Una slot machine (NewSlot) ogni 136 abitanti, 520 in tutta la città, per una spesa pro capite media di circa tremila euro l’anno. Numeri che portano la città di Pavia ad avere il poco invidiabile scettro di capitale del gioco d’azzardo in Italia proprio per quanto riguarda la spesa per cittadino. Le “macchinette mangia soldi”, come vengono ribattezzate, sono una vera piaga da queste parti. Tanto che negli scorsi mesi una ventina di persone tra mogli, madri, figli e parenti stretti dei giocatori più incalliti hanno chiesto al tribunale di far interdire il loro congiunto, chiedendo al giudice che il parente giocatore non possa più disporre del suo conto in banca, dei beni e che sia dichiarato incapace di intendere. Un provvedimento di questo genere è tipicamente preso dai giudici quando si sta trattando casi di persone affette da patologie psichiatriche o senili, e mai è stata fino a ora estesa a casi di ludopatia.
Persone sole, cassaintegrati e pensionati, «in genere – ci dicono in un bar della provincia – chi gioca tutto il giorno sono quelle persone che hanno giornate vuote, sia uomini sia donne, principalmente pensionati o disoccupati». Un dramma per quelle famiglie che vedono risparmi, stipendi e pensioni andarsene dentro le macchinette o in quelle sale “Vlt” (VideoLottery) che stanno crescendo come funghi e piene di Slot Machine per tutti i gusti e a ogni ora del giorno e della notte.
Il fenomeno è acceso e in crescita su tutta la provincia di Pavia, ma anche a livello nazionale. D’altronde negli ultimi 15 anni non c’è stato anno in cui il Governo di turno non abbia introdotto nuove opportunità di gioco d’azzardo , e cruciale è stato quello schizofrenico provvedimento del 2003 che ha aperto la strada alla diffusione delle slot machine nei pubblici esercizi. Ultimo e non meno importante è il provvedimento che apre anche al gioco su Internet che conta già circa 2500 diversi giochi d’azzardo, studiati anche sulle età più tenere.
In tutto il quadro rientra anche l’impossibilità da parte dei Comuni di poter impedire l’apertura delle sale, in quanto attività lecita, e le proprietà dei concessionari troppo vicine alla politica che conta. Insomma una febbre del gioco dilagante, acuita anche dalla congiuntura economica della crisi. Una febbre a cui qualcuno sta cercando di porre degli argini. Proprio a Pavia ci sono state negli scorsi mesi iniziative e dimostrazioni della cittadinanza, oltre alla stesura di un manifesto dei sindaci contro il gioco d’azzardo, fino a ora sottoscritto da 140 amministratori a livello nazionale, volto a far partire una legge di iniziativa popolare. Mentre c’è chi si attrezza anche fuori dalle istituzioni, e i capofila, arrivano proprio dalla città di Pavia.
Sono stati Pietro Pace e Mauro Vanetti, due sviluppatori dell’Università degli Studi di Pavia a lanciare il sito SenzaSlot, al motto di «il caffè è più buono se il bar è senza slot». Un sito in grado di raccogliere dagli utenti le segnalazioni degli esercizi pubblici sul territorio nazionale che non ospitano i videopoker.
Il progetto è partito solo tre settimane fa, ma i bar segnalati sono oltre 600. «Vivendo a Pavia – ci spiega Pietro Pace –, tristemente nota come la città con più macchinette in italia, abbiamo deciso che non avremmo più bevuto il caffè in bar con le slot machine. Non volevamo contribuire a rendere “normale” il fatto di prendere un caffè in un posto in cui della povera gente stava perdendo lo stipendio. Ed ecco che abbiamo pensato di censire i bar senza slot appunto».
Facendo un giro tra i bar pavesi qualcuno seduto davanti ai monitor del videopoker lo si trova sempre, «uno ci prova sempre – dice uno degli avventori di un bar vicino Piazza della Minerva – e ogni tanto ci si lascia prendere la mano», e la mano «se la fanno prendere soprattutto anziani e disoccupati», ci confermano all’interno dei bar pavesi. Chiediamo se tra i giocatori vi sono anche studenti universitari e giovani, ma ci rispondono gli esercenti che «ogni tanto qualcuno prova e si gioca un euro ma niente di allarmante», anche se le possibilità aperte col gioco d’azzardo on-line potrebbero tenere i ragazzi lontano dai bar ma non dalle puntate.
