“Per Machiavelli la politica non era sopra l’etica”

“Per Machiavelli la politica non era sopra l’etica”

“Non si deve adunque lasciar passare questa occasione, acciochè l’Italia vegga dopo tanto tempo apparire un suo redentore”. Era il 1513 quando Niccolò Machiavelli scriveva “Il Principe” e spiegava ai politici del suo tempo che la vera priorità per il Paese era la rinascita civile. A distanza di 500 anni c’è da chiedersi se il celebre trattato del geniale pensatore fiorentino, che conosceva la politica come pochi altri, sia ancora di attualità. Sostiene di sì Maurizio Viroli, professore di Teoria Politica all’Università di Princeton, che abbiamo intervistato e di cui è appena uscito l’ultimo libro Scegliere Il principe. I consigli di Machiavelli al cittadino elettore (Editori Laterza), un vero e proprio manuale che, avvalendosi di un insolito esperto, il grande genio fiorentino della politica, risponde agli interrogativi degli italiani: andare a votare o no? E come scegliere chi farà le leggi e ci governerà?

Ma chi è il Principe dei nostri giorni e l’Italia di oggi di che cosa ha veramente bisogno?
Dopo 500 anni il Principe di Machiavelli conserva valore e attualità a condizione che se ne intenda bene il significato: nel Principe Machiavelli non ha voluto insegnare ai tiranni, non ha inteso incoraggiare i politici a considerarsi al di sopra delle norme etiche, ha voluto piuttosto disegnare il mito di un principe redentore, capace di liberare l’Italia dal dominio straniero. Oggi non siamo più dominati dallo straniero ma soffriamo di un male insidioso e difficile da curare, ovvero la corruzione e la mancanza di coscienza civile. Oggi più che mai avremmo bisogno di un politico capace di una rinascita civile, come era appunto il principe auspicato da Machiavelli. Aspirare a un Principe è una visione politica. Ma le visioni politiche e la capacità di immaginare una realtà molto lontana da quella che abbiamo sotto gli occhi sono l’anima di una grande politica. Senza le visioni politiche non avremmo avuto i diritti dell’uomo, il Risorgimento, la Resistenza antifascista, il movimento dei diritti civili in America, l’emancipazione dal dominio coloniale. Quando non ci sono visioni politiche, come ora, la politica non attira più gli animi generosi ma solo i mediocri, come appunto in larga misura sta succedendo.

In Italia ci sono leader politici che si illudono di poter essere il Principe di Machiavelli e di poter passare alla storia come salvatori della patria?
Abbiamo avuto, e ancora ha, largo spazio sulla scena politica, un uomo che si credeva onnipotente, ma per il quale la redenzione dell’Italia era ed è l’ultimo dei suoi pensieri. Il suo fine è, ed è sempre stato, quello di rendersi immune dalle leggi. Abbiamo poi vari aspiranti al governo con più o meno buone competenze, ma non avverto in nessuno di loro quella grandezza, quella tempra, quella passione che un leader che aspiri a redimere un paese mal ridotto come l’Italia deve avere.

Cosa ha spinto Mario Monti a scendere (o salire) in politica contro ogni logica e previsione. Può avere avuto un ruolo l’ambizione di riuscire a incarnare proprio il modello del Principe di Machiavelli?
Machiavelli insegnava, ci ha insegnato, come ho commentato nel mio libro che dobbiamo giudicare i politici “alle mani”. Voleva dire, non dalle apparenze e nemmeno dalle parole, bensì dagli effetti delle loro opere. Il presidente Monti ha il merito di aver introdotto qualche misura di risanamento, ma non ha suscitato le energie civili necessarie a una vera rinascita. E poi, tra i suoi sostenitori ha avuto anche Berlusconi con i suoi servi, vale a dire i principali responsabili della decadenza italiana. E qui vale la pena di citare Machiavelli: “Non puoi fondare un nuovo ordine politico se non ammazzi i figlioli di Bruto”. Voleva dire: non puoi costruire la libertà senza distruggere gli amici della tirannide.

