Adesso tocca a lui. Secondo alcune indiscrezioni considerate affidabili, sarà Elio Catania il prossimo amministratore di Alitalia. La nomina arriverà, con ogni probabilità, già giovedì 14, in occasione del consiglio di amministrazione: Catania prenderà il posto di Andrea Ragnetti, l’attuale amministratore.
Non è uno nuovo, nell’ambiente. Al Cda di Alitalia Elio Catania era arrivato nel 2012, proprio insieme ad Andrea Ragnetti. A volerlo lì è stata proprio Intesa SanPaolo (Catania è parte del consiglio di gestione della banca). Il tentativo di metterlo in sella era stato già messo in atto nell’ultimo consiglio, ma è sfumato. Stavolta sembra certo. E ora Catania potrà aggiungere al suo cospicuo curriculum anche l’attività nel mondo del trasporto aereo. Che, nonostante l’importanza dell’incarico, non ha mai affrontato prima.
Nato a Catania nel 1946, Elio Catania si laurea alla Sapienza in Ingegneria e approda all’Ibm, dove muove percorre tutto il cursus honorum del manager. Nel 2004 Berlusconi lo sceglie per sostituire Giancarlo Cimoli, dirottato dalle Ferrovie dello Stato proprio ad Alitalia, e lo mette a dirigere le Ferrovie. Non andrà molto bene. Sotto la gestione Catania il Gruppo Fs registra perdite enormi, conti in rosso e servizi inadeguati. Mentre le proteste dei passeggeri vanno a tutto campo, dallo stato di pulizia, giudicato indecente, fino alla puntualità. Ma il vero problema è la gestione finanziaria, che si rivela disastrosa tanto da diventare tema di un’interpellanza parlamentare nell’agosto del 2006.
Secondo i dati, il bilancio consolidato del Gruppo Fs nel 2005 si è chiuso con una perdita di 465 milioni di euro, contro i 125 del 2004, e i 31 del 2003. Sempre nel 2005, le perdite di Trenitalia ammontavano a 632 milioni di euro, contro i 327 del 2004, e soprattutto contro i 18 del 2003. Per carità, la gestione Cimoli era in perdita, ma sotto la guida di Catania le cifre sono esplose, senza portare miglioramenti sensibili al servizio. Anzi: l’ultimo periodo di Catania entra nelle cronache per i disagi dei treni, ritardi, convogli bloccati, risse. Un periodo nero, e nel 2006 lascia la guida delle Ferrovie, ma con una liquidazione adeguata: sei milioni 700mila euro. Non è andata bene, tranne che a lui.
Ma la carriera di Catania è solo al primo giro. Passa per Intesa SanPaolo (nel 2007 entra nel consiglio di gestione) e Assonime. Non gli manca un ruolo anche come membro del Consiglio per le Relazioni Italia- Stati uniti, di cui è vice-presidente. Sempre nel 2007, ritorna in pista: a Milano. Il suo nome viene fatto dal sindaco di allora Letizia Moratti, che lo vuole alla guida dell’Atm, l’Azienda di trasporti milanese, con il compito di risanarne le casse. Ma le polemiche arrivano anche qui: ad esempio, sulle buste paga. Secondo la Corte di Conti Lombardia, lo stipendio di Catania (e quello di Bonomi, a capo di Sea) era eccessivo, cioè non teneva conto dei limiti di leggi imposti dalla finanziaria. All’epoca Catania percepiva quasi 480mila euro l’anno, di cui 100mila erano legati al raggiungimento degli obiettivi.
La sua permanenza ad Atm durerà fino alla fine della giunta Moratti. Nel 2011, il nuovo sindaco Giuliano Pisapia provvederà a rimuoverlo dall’incarico. Nel mirino ci sarebbero gli sprechi della sua amministrazione, che pure doveva essere orientata al risanamento dei bilanci. Non è andata bene nemmeno questa volta. Anche qui, la gestione non è stata perfetta, caratterizzata da una selva di nomine e doppi incarichi, consulenze generose e spese non proprio necessarie. Come la casa in centro, gratis, per due anni ai dirigenti e consulenti che venivano da fuori. In questo carnet, la cosa che fece più scalpore era il pagamento del leasing della Jaguar di Francesco Tofoni (uomo di La Russa) che la preferiva alle normali Audi o Passat, garantite agli altri. Pisapia lo sostituisce.
Ma non passa molto tempo, e torna in pista. Viene richiamato e posizionato all’Alitalia, prima al Cda, e ora, a quanto pare, al vertice. Di sicuro, potrà aggiungere alla sua esperienza di treni e tram, anche gli aerei. E, nel frattempo, anche sfruttare l’occasione per risanarne i bilanci. Si spera.