L’aggettivo è logoro e quasi sempre usato a sproposito. Ma può davvero diventare storica la svolta avviata venerdì, in una conferenza stampa a Roma, dalla Cgil. Il casus belli è la riorganizzazione della Consob che il presidente Giuseppe Vegas ha attuato nei suoi primi due anni di presidenza e nell’ambito un orientamento di policy molto più sensibile alle ragioni dell’industria finanziaria che non a quelle del mercato, cioè degli investitori, cioè dei risparmiatori. Contro la Vegas’s version della Consob, autorità di vigilanza preposta alla tutela del pubblico risparmio e dei mercati finanziari, il principale sindacato italiano e il suo braccio operativo nel settore finanziario (la Fisac), hanno proposto ricorso al Tar del Lazio.
Sarebbe miope, però, ridurre la portata dell’annuncio della Cgil al classico scontro sindacale e di potere come tanti ce ne sono nelle istituzioni pubbliche italiane, sebbene sia già questione di interesse generale il fatto stesso di un riassetto che moltiplica gli uffici, le aree funzionali (3), i tavoli di coordinamento (7) per un totale di 70 centri organizzativi dai precedenti 40, che dispone nomine senza una procedura di selezione aperta e trasparente, o che sceglie di privare dei poteri di iniziativa autonoma gli uffici impegnati nella vigilanza su prodotti finanziari e bilanci, aumentando i rischi di interferenze (mai dimenticare il caso Fazio-Banca d’Italia). Nelle parole del segretario generale della Fisac Agostino Megale, il ricorso al Tar, infatti, «è un’azione giuridica strettamente legata ad un’azione politica». E come tale dunque va letta, anche con riferimento al potenziale scossone che potrebbe innescare nell’attuale sistema di rappresentanza degli interessi.
Nella mossa del sindacato guidato da Susanna Camusso, il ricorso al Tar è il dito, mentre la luna è la ricomposizione delle le istanze di lavoro, di consumo e di risparmio. Oggi l’istanza del lavoro è rappresentata in modo separato da quella di protezione del risparmio e da quella della più ampia tutela del consumatore. Nella giungla ormai ingestibile della rappresentanza degli interessi organizzati, lavoratori consumatori e risparmiatori sono mondi non solo distinti ma anche distanti. Ciascuna di queste macrocategorie di interessi si incorpora poi in una molteciplicità di lobby, fra cui rientra anche la stessa Cgil. L’azione politica annunciata è il tentativo di riannodare i fili spezzati: la persona che lavora è anche quella che consuma e che risparmia, e quindi investe nei depositi, nelle obbligazioni, nelle polizze, in Borsa e nella pensione. Da qui «l’urgenza per il sindacato di fare affidamento su istituzioni che esercitino poteri di controllo dei mercati»: una questione ritenuta rilevante per l’attuazione del principio di uguaglianza sostanziale e anche per la finalità di tutela dell’occupazione. «Si tratta – dice testualmente il comunicato diffuso alla stampa – di un piano della politica sindacale in parte assolutamente nuovo come nuova è la scelta della Cgil di affrontare la domanda di trasparenza e governo dei mercati e del sistema finanziario, con risposte anche sul piano giuridico e giudiziario».
La novità è evidente anche dal fatto che stavolta la Cgil parla un linguaggio che il mondo della finanza e dell’impresa conoscono perfettamente: «lasciare campo alla concorrenza e cioè non porre vincoli alle contrattazioni fra privati»; «colmare le asimmetrie informative» sui mercati finanziari come modalità per dare concrettezza ai principi costituzionali di libertà e di uguaglianza sostanziale; la tutela del risparmio prevista dalla Costituzione (art. 47) declinata in modo che «ogni investitore sia messo in grado di valutare il rischio delle operazioni proposte e la solvibilità delle imprese a cui affida i propri risparmi», attraverso un approccio «basato sugli scenari probabilistici di rendimento per i prodotti finanziari». È un’agenda che intende contrastare l’approccio seguito fin qui da Vegas.