Servi e servilismo abbondano sul palcoscenico della politica. Ma, secondo lei, con il suo appello ai Medici, a conclusione de “Il Principe”, Machiavelli stesso non ha finito per peccare di servilismo?
Essere servili vuol dire assecondare le volontà dei potenti ma Machiavelli nel Principe fa esattamente l’opposto: cioè vuole che i Medici facciano ciò che lui vuole perché ritiene sia il bene dell’Italia. Più che un atto di servilismo è un atto di pura immaginazione politica. Nel 1513 i Medici erano signori di Firenze e avevano principi nella Chiesa, come papa Leone X. E Machiavelli volle credere che i Medici avessero la forza per farsi liberatori dell’Italia. Ma era tutta creazione della sua immaginazione più di poeta che di osservatore della politica. Dire nel 1513 emancipiamo l’Italia dai barbari era come dire realizziamo la democrazia in Cina o la pace nel mondo.

In questo momento nel nostro Paese c’è disamore per la politica, incertezza e confusione. Ed è alto il rischio che molti non vadano a votare.
Uno dei mezzi che abbiamo a disposizione per controllare i governanti e far capire che abbiamo a cuore il bene comune è proprio il voto. Quando gli uomini potenti vedono che i cittadini non votano e non hanno a cuore il bene comune, si persuadono di poter facilmente imporre la loro volontà con la forza, con l’inganno, o con l’una e l’altro. Per evitare di perdere la libertà, ci insegna il nostro Consigliere è necessario che i cittadini tengano le loro mani sulla Repubblica (“ciascuno vi averà sopra le mani”) e sappiano quello che devono fare e di chi si devono fidare (“ciascuno saperrà quello ch’egli abbia a fare e in che gli abbia a confidare” Discursus florentinarum rerum). Vuol dire che se vogliamo vivere liberi e sicuri, dobbiamo essere vigili e attenti, per impedire che le mani sullo Stato e sulla città le mettano coloro che vogliono farsene padroni per trarne denaro e privilegi.

Ma se non ci sono candidati che ci convincono del tutto?
Machiavelli ci viene in soccorso osservando che nessuno può compiere scelte che non presentino inconvenienti o rischi. Votiamo dunque per il partito o il candidato meno cattivo per metterci a riparo da disastri peggiori, ma votiamo. E rammentiamo anche che, sempre a giudizio del nostro Consigliere, se dopo un cattivo principe ne viene un altro peggiore, o altrettanto cattivo, qualsiasi repubblica andrà in rovina. Quando scegliamo chi deve rappresentarci non lasciamoci ingannare dalle apparenze e dalle parole, e cerchiamo di capire chi sono in realtà i candidati. Il buon politico pone il bene comune al di sopra di tutto.

Quali sono per Machiavelli e anche per lei i politici peggiori?
Senz’altro i servi e i cortigiani che si sono messi al servizio di un uomo per ottenere ricchezze onori e privilegi. Loro meritano il massimo disprezzo. Un parlamento pieno d’individui siffatti approverà leggi cattive che soddisfano i loro interessi e gli interessi del loro signore. I servi non possono dunque rappresentare cittadini liberi e neppure proteggere la libertà repubblicana. Machiavelli li definisce adulatori, “delli quali le corti sono piene, perché gli uomini si compiacciono tanto delle cose lor proprie, e in modo vi si ingannano, che con difficoltà si difendono da questa peste”.

Il 2013 è l’anno di Machiavelli, ci sono progetti in cantiere ai quali parteciperà?
Sicuramente ci saranno tante iniziative. Da parte mia, parecchio tempo fa avevo chiamato Matteo Renzi per organizzare un grande evento a Firenze in collaborazione con le università di Princeton e Harvard. Ma il sindaco non si è fatto più sentire. Peccato, una bella occasione persa. Sono in contatto anche con Roberto Benigni che è un grande appassionato di Machiavelli. Lui sarebbe un Niccolò perfetto sul grande schermo. Intanto spero che il mio piccolo libro, voluto fortemente dall’editore Laterza, e nel quale ho cercato di tradurre il linguaggio del genio fiorentino, possa servire ad aiutare i cittadini a scegliere il principe e stimolare molti a leggere Il Principe.

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