Ecco come mi rifaccio una vita col piano b esistenziale

Rifarsi una vita

Ci sono artisti che della strategia hanno fatto un nome d’arte: Plan B, al secolo Ben Drew, 28 anni, è un cantante britannico di successo. A 15 anni è stato espulso da scuola ed è entrato in un istituto gestito dai servizi sociali. Dopo il primo album di musica hip hop, Who needs actions when you got words del 2006, successo di critica ma un flop commerciale, Ben Drew lascia l’hip hop, e passa al soul. Decide che tornerà all’hip hop solo in caso di successo di pubblico. L’hip hop diventa il suo Piano B. Da qui deriva il suo nomignolo. Quando nel 2010 esce il suo secondo disco, rigorosamente soul, Ben Drew scala le classifiche. Due anni dopo, nel 2012, pubblica Ill Manors, un album hip hop: il suo Plan B si è realizzato.

La vicenda di Ben Drew è solo uno dei tanti esempi di come i giovani oggi affrontano la crisi. «What’s your plan B?», Qual è il tuo piano B? Che ci si conosca in vacanza, in Erasmus o a un corso di lingue all’estero, ogni volta che tra coetanei si finisce a parlare di progetti, studio, lavoro, insomma di futuro, ecco che spunta la fatidica domanda. Segnale di un nuovo modo di affrontare il futuro. Strategia inevitabile per non affogare tra le turbolenze della crisi.  

Come fa Andrew Omond, che vive a Duxford, Cambridge, e ha 23 anni. Sta completando in queste settimane i passaggi per essere ammesso come soldato di base nell’esercito britannico. Si dice sicuro di farcela ma ha un piano B, of course. Fare l’insegnante di inglese in giro per il mondo. Per questo ha appena iniziato un corso di abilitazione all’insegnamento presso la EmbassyCes School della sua città.

Federica Sabatini, invece, è una ragazza italiana con la passione per il canto fin da ragazzina. Ha una jazz band con cui ha suonato nei locali del Varesotto per 100 euro a sera. Fino a poco fa. Ora parte per Berlino. Lì, ne è certa, attuerà il suo piano B. Ha una laurea in Informatica e ha già individuato un paio di aziende che sperimentano applicazioni musicali. Il canto non lo lascia, ma resta un Piano A da coltivare nei ritagli di tempo.

Oreto Britz è spagnola e ha 27 anni. Lavora come giornalista in un giornale online di Madrid. Si occupa di Esteri ma non è soddisfatta. La crisi ha trasformato la sua redazione in un incubo. Turni di lavoro massacranti e qualità degli articoli sempre più bassa. Il lavoro è troppo rispetto al numero di redattori, ma un contratto in più non se lo possono permettere. Coltiva da un po’ una via di fuga: lavorare in una Ong all’estero, e si è iscritta a un corso di arabo.

«Chi non ha un piano B oggi è fregato», dice con schiettezza Stefano Laffi, sociologo milanese che sul fenomeno ha scritto una tesi di dottorato. «Se ti dai una sola possibilità e insisti solo su quella non vai da nessuna parte, non funziona. Servono un piano B e anche un piano C», dice. Studiando i percorsi di alcuni giovani licenziati o disoccupati, Laffi ha individuato due strategie efficaci per trovare, anche in tempo di crisi, un lavoro in linea con le proprie passioni.

«La prima soluzione è quella di fare lavoretti, anche precari, che mi permettono di sopravvivere: call center, bar, tutto. Sto nel mercato per mantenermi ma intanto – spiega – faccio crescere la mia passione, il mio Piano B, in modo professionale». Se voglio fare il fotografo, ad esempio, organizzerò mostre, creerò un sito o un blog per farmi conoscere. Se voglio diventare grafico, non tralascerò i corsi di aggiornamento.

La seconda strada è ribaltare completamente il proprio profilo. Creo un piano B che è un completo ribaltamento del piano A. «Se la prima strada, quella per cui ho studiato, non porta a nulla perché in questo momento il mercato è saturo, non serve insistere troppo a lungo. Meglio piuttosto chiedersi: cos’altro posso fare? Il piano B in questi casi – spiega Laffi – rivela sempre la nostra seconda natura». Più facile a dirsi che a farsi, però.

Fondamentale per questa seconda strategia «è avere la forza di andare contro le aspettative di tutti, soprattutto quelle dei genitori», sottolinea il sociologo, che cita alcuni esempi tra i ragazzi intervistati. Una ragazza diplomata in ragioneria, ad esempio, dopo un lungo periodo di disoccupazione, incontra per caso un pranoterapeuta. Lui le misura l’energia nelle mani. Le dice che ha una energia particolare. La cosa in famiglia crea imbarazzo. Ma la ragazza sceglie lo stesso di seguire la nuova strada. Si iscrive a un corso e dopo poco inizia a lavorare come pranoterapeuta.

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