«Abbiamo dato il messaggio che non sosteniamo governi di altri partiti, né esecutivi pseudotecnici. Non vogliamo questo, non vogliamo quello, ma almeno facciamo un nome. Facciamo una nostra proposta forte». Chi parla è Lorenzo Battista, senatore triestino classe 1973 in forza al Movimento 5 Stelle. È tornato in Friuli per festeggiare la Pasqua in famiglia e «mentre ero in aereo ho scoperto della seconda consultazione di Napolitano», a cui ha assistito da casa.
Lui, come Travaglio sul Fatto Quotidiano e Scanzi su Facebook, crede che il M5s abbia sbagliato a non presentarsi al Colle con una proposta precisa (premier e contestuale esecutivo) che sfidasse gli altri partiti. Un’assenza che spicca alla luce della decisione di Napolitano di non coinvolgere nessun esponente grillino nel gruppo dei saggi. «Un governo serve», sottolinea a Linkiesta, checchè ne dicano il professor Becchi e il leader Grillo. «Siamo venuti in Parlamento per tornare alle elezioni dopo sei mesi senza combinare nulla? Se è questa la nostra missione avrebbero dovuto dirmelo e non mi sarei impegnato».
Senatore, lei fa parte di quella minoranza che chiedeva di andare al Quirinale con una rosa di nomi.
Ho sostenuto sin dalla vigilia della prima consultazione che bisognava indicare nomi della società civile. Ritenevo fosse necessario presentarsi da Napolitano con un nome che presiedesse un governo in grado di mettere in pratica i 20 punti del nostro programma.
Magari un nome gradito anche agli altri partiti, che li mettesse con le spalle al muro?
Certo, avrebbe dovuto essere una strategia quella di indicare un nome su cui avere la convergenza delle altre forze politiche. Se avessimo voluto un governo a cinque stelle avremmo dovuto ottenere i numeri che ci sostenevano. E per averli bisognava indicare un nome. Questa era la linea mia e di altri.
Si parla di venti o trenta parlamentari grillini. Conferma?
No, penso fossimo di meno, dovrei andare a riprendere i verbali. Ma non è una questione di numeri.
Qual è stata la reazione dell’assemblea alle sue istanze?
La risposta è stata che, se Napolitano avesse dato l’incarico al Movimento 5 Stelle, l’avrebbe dato al capo politico Beppe Grillo.
Che nome avrebbe fatto lei per il premier da proporre al Quirinale?
Ormai non è più importante, ma un nome che ho in testa è quello dell’economista Tito Boeri. So che è anche critico nei confronti del movimento, ma penso abbia dietro di sé una rosa di nomi che può sostenere le nostre proposte. Abbiamo un problema economico e lui su lavoce.info ha fatto alcuni esempi di riforme a costo zero. Il suo blog è strutturato bene, con buone proposte.
Lei è per agire subito.
Se non iniziamo a ragionare in questi termini, resteremo sempre una forza di opposizione. L’ambizione del movimento era quello di essere parte determinante alla guida del Paese. E ciò non vuol dire fare l’alleanza col Pd. Ma significa far convergere i numeri, che non abbiamo alla Camera e al Senato, sulle nostre idee.
Becchi dice che anche senza governo il Parlamento può lavorare benissimo.
Vogliamo far lavorare il Parlamento? Ma il governo è previsto in Costituzione, è un organismo fondamentale per la vita politica. Se vogliamo fare tutto con il Parlamento dobbiamo cambiare la Carta, ma non penso sia questo il messaggio che deve passare. Purtroppo con gli ultimi governi abbiamo assistito ad un abuso del voto di fiducia per colpa dei decreti leggi. E ora, agli occhi delle persone, vogliono far credere che il Parlamento possa camminare senza un esecutivo. Ma non è così. La prorogatio di Paolo Becchi a chi giova? Agli esodati o forse ai cassintegrati?
Ma Grillo dice che la legge elettorale si può cambiare anche domani.
Un organismo esterno come l’Ocse ha sconsigliato di cambiare le leggi elettorali prima di andare alle urne, perché ogni partito vorrebbe fare i propri interessi. Il cambio della legge si fa, magari, al secondo anno di una legislatura forte che ne dura cinque. Secondo me oggi non faremo la legge elettorale, dubito ci sia questa convergenza in Parlamento. Grillo dice di tornare al Mattarellum, ma Ricolfi su La Stampa suggeriva che al M5s converrebbe il doppio turno, l’esempio è quello di Pizzarotti a Parma».
Quella di oggi è la peggior situazione che si potesse prospettare, anche per il M5s?
Certo. Qual è il disegno? Far sì che ci siano due “gruppi ristretti” Pd e Pdl in modo che alle prossime elezioni il M5s aumenti il consenso? Secondo lei in giro c’è tutta questa approvazione su come si sta comportando il movimento? Io parlo con molte persone. Grillo dice che dobbiamo arrivare al 100%, ma per arrivarci bisogna prima dare risposte ai cittadini».
Possibile che la sua posizione non faccia breccia tra i colleghi?
Penso che i fatti devono parlare per tutti. Deve passare il messaggio che noi non possiamo più dire “sì ma ci sono gli altri in Parlamento”, perché adesso lì dentro ci siamo noi. In campagna elettorale cosa diremo? Che non volevamo fare l’alleanza col Pd?
Insomma, c’è un qualche smottamento rispetto alla linea dei “duri e puri”.
I numeri li può vedere quando si è votato per Grasso alla presidenza del Senato, una dozzina di senatori circa. Ma francamente spero siano di più, spero che tutti si sentano in obbligo di avere un mandato elettorale per fare le cose, per essere propositivi.
A breve farete le primarie per scegliere il vostro candidato al Quirinale. Qual è il suo papabile?
Gustavo Zagrebelsky mi sembra un difensore della nostra Carta costituzionale, una persona mai iscritta ai partiti e senza precedenti penali. Trovo sia lui il candidato ideale.
Arriverà un indirizzo politico da parte dei gruppi parlamentari nei confronti della base?
Spero di sì, auspico ci sia convergenza. Altrimenti ognuno comincerebbe a mettere il proprio nome.