euro l’anno. «A fronte di quello che è emerso – si legge nell’ordinanza che portò all’arresto di Chiriaco nel 2010 – un dato appare indubitabile: Chiriaco, per la ‘ndrangheta, costituisce una risorsa preziosissima: posti di lavoro per parenti, commesse, appalti, ingresso nel mondo della politica anche ad alti livelli (addirittura in gangli di livello regionale), apertura ad altre relazioni, (essendo Chiriaco dotato di un rilevantissimo capitale di relazioni che mette a disposizione del sodalizio mafioso)».
Nel corso della requisitoria, lo scorso 8 novembre, il pm Dolci cita, non a caso, la vicenda sull’appalto dei servizi infermieristici del carcere di Opera, che ha un distaccamento presso l’ospedale San Paolo di Milano. Struttura, quest’ultima, i cui appalti più di una volta sono finiti sotto la lente degli investigatori. «All’appalto – spiega il pm in aula – partecipa il consorzio di Chiriaco (Fatebenefratelli, ndr) che presenta il progetto per il tramite di Edo Sergio, medico dell’Asl di Pavia», nonché, particolare non da poco, componente della commissione giudicatrice dello stesso appalto; commissione dove siede anche lo stesso Pasquale Libri, morto suicida in circostanze poco chiare all’interno dello stesso ospedale.
Vicende poco chiare all’interno della sanità lombarda su cui al momento sono ancora in corso accertamenti, in particolare sulla vicenda Libri. Oggi l’Azienda Sanitaria Locale Pavese ha un nuovo direttore sanitario, il dottor Guido Fontana che è approdato sulla poltrona scomoda di Chiriaco, ma la struttura, in merito alle vicende citate, fa sapere a Linkiesta di non voler rilasciare dichiarazioni. Eppure una operazione trasparenza per la sanità regionale, in particolare nel settore di appalti, subappalti e nomine all’interno delle strutture, non potrebbe che fare bene viste anche le vicende della fondazione Maugeri e dell’ospedale San Raffaele.
Per il dopo Chiriaco ci si aspettava una sterzata decisa sulle nomine, eppure, a meno di sei mesi dall’arresto di Carlo Chiriaco nel 2010 era stata un’altra nomina a fare rumore: quella di Pietrogino Pezzano all’Asl 1 di Milano, una delle più grandi d’Italia. Tra i 702 disponibili Formigoni e la sua giunta scelsero una rosa di 45 nomi tra cui Pezzano, finito anch’egli nelle inchieste dell’antimafia milanese quando era direttore dell’Asl di Monza e Brianza, salvo poi finire archiviato dopo un anno trascorso nel registro degli indagati “unitamente a numerosi altri soggetti, per il delitto di cui all’articolo 416-bis (associazione mafiosa, ndr)” rispondevano dal Viminale dopo una interrogazione del deputato del Pd Vincenzo Piluffo.
Nell’aprile del 2011 Pezzano si dimette, nonostante sostenga che su di lui è arrrivato «solo fango, non è emerso niente». Sulla stessa linea fu anche Roberto Formigoni, che accusava di «deriva giustizialista» chi chiedeva le dimissioni dello stesso Pezzano. Nei due anni successivi agli arresti di Chiriaco però le indagini non hanno abbandonato la sanità lombarda: nel giugno scorso una inchiesta del nucleo di Polizia valutaria della Guardia di Finanza ha messo sotto la lente d’ingrandimento ventotto persone per associazione a delinquere tra cui quattro direttori sanitari, funzionari pubblici e manager.
Nell’indagine faceva capolino anche il nome di Carlo Lucchina, direttore generale lombardo e uomo forte di Formigoni per i rapporti con le Asl. Con lui nell’inchiesta erano finiti anche i direttori degli ospedali Niguarda, Lecco, Busto Arsizio e Saronno. Al centro dell’inchiesta poco meno di dieci milioni di euro, finanziamenti regionali, stanziati e in alcuni casi già erogati dalla Regione Lombardia, nell’ambito degli accordi stipulati tra aziende private , e ospedali pubblici per la sperimentazione di apparecchiature scientifiche ad alta tecnologia. Lucchina, che compariva anche nelle carte dell’inchiesta sulla fondazione Maugeri, citato dal faccendiere vicino a Roberto Formigoni, Pierangelo Daccò, ha dato immediatamente le dimissioni.
Insomma, poco sembra essere cambiato sotto il cielo della sanità lombarda anche dopo l’arresto di quel direttore sanitario dell’Asl di Pavia, oggi condannato a 13 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e turbativa d’asta. Le motivazioni dei giudici saranno depositate entro 90 giorni, e lì si potrà capire in base a quali elementi il tribunale di Milano ha valutato le responsabilità di Chiriaco anche in funzione del suo ruolo all’Azienda Sanitaria Locale.
@lucarinaldi