Dopo settimane di scontri e divisioni la Coalizione nazionale è riuscita ad eleggere a maggioranza il premier del governo transitorio. Con 35 voti a favore su 49 presenti è stato scelto Ghassan Hitto: sarà primo presidente del Consiglio di un governo antagonista a quello Damasco. Il suo era uno dei 12 nomi candidati, ma solo dal giorno prima era diventato chiaro a tutti che sarebbe stato il favorito, insieme al suo antagonista di sempre: l’ex ministro dell’Agricoltura Asaad Mustafa. Prima di arrivare a questo risultato si sono registrati forti scontri interni all’opposizione siriana, culminati con tre rinvii della riunione finale prevista a Istanbul sin dagli inizi di marzo.
Per capire il personaggio (che nei due anni di rivoluzione siriana non è mai salito all’onore delle cronache) e i meccanismi che hanno portato alla sua elezione basta leggere la prima reazione dei miliziani dell’Esercito siriano libero, che dovranno prendere ordini proprio da lui. Intervistato dal giornale arabo “Asharq al Awsat”, un esponente dei ribelli siriani ha spiegato che «i nostri capi hanno preso molto male questa nomina, perché si tratta di un nome che è iniziato a circolare solo negli ultimi tre giorni. Hitto era sconosciuto ai più fino ad ora e non capiamo come sia stato possibile eleggerlo e come sia riuscito ad arrivare ad un posto del genere. I comandi dei ribelli hanno già manifestato la loro contrarietà alla Coalizione nazionale».
Quali sono stati i motivi che hanno portato alla sua scelta? Li spiega lo stesso quotidiano (di proprietà saudita) nel presentare il suo curriculum. «Le caratteristiche – si legge – che contraddistinguono Hitto come migliore premier del governo transitorio siriano rispetto agli altri undici candidati sono due: la prima riguarda i suoi ottimi rapporti con gli Stati Uniti e la seconda il suo essere di origini curde». Hitto è cittadino americano, nato a Damasco nel 1963, e di origine curda, etnia che, sul campo, è alleata di Assad, tanto che i miliziani del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) si sono scontrati più volte con l’Esercito libero. La stampa araba lo ha presentato come «l’uomo della riconciliazione tra le varie anime dell’opposizione siriana» a differenza degli altri candidati, «rappresentanti delle varie fazioni, perché non appartiene a nessuna di esse ed è rispettato dagli islamici e dai liberali».
Se si pensa poi che Hitto, nei giorni scorsi, ha cercato in ogni modo di non ricordare il fatto di essere cittadino americano, diventa inevitabile per gli analisti mediorientali credere che la sua scelta sia dovuta proprio a questo: cioè la volontà della Coalizione nazionale siriana di ottenere il massimo sostegno da parte degli Stati Uniti, in contrapposizione a quello offerto dalla Russia alla Siria di Assad. Il giornale arabo “al Hayat” lo definisce infatti un “tecnocrate rivoluzionario”, proprio perché Hitto non è mai stato un politico.
È noto, invece, per essere un imprenditore di grande esperienza nel campo delle telecomunicazioni, dove ha lavorato per 25 anni con una serie di grandi aziende internazionali, mentre negli ultimi 16 anni ha avuto sempre incarichi di management di tipo esecutivo. Ha conseguito una laurea in Matematica e Informatica alla Purdue University di Indianapolis nel 1989, e ha ottenuto un master in Business Administration (MBA) nel 1994. Ha dato il suo contributo allo sviluppo e alla gestione delle unità di soccorso e di coordinamento umanitario delle forze della Coalizione nazionale siriana dell’opposizione, ed ha lavorato lungo il confine tra Turchia e Siria coordinando i soccorsi e il sostegno ai ribelli.
Hitto vive da molti anni nel Wayne, in Texas, in particolare da quando ha ottenuto la cittadinanza americana. Sua moglie è una cittadina americana insegnante di scuola mentre entrambi i figli sono nati negli Stati Uniti. Ha lavorato anche per il Consiglio siriano americano, una organizzazione per i diritti civili fondata nel 2005, che rappresenta la più importante organizzazione di immigrati siriani negli Usa.
Sui 35 voti ottenuti durante la riunione di Istanbul del 18 aprile, determinanti sono stati i 22 voti dei dirigenti dei Fratelli Musulmani. Un nome scelto per i suoi ampi contatti di tipo diplomatico e perché esponente della ricca comunità siriana degli Stati Uniti, che conta su numerosi uomini d’affari chiamati a finanziare la guerriglia siriana. Eppure la sua elezione ha provocato forti malumori anche all’interno della Coalizione stessa. I membri del direttivo sono infatti 56, ma al momento del voto sono rimasti in aula solo in 49. Gli altri sette hanno abbandonato la sala.
Tra i contestatori c’è sicuramente al Rifai al Hajj: per protesta ha lasciato la Coalizione perché contrario all’elezione di Hitto. Intervistato dalla tv al Arabiya, Hajj ha affermato che «quella del premier Hitto non è stata un’elezione democratica. In realtà il suo nome ci è stato imposto a causa delle pressioni esercitate dall’estero», riferendosi a Qatar e Turchia. Anche un altro dirigente, Walid al Bunni, ha protestato lasciando la sala dove si teneva l’incontro e annunciando la sua intenzione di abbandonare la Coalizione. Intervistati dalla tv libanese «al Maiadin” ha affermato che «quella di Hitto non è stata un’elezione, ma una nomina, questo perché non c’è un sistema democratico all’interno della Coalizione siriana dell’opposizione»
A dare la sua versione dei fatti non poteva mancare il giornale siriano “al Watan”, organo del regime di Bashar al Assad. In un lungo editoriale dal titolo: “Gli ottomani e i qatarioti eleggono Hitto come premier dei territori siriani liberati”, si legge che «dopo scontri andati avanti per mesi i Fratelli Musulmani sono riusciti, col sostegno degli ottomani turchi e dei qatarioti, a nominare l’americano di origine siriana Ghassan Hitto come presidente del governo transitorio (senza ministri) per amministrare le cosiddette aree liberare che i siriani ancora non hanno capito cosa sono».
Secondo il regime di Damasco «Hitto ha ottenuto i voti dei Fratelli Musulmani e dei delegati di Qatar e Turchia nella Coalizione di Doha, creando forti malumori nei rivoluzionari in Siria e all’estero, anche perché si tratta di un personaggio imposto con la forza che non sa nulla della Siria che ha lasciato quando aveva 17 anni, fuggendo dall’obbligo di leva». Il giornale accusa infatti il neo premier di aver lasciato il suo paese solo per evitare il militare pur aggiungendo che «una volta arrivato negli Stati Uniti ha giurato fedeltà a quel paese svolgendo lì il servizio militare e prendendone la cittadinanza».