«Capita di fare puntate fino alle quattro, o alle cinque di mattina – ci dice uno studente universitario –, in particolare nelle stanze del poker on-line». Tornando però per le strade, siamo entrati anche in uno di questi locali segnati come “No-Slot” sul sito di Pace e Vanetti. «Sono a Pavia da dodici anni – dice il titolare di uno dei bar di fronte all’ingresso principale dell’Università di Pavia – e a più riprese ho avuto varie proposte, ma per scelta ho sempre rifiutato di mettere nel mio locale le macchinette. Un po’ perché è pieno di studenti, un po’ per scelta e un po’ perché non apprezzo nulla del gioco».
Molti tengono lontani coloro che propongono l’ingresso dei videopoker nei locali anche per «non avere a che fare con la criminalità e con qualcuno che magari vuole venire nei nostri locali a riciclare soldi». L’ombra della malavita organizzata nel settore è infatti ingombrante , e lo conferma anche la relazione della Commissione parlamentare antimafia del 2012 che evidenzia come gran parte della torta del gioco d’azzardo se lo stiano spartendo 41 clan mafiosi che utilizzano poi le sale gioco per riciclare capitali illeciti, spesso con la complicità dei gestori degli esercizi da nord a sud del Paese.
Entrate fiscali si, ma anche tante irregolarità: per legge infatti le macchinette devono essere collegate al cervellone della Società Generale di Informatica (Sogei), che si occupa dei controlli sul pagamento delle imposte. Per ogni macchinetta scollegata scatta una sanzione di 50 euro per ogni ora. Un provvedimento comunque non sufficiente, anzi, quasi inapplicato secondo l’ex sottosegretario Alfiero Grandi, presidente della commissione di indagine ad hoc che terminò i lavori nel 2008: secondo la cosiddetta “relazione Grandi” i Monopoli, che avrebbero dovuto garantire l’estensione delle sanzioni hanno invece «tollerato che l’impianto per regolare il gioco e ottenere il pagamento delle imposte non entrasse a regime per più di un anno, rinunciando a qualunque forma di sanzionamento».
In questo quadro è maturata infatti la maximulta di 98miliardi di euro cumulata dai 10 concessionari italiani (nel periodo 2004-2007) per i giochi richiesta dal pm Marco Smiroldo nell’ambito della richiesta della Procura Regionale del Lazio alla Corte dei Conti. La Corte non ha poi considerato la richiesta del pm, accogliendo la prima subordinata con una condanna a 2,5 miliardi per i concessionari.
A pagare il prezzo più alto è stata Bplus-Atlantis con 845milioni di euro, a fronte dei 31,4miliardi richiesti dal pm. Un bel sospiro di sollievo per la società controllata da Gaetano Corallo e rappresentata dall’onorevole Amedeo Laboccetta, che in una intervista al Secolo XIX del 2008, spiegò come un «un escamotage, ma in senso positivo», l’operazione con cui Atlantis stipò in poche decine di metri quadrati in provincia di Catania poco meno di 27mila apparecchi che avrebbero dovuto risultare “in magazzino” e non funzionanti. Per la commissione Grandi un escamotage per “nascondere” le macchinette funzionanti dall’occhio del fisco, mentre per Laboccetta, un escamotage positivo che «fu realizzato con ilpieno consenso degli enti interessati e con un solo fine: costringere chi ”nascondeva” le macchinette a uscire allo scoperto».
NewSlot che in più di occasioni si sono però rivelate uno strumento di riciclaggio comodo: se alcuni per cambiare i soldi macchiati di “inchiostro”, cioè quelli provenienti dalle rapine, li fanno ingurgitare dai cambiasoldi, c’è chi ricicla tramite le NewSlot annullando giocate vicino al limite consentito di 5mila euro e bonificando vincite fittizie.
Allo stesso modo è emerso come i clan, in questo caso una famiglia del clan Belforte in Campania, fossero in grado di monitorare attraverso computer lo stato delle giocate, controllando i cassoni di raccolta del denaro delle slot. In questo modo quando, “la macchinetta stava per scoppiare”, il gruppo criminale si presentava sul posto facendo la giocata vincente, impossessandosi dell’intero malloppo. Una questione, quella del dilagare delle New Slot e delle possibili illegalità connesse, che vede contrapposti i sindaci dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e l’Assotrattenimento, associazione che rappresenta gli operatori del gioco lecito, e che ha visto raggiungere toni non proprio cordiali anche nelle ultime settimane.
Twitter: @lucarinaldi