Non bastavano le dimissioni del ministro Terzi e le frizioni interne al governo Monti. Ad infiammare la vicenda Marò, piomba anche Casapound. Nelle ultime ore il movimento politico di estrema destra ha lanciato una campagna shock a supporto di Girone e Latorre, convocando i militanti della tartaruga martedì 2 aprile in piazza Montecitorio.
Il presidio davanti al Parlamento ha lo scopo di chiedere «con forza» una serie di punti che Casapound ha elencato in un volantino e diffuso sui social network. In cima alla lista dei desideri svetta la richiesta di dimissioni di Mario Monti, non da premier, ma da senatore a vita. Segue la chiusura della nostra ambasciata a Nuova Delhi e quella indiana a Roma, accompagnata dal contestuale divieto per l’ambasciatore indiano di lasciare il suolo italiano fino al ritorno dei fucilieri di marina.
Richieste intransigenti, che non lasciano spazio al dialogo. Eppure il bello deve ancora venire. Il volantino dei «fascisti del terzo millennio» (così si definirono per bocca del leader Iannone) reclama il «ritiro immediato delle nostre truppe da tutti gli scenari internazionali come ritorsione per la mancata tutela degli interessi italiani da parte di Onu, Nato e Unione Europea». Tuttavia, a destare scalpore, sono gli ultimi due punti che prevedono, senza giri di parole, «manovre militari nelle acque internazionali a largo del Kerala» e, dulcis in fundo, la «preparazione di un’opzione di intervento militare in India a seguito di una qualsiasi condanna dei nostri soldati».
Quella che sembra una dichiarazione di guerra in piena regola viene motivata dal fatto che sarebbe giunto il momento «di reagire, di dimostrare al mondo che questa nazione non è morta e che nessuno può rapire dei soldati italiani in acque internazionali». La chiusura dell’annuncio è affidata allo slogan di renziana memoria “Adesso!”. Ma qui di primarie e diplomazia, non c’è traccia.