Davanti a Monti i giornali perdono il senso del ridicolo

Davanti a Monti i giornali perdono il senso del ridicolo

Siamo prossimi al ridicolo, a quel ridicolo che porta rapidamente all’osceno. Nel senso che ormai intorno alla figura di Mario Monti politico, non c’è solo la legittima battaglia tra formazioni che si fronteggiano, al suono distintivo di slogan e insulti pre-elettorali (e comunque il ridicolo e l’osceno di questa parte di campagna sono ampiamente nella norma delle «tecnicalità» pre-elettorali), ma si staglia nitidamente all’orizzonte anche un imbarazzante lotta editoriale, dove i giornali non riescono proprio a mantenere la calma quando si tratta di valutare ogni gesto, ogni parola, ogni iniziativa del nostro presidente del Consiglio uscente.

Siamo al punto (di non ritorno) per cui anche i quotidiani più «calmi», più distaccati, si direbbe persino più liberali, non riescono proprio a mantenersi in equilibrio, per cui ogni sospiro del Prof è valutato -minimo – come un’apertura rivoluzionaria sul mondo, mentre giornali più notoriamente inquieti considerano lo stesso gesto al pari di un’azione moralmente discutibile. O come il gesto purissimo di un autentico dilettante allo sbaraglio.

Da questo punto di vista, la vicenda di Twitter, del Mario Monti twittarolo, ne è davvero la sintesi perfetta. Nel pomeriggio tecnologico del Professore, certi osservatori ci hanno visto chissà quale Caporetto della (non) condivisione, mentre altri l’hanno celebrato come neppure fosse la prima giornata di Barack Obama. Un minimo di serenità, no? Anni fa, se un quasi settantenne come il Professore si fosse avvicinato a Internet lo avremmo visto come l’arzillo nonnetto alle prese con le nuove tecnologie, oggi ci piace l’idea che ne abbia confidenza (se ne ha), ma parlare di rivoluzione del linguaggio e della comunicazione politica appare onestamente azzardato. (E il suo staff pare più lento di lui).

Ma il top di gamma, nel senso di «usare» un autorevolissimo studioso senza il minimo senso del ridicolo e del buon gusto, lo potete trovare oggi sul Sole 24 Ore a firma Bruno Forte, uno dei grandi teologi italiani, arcivescovo di Chieti-Vasto, che per il quotidiano della Confindustria verga un editoriale dal titolo già vagamente sospetto: «Il sorriso di chi decide di salire in politica». Salire in politica? Uhm…

«Salire in politica» è probabilmente la trovata più felice del Professore da quando, appunto, ha deciso di salirci. È un’immagine forte, rispetto a tutte le discese ardite e le azzardate risalite. Ma costruirci sopra un editoriale elettoral-cattolico è qualcosa che non si era ancora visto, se non appunto nella logica di «mercato e solidarietà» che il Sole 24 Ore intende attribuire virtuosamente a Mario Monti. E dopo l’endorsement della Chiesa, quale occasione migliore di questa per definire la luce montiana nel futuro?

Solo che un pezzo così, neppure l’Osservatore Romano poteva avere il coraggio cristiano di pubblicarlo. Avrebbe chiamato il caro arcivescovo, chiedendogli di smorzare almeno un po’ i suoi caldissimi entusiasmi. Entusiasmi che partono da «riso e sorriso», scrive monsignor Forte, che «possono nascere solo nello spazio che sta tra la prossimità e la lontananza. Se vivi solo la prossimità, ne resti schiacciato, non riuscendo a respirare e a guardare oltre i problemi. Se vivi solo la lontananza, rischi di costruirti un mondo ideale, evadendo dalla realtà. Se vuoi aprirti alla verità, devi stare tra la prossimità e la lontananza: allora sorriderai».

Sin qui non si capisce ancora perché e in quale modo si arriverà a Monti. Ma abbiate fede. Scrive lungamente della Bibbia, monsignore, che «è pervasa dal sorriso», si narrano le vicende di Sara e Abramo, si cita la Genesi 21,6, si parla di «Isacco, Yizhaq, che vuol dire appunto “colui cui Dio sorride o “possa Dio sorridere”…», sottolinea molto opportunamente che «solo chi è libero da sé sa mettere al servizio degli altri quanto ha ricevuto in dono, ed è in grado di sorridere e far sorridere con gioia».Ancora a questo punto nessuno s’azzarderebbe a dubitare. Solo un sospettoso di professione, un colpevolista nato, un povero di spirito o anche un mangiapreti, potrebbe mai immaginare che parole così alte, riferimenti così alti, in verità s’attagliano come un abito di sartoria alla vicenda di Mario Monti. Ma seguiteci e non disperdete le energie.

Dalla prima, si deve andare sino a pagina 6 del quotidiano di Confindustria per aprire una lama di luce sulla verità. Non subito, per lunghe e intense righe si parla ancora di riso e sorriso, di rispetto, di tenerezza, «propria di occhi d’amore». Poi a metà della prima colonna di pagina 6, il primo colpo sotto la cintura. Monsignore si avventura nel suo primo parallelismo politico, la prende larga ma, insomma, comunque decide di sporcarsi le mani. «Il sorriso sugli altri e su noi stessi aiuta, così, a essere umili – scrive Forte -. E’ qui che il riferimento alla nostra scena politica, così povera si sorrisi autentici, viene quasi ad imporsi».

Quasi rendendosene conto, monsignor Forte riprende a volare altissimo, introducendo «una curiosa leggenda rabbinica che narra della lettera “aleph”, la più eterea e volatile dell’alfabeto ebraico». Qui lettore si tranquillizza e pensa che l’accenno politico gli sia stato congeniale per il suo orizzonte eterno, mentre dopo lunghissime (e bellissime) righe sul racconto della leggenda, in cui sottolineare che «la storia dell’uomo e del mondo inizia con la “beth”, ma la verità di Dio ci viene offerta solo a partire dalla “aleph”», nell’ultima colonna del suo editoriale Monsignore frana rumorosamente sulle nostre pene quotidiane, addirittura con un riferimento esplicito a Berlusconi (senza citarlo)!!

«In un mondo come il nostro, in cui c’è sciupìo di parole – come nel blaterare di una certa politica -… non è forse proprio la capacità di un sorriso ciò di cui abbiamo bisogno?… E non è questa capacità che sembra mancare a chi pretende a tutti i costi di “scendere in politica” dall’alto di chi sa quale trono, per risolvere tutto con la bacchetta magica, tanto sedicente quanto effimera?»

A questo punto, il gioco è sufficientemente disvelato. Al passaggio successivo, quello finale, il fluido celeste della Chiesa si unisce al pragmatismo di Confindustria, così da permettere all’Arcivescovo di Chieti-Vasto di chiudere in bellezza la sua parabola montiana: «Mentre, invece, non dimostra forse di sapere sorridere chi in politica decide di “salire”, con distacco da interessi personali e passione per il bene di tutti?».

Si credeva d’aver letto di tutto, sino a oggi. Non era vero.
 

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