Il presidente della Consob ha spesso sposato le ragioni dell’industria finanziaria, come per esempio nell’impedire che i risparmiatori possano essere informati sulla probabilità che un certo prodotto finanziario abbia un rendimento negativo, oppure positivo ma inferiore a quello di un’attività priva di rischio, o ancora in linea o superiore a quest’ultima. In un caso, si è pure prodigato in consigli e suggerimenti a banche e imprese per aiutarle come strutturare certe operazioni in modo da ottenere un certo risultato (non è quello che si rimprovera alle agenzie di rating quando esaminavano le cartolarizzazioni di mutui subprime?). La casistica è ormai robusta per non prendere atto che quello di Vegas è un indirizzo deliberato, che ha il piccolo difetto di mettere in secondo piano la finalità primaria della Consob: tutelare i risparmiatori e più in generale gli investitori, e non invece agevolare gli affari a danno della trasparenza, condizione per una concorrenza sana.
È quella della Cgil un’agenda “comunista” e barricadera? Tutt’altro. È un’agenda che, partendo da presupposti di tutela degli interessi del lavoratore, arriva alle medesime conclusioni di Luigi Zingales, economista che figura fra i promotori del movimento Fermare il declino, movimento politico di matrice liberale guidato dal giornalista Oscar Giannino. Nel linguaggio usato dal professor Zingales, sul risparmio e sulla finanza Vegas ha un’agenda probusiness, la Cgil ha adottato una linea promarket. La distinzione, scrive Zingales, è che «l’agenda probusiness punta a massimizzare i profitti delle aziende esistenti; un’agenda promarket, invece, incoraggia le migliori condizioni di business per tutti» (v. Capitalism for the people, pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo di “Manifesto capitalista”). Le due agende hanno punti in comune, ma non sono coincidenti. Durante la guerra fredda, per esempio, probusiness e promarket hanno difeso i diritti di proprietà contro le suggestioni statal-socialiste. Nel tempo, però, le strade si sono divaricate. Oggi difendere i diritti di proprietà vuol dire occuparsi di come le banche gestiscono il risparmio dei loro clienti e di come vengono condotte le imprese in cui il risparmio finisce direttamente (azioni, obbligazioni) o indirettamente (fondi comuni, fondi pensione, polizze). Ma anche prevedere un quadro certo di regole e sanzioni, e avere autorità di vigilanza indipendenti, chiamate a rendere conto del loro operato e rispondere dei danni provocati. I “probusiness” di oggi sono invece le lobby di imprese affamate di aiuti statali e sempre pronte a chiedere leggine e provvedimenti ad hoc per crearsi una nicchia al riparo dalla concorrenza e della trasparenza.
L’idea implicita nel modo in cui Vegas interpreta il ruolo della Consob è di proteggere le imprese e l’industria finanziaria dal funzionamento corretto del mercato. Al contrario, per Zingales, e da ieri anche per la Cgil, il punto è proteggere il pubblico dai fallimenti del mercato, assicurando parità di informazione sui prodotti e servizi acquistati, trasparenza nella conduzione delle imprese, specie se quotate. Per un sindacato non di rado criticato per la refrattarietà al cambiamento, è l’avvio un percorso che potrebbe portare a nuove e inedite convergenze. Si comincia dal risparmio e dalla vigilanza sui mercati finanziari, il luogo dove si sono generati i disastri finanziari globali e dove i regolatori sono stati “catturati” dalle lobby, o hanno addirittura finito per colludere con singole banche.
Il ricorso contro il riassetto della Consob – tema che forse lascia indifferenti i più – potrebbe dunque diventare il granello di sabbia che inceppa gli ingranaggi di una macchina infernale che sistematicamente saccheggia il risparmio e altera una sana logica di investimento. Il tempo dirà con quale determinazione e coerenza la Cgil e la Fisac perseguiranno la nuova linea strategica. Il fatto che alla conferenza di venerdì presenziasse uno dei segretari confederali, e che sul ricorso al Tar ci sia la firma di Camusso, lascia pensare che la Cgil voglia davvero imboccare una strada nuova per fermare il declino dei lavoratori e dei loro risparmi.
Twitter: @lorenzodilena