Viva la FifaMilan, a Barcellona Balotelli non ti sarebbe bastato

Il Napoli ritrova Cavani e carattere, la Fiorentina continua a sprecare

Mentre Balotelli festeggiava il gol del 2-0 che tramortiva il Palermo – e che con ogni probabilità lo condanna alla B – in molti hanno cominciato a chiedersi se la presenza del numero 45 rossonero avrebbe potuto evitare la remuntada di Barcellona. Difficile dirlo, ma optiamo per il no. Se da una parte Mario è sempre più decisivo nel suo apporto in zona gol (6 reti in 7 partite, 12 rigori su 12), dall’altra la differenza tra il Milan e il Barça ‘incazzato’ dell’altra sera c’è e si è vista, soprattutto a livello di velocità. Il Milan ha fatto una buona gara ieri, ma non grandissima. Complice un Sannino che – secondo il dettame di un altro grande rossonero come Rocco – ha dato ordine ai suoi di colpire tutto ciò che si muoveva, compreso il pallone. Il pressing dei rosanero ha mostrato un Milan al rallentatore: manovra troppo lenta e accelerazioni affidate ai singoli (vedi alla voce El Shaarawy) più che alla coralità. Mario si è esaltato dopo il vantaggio dal dischetto, ma il suo è stato più uno sparare a un uomo morto: colpi di tacco e di suola di fronte a una squadra che ormai rischia la cadetteria. Il suo secondo gol – guarda un po’ – arriva da una accelerazione improvvisa di Niang e da un pasticciaccio brutto del Palermo nell’area piccola.

Non è dato sapere se il Milan arriverà secondo, ma a fronte di una certa lentezza di manovra i margini per vedere un Milan lottare il prossimo anno per il titolo: dall’attacco più prolifico del campionato a una fascia tutta classe ’92 formata dal ‘Faraone’ a De Sciglio, passando per la speranza che Balotelli giochi anche vincere quel Pallone d’oro che a suo dire non ha mai vinto per colpa sua. Se a Milanello si decidono a ritoccare la difesa, il prossimo anno ne vedremo delle belle.

Gli azzurri sono tornati a 3 punti perché si sono risvegliati Cavani e Pandev. Ma soprattutto, almeno stavolta, il Napoli non ha mostrato quei limiti di personalità che con ogni probabilità gli faranno perdere lo scudetto. Perché se per due volte ti fai rimontare da una buona Atalanta, ma non ti arrendi e fai il 3-2, allora stavolta il carattere c’è stato. Per Cavani è finalmente passata a nuttata: rigore perfetto e raddoppio d’autore, che per bellezza fa a gara con quello di Vucinic a Bologna. Ancora alcune scorie di certi limiti però ci sono. Dopo una prima mezzora perfetta, dove il Napoli si ritrova anche grazie a un Hamsik che fa l’Hamsik (cioè è in appoggio continuo alle punte) la sfortuna prima la condanna con l’autogol di Cannavaro, poi rischia sulla traversa di Carmona, infine si fa acciuffare dall’ex Denis in contropiede sul 2-2. Meno male che Pandev c’è. I numeri premiano la squadra di Mazzarri: 59% di possesso, 68% di vantaggio territoriale, 19 tiri a 4, 85% di passaggi positivi. Ma spesso certi dati senza il carattere si svalutano. Stava per succedere anche stavolta.

Domanda simile a quella su Balotelli e il Barça, anche se con le dovute proporzioni: se il Genoa a Firenze avesse avuto Frey e Borriello a disposizione, avrebbe perso? Diciamo che i pasticci i genoani li hanno combinati soprattutto in difesa, quindi è più facile rispondere di sì se in porta non ci fosse stato Tzorvas. Ma come dice quel proverbio, “il pesce puzza dalla testa”: il Genoa ha un organico non da lotta alla salvezza e Ballardini sta lavorando bene, ma se la società non segue una linea guida ben precisa, ti ritrovi infognato nelle sabbie della bassa classifica (vero Zamparini? Ma varrebbe anche per Moratti). I rossoblu nel primo tempo rischiano tanto, contro una Fiorentina che fa gioco e che ha ormai metabolizzato a dovere il passaggio dal 3-5-2 al 4-3-3, ma nella ripresa sfiorano il colpaccio grazie agli innesti di Jankovic e Jorquera. E qui viene fuori l’annoso limite dei viola. Numeri importanti in partita (il solo 77% di vantaggio territoriale la dice lunga), otto colpi di tacco nei primi minuti di gara, ma troppe occasioni sotto porta sprecate. Meno male per Montella che Betrolacci (espulso) e Cassani (autogol) erano in campo, và.

Di reti mancate, ne sanno qualcosa a Torino, sponda Juve. Sabato sera Giovinco ne ha avute almeno tre, confermando due aspetti: che quello di goleador non è il suo ruolo (ma nel 3-5-2 uno così dove lo metti?) e che lui e Vucinic continuano a scambiarsi i ruoli. Uno dovrebbe ricamare e l’altro segnare, non viceversa. Per fortuna della Juve il montenegrino si è svegliato sabato mattina con la voglia di fare entrambe le cose: prima la butta dentro con un movimento da bomber puro, poi serve a Marchisio la palla del 2-0 che schianta la partita e tiene a distanza paure e inseguitrici. Un toccasana Mirko, soprattutto quando sulle fasce Padoin e Peluso e il gioco deve arrivarti dal mezzo o da un invenzione di uno dei due là davanti. Il numero 14 bianconero fa la differenza: tocca 54 palloni, su 25 passaggi ne azzecca 20, perde 6 volte la palla però la recupera in 2 circostanze, regala 8 sponde per gli inserimenti dei compagni più l’assist vincente per il raddoppio. Chissà se Giovinco avrà preso appunti.

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