“Basta retorica, il rogo indica che Napoli è finita”

L’incendio alla Città della Scienza

Non ci voleva. Ma a Napoli, come dicono in tanti, «è probabile che le cose vadano a finire così». Cioè in rovina. Stavolta è stato un incendio: ha distrutto nella notte la Città della Scienza, suscitando il dolore e lo sdegno dei cittadini. E anche numerosi sospetti. Ma si tratta di un avvenimento che «ha una forte portata metaforica», spiega lo scrittore e saggista napoletano Bruno Arpaia, autore nel 2011 del romanzo L’energia del vuoto (Guanda) in cui vi si racconta il mondo dei fisici delle particelle e l’avventura della scienza in forma di thriller politico. Strana nemesi. Queste sono cose terribili e tristi, ma «sono anche cose che non sorprendono nessuno. Dispiacciono, ma non sorprendono». Arpaia vive a Milano da anni, ma mantiene sempre i contatti con la sua città, che giudica «invivibile, disperata».

Anche l’incendio è un segno di questa disperazione?
Ha una portata simbolica fortissima, e anche le immagini in sé fanno una grande impressione. La cultura, le idee. Il sindaco De Magistris ha denunciato che la città è stata abbandonata. Ma il primo ad abbandonarla è stato lui. Questo è importante. Napoli è una città dove non va nulla, non vanno gli autobus e non va nemmeno il servizio sanitario nazionale. Rimane invivibile. È questo il punto.

Cioè?
Che tutta questa retorica del rilancio, del riscatto, non vale nulla. Napoli sa produrre tantissima retorica, mari di retorica. Ma il problema è che dobbiamo ammetterlo: Napoli non si rimetterà mai in piedi.

Ma come.
Napoli avrebbe bisogno di una rivoluzione antropologica dei suoi abitanti, ma non attraverso le sue classi dirigenti, che sono dannose, esiziali. Il problema resta lì: è piena di persone in gamba, ma in un tessuto sociale distrutto.

Ma la città della Scienza è una cosa diversa.
Sono stanco anche della retorica del gioiellino. È questo il contesto in cui si iscrive anche la Città della Scienza. Un progetto voluto con i denti da Silvestrini, che lo ha portato avanti negli anni, a ogni costo. Era un’istituzione che vantava crediti dal ministero dal 2008, che non erano mai arrivati. Ecco, questa è la realtà: l’incendio la ha distrutta, ma la Città della Scienza era già stata abbandonata. Altro che gioiellino. Certo, va rimesso in piedi, recuperato. Ma poi bisogna chiedersi: cosa si fa? Cosa si cambia a Napoli?

Una visione pessimista.
A Napoli ci sono tante piccole realtà meravigliose, ma non fanno rete. Nella sanità può capitare di vedere corsie nello sfascio e a pochi metri il reparto che sembra la Svizzera. Basta avere il primario che voglia farlo funzionare. Ma non sempre c’è, e se c’è spesso gli tagliano le gomme. Ecco, la metafora è questa, a Napoli tutto è lasciato a se stesso. Eppure servirebbe, per le cose buone, ottime, che ci sono, un habitat diverso. Ma la verità è che il rogo sta durando da troppi anni. 

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