Sponsorizzazioni gonfiate, conflitti di interessi e persino soldi ricavati da una centrale idroelettrica. A un anno dalle prime sanzioni Uefa basate sul fair play finanziario, molti club di calcio europei si muovono per aggirare le regole finanziarie imposte da Platini. Con il serio rischio di esporre tali regole al rischio bufala. Un rischio che la stessa Uefa sa di correre, perché dopo una prima serie di provvedimenti contro alcune squadre medio-piccole– volti a dimostrare che si sta facendo sul serio – ora il governo europeo del calcio sta chiudendo più di un occhio sulla finanza creativa di certe squadre più blasonate.
Non solo, ma a Nyon si parla di “messaggi incoraggianti dal fair play finanziario”. Lo scorso 4 febbraio, presentando il quinto rapporto comparativo sulle licenze Uefa per club, il segretario generale del calcio europeo Gianni Infantino ha spiegato che le squadre stanno rispettando il fair play finanziario, che prevede dal 2014 sanzioni fino all’esclusione dalle coppe per i club che nell’ultimo triennio hanno sforato 45 milioni di euro alla voce ‘perdite’. Secondo i dati presentati da Infantino, la tendenza è di quelle positive: le perdite diminuiscono, mentre aumentano le entrate: “In media, negli ultimi cinque anni, le entrare sono cresciute del 5,6% annuo: sapreste dirmi quale settore ha avuto una crescita simile negli ultimi 4-5 anni con questa crisi? Questo dimostra che il calcio professionistico gode di ottima salute dal punto di vista degli introiti”. I segnali sono sempre più incoraggianti, segnalano dall’Uefa: si è registrata una riduzione delle passività per trasferimenti e stipendi da 57,1 milioni a 30 milioni dalla prima valutazione (giugno 2011) a quella successiva di un anno dopo. Da giugno 2012 a settembre 2012, la cifra si è ridotta a 18,3 milioni di euro. In percentuale, il dato equivale a una riduzione del 47% delle passività per trasferimenti e stipendi da giugno 2011 a giugno 2012, e di un ulteriore 40% nei tre mesi successivi.
La Uefa però non spiega da dove arrivano questi introiti. Inoltre, a Nyon si rammaricano per il fatto che nonostante il boom di entrate dello scorso decennio, poche risorse sono state investite a più lungo termine. Le immobilizzazioni (stadi, campi di allenamento, attrezzature, ecc.) dei 237 club che partecipano alle competizioni Uefa di questa stagione ammontano a un totale di 4,8 miliardi, di cui un terzo (1,6 miliardi) proviene dalle sette squadre inglesi. Un vero peccato, perché secondo il fair play finanziario le uscite per le infrastrutture non sono considerate passività in quanto generatrici di introiti.
E allora, che origine hanno tutte queste entrate che rallegrano l’Uefa? I casi di alcune squadre possono darci una risposta. Prendiamo il Paris Saint Germain, club francese acquistato lo scorso anno dallo sceicco Nasser Al-Khelaifi. Visto il ricco portafoglio messo a disposizione, la società si è lanciata nelle ultime due stagioni in grosse operazioni di mercato come il mega-acquisto di Zlatan Imbrahimovic e Thiago Silva spendendo più di quanto abbia incassato (in tutto 250 milioni di euro). In barba al fair play finanziario, che impone esattamente il contrario. Per rientrare dalle spese e non incorrere nelle multe di monsieur Platini, il Psg ha pensato bene di firmare un contratto di sponsorizzazione con la Qatar Tourism Authority. Secondo quanto riportato dal giornale Le Parisien, la Qta verserà al club progressivamente 700 milioni in 4 anni. Il contratto è stato strutturato in modo tale da alzare anno per anno il tetto salariale del Psg, così da poter allo stesso tempo assicurare i 14 milioni netti all’anno a Ibra e ingaggiare altri giocatori. Una sponsorizzazione fuori mercato, che neanche lontanamente si avvicina alle altre del calcio europeo: il Barcellona, solo per fare un esempio, incassa 30 milioni dalla Qatar Foundation. Ma soprattutto, una sponsorizzazione stipulata ad hoc per aggirare il fair play finanziario. Una vera e propria cascata di denaro che servirà a chiudere il bilancio in pareggio mettendo almeno 200 milioni di euro alla voce ‘sponsor’ e che aggiusterà anche il consuntivo della stagione precedente: nell’accordo è presente una clausola che rende l’accordo retroattivo al 2012.
C’è un secondo problema: la Uefa nelle regole del Fpf vieta espressamente le transazioni tra i club e le società ad essi collegati. E la Qatar Tourism Authority, esattamente come la Qatar Sports Investments proprietaria del Psg, sono controllate direttamente dal governo qatariota. Una situazione simile a quella del Manchester City, società che al pari del Psg è di proprietà araba e spende più di quanto incassa. Per ovviare alle spese pazze ha ceduto i naming rights dello stadio alla Etihad con un accordo di 400 milioni per 10 anni. Etihad che è compagnia aerea degli stessi sceicchi di Abu Dhabi proprietari dei Citizens. Sui due casi la Uefa ha promesso indagini nel primo caso e fatto spallucce nel secondo, spiegando che parte degli introiti verranno investiti nel settore giovanile. Mentre nel settembre 2012 non ha esitato a bloccare i premi per la partecipazione alle coppe ad alcuni club di piccolo-medio livello (tra cui Rubin Kazan e Atletico Madrid) per alcuni pagamenti insoluti. Un comportamento, quello della Uefa, che fa credere che alla fine le big del calcio la scamperanno e che alla fine pagheranno solo le squadre meno blasonate. Il motivo è chiaro: escludere le grandi dalle coppe significa svalutarne il valore economico a cominciare dall’abbassamento del prezzo dei diritti tv e dl minore interesse degli sponsor.
Ma anche nella fascia delle medio-piccole c’è chi ha trovato modi fantasiosi per incamerare soldi necessari a mettere a posto i conti. Vedi il caso del Trabzonspor, squadra turca che ha ottenuto dal governo il permesso di autofinanziarsi costruendo una centrale idroelettrica di 28 megawatt sul Maro Nero. L’impianto costerà 50 milioni di dollari e sarà capace di generare energia per 10 milioni all’anno. Anche in questo caso, la Uefa non ha avuto nulla in contrario.
Twitter @ale_oliva84