Appena due anni fa il giovane Watson era uno studente al secondo anno di medicina. Oggi nel 2013 vanta una vittoria a Jeopardy! – il più popolare quiz TV americano – dove ha battuto i campioni storici del programma, e una collaborazione con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. Il super computer realizzato da Ibm tra la varie applicazioni, dalla finanza all’industria, sembra avere un futuro promettente soprattutto in corsia, dove aiuterà gli oncologi a trovare soluzioni più definite, precise e personalizzate per la cura di ciascun paziente.
Per raggiungere questo traguardo Watson ha “studiato” manuali di medicina, riviste mediche, decine di migliaia di casi clinici risolti: 605000 nozioni di prove mediche, 2 milioni di pagine di testo, 25000 casi clinici e 14700 ore di assistenza da parte di medici per settare la sua precisione decisionale. Anni e anni di studio ed esperienza che la mente umana non può visualizzare e analizzare in maniera globale quando si trova davanti un nuovo paziente e il suo caso clinico da risolvere. Watson, o meglio il dottor Watson, aiuterà medici e infermieri a definire «trattamenti più mirati. Diagnosi più precise con esami appropriati e non inutili, meno possibilità di sbagliare» spiega a Linkiesta Virgilio Sacchini, oncologo del Memorial Sloan Kettering. «Siamo consapevoli, infatti, che l’errore umano è una delle componenti più importanti dell’imprecisione in medicina».
Per comprendere il linguaggio umano e migliorare così l’interazione uomo-macchina, Watson ha assimilato migliaia di enciclopedie e libri e ha partecipato a Jeopardy! per testare il suo livello di comprensione delle espressioni comuni. Durante il quiz il super computer non ha compreso la domanda del presentatore solo in poche occasioni, ma alla fine ha dimostrato di poter interagire con l’uomo, battendo anche i concorrenti.
Al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York il dottor Watson è attivo da marzo dello scorso anno, in associazione con la WellPoint – la più grande mutua privata degli Stati Uniti – e i colleghi umani sono allo stesso tempo entusiasti e pronti ad accogliere la sfida con l’intelligenza artificiale: «Abbiamo accolto il dottor Watson con tutti gli onori e anche con un po’ di sfida» racconta Virgilio Sacchini, «nel senso che vorremmo dimostrare che la classe medica, o perlomeno noi, siamo uguali se non meglio. Non c’è dubbio che dal punto di vista della gestione organizzativa dell’ammalato e dell’algoritmo procedurale vincerà lui, ma sappiamo anche che l’ammalato non è una macchina, e ha bisogno di interazione, calore umano, immedesimazione, soprattutto se ammalato di tumore».
«Il sistema Watson si basa sull’intelligenza artificiale di sistemi computerizzati complessi, che permettono di dare risposte esatte a domande specifiche. Le risposte che il sistema dà sono il risultato dell’elaborazione di milioni di informazioni immagazzinate, che analizzate permettono di dare il migliore percorso da seguire con il massimo successo», continua Sacchini, «in sintesi è come se queste informazioni dessero esperienza al sistema, come quando un medico esperto tira fuori tutta la sua esperienza, tutti i casi trattati in precedenza, e stabilisce la diagnosi e il trattamento per un nuovo paziente».
La saggezza si Watson si basa non solo sulle informazioni scientifiche finora conosciute, ma anche sui protocolli in fase di sperimentazione, sia diagnostici che con nuovi farmaci, e sui dati del paziente. Al super computer vengono forniti i sintomi, gli esami, la storia clinica del pziente e altre informazioni utili che il sistema analizza, e in base alla sua “conoscenza” elabora, fino a fornire diagnosi e terapia. Inoltre se col passare del tempo sono disponibili altri test del paziente, nuovi sintomi e i primi dati sull’effetto delle cure, Watson viene aggiornato di continuo e modifica il suo responso in modo che sia sempre più preciso.
«Il grosso vantaggio di Watson è l’aggiornamento in tempo reale. È informato immediatamente di un nuovo studio, di una nuova reazione avversa di un farmaco, di un successo di una nuova terapia e lo inserisce immediatamente nell’algoritmo di trattamento del paziente. In questo senso ha superato gli standard clinici tradizionali» affarma l’oncologo italiano. Oggi la probabilità che la terapia fornita sia quella giusta è circa del 90%, molto maggiore di quella umana. «Dottor Watson è stato testato in tumori polmonari, al seno e alla prostata per vedere se le risposte date dal sistema in termini diagnostici o terapeutici differivano da quelle di un panel di esperti. E alla fine si è dimostrato estremamente veloce e il 20% più preciso nel formulare diagnosi e terapie».
Si tratta forse dello strumento più potente finora realizzato per migliorare le cure e ridurre i costi sanitari, tramite la standardizzazione e la riduzione dell’errore. Una vera e propria rivoluzione medica che secondo Chris Coburn, direttore esecutivo della Clinica di Cleveland per le innovazioni, entro il 2020 sarà usato in tutti gli ospedali, anche grazie al sistema digitale “cloud” che ne permette l’utilizzo a distanza.
«Il Memorial Sloan Kettering è stata una delle prime istituzioni a voler testare questo sistema nei pazienti oncologici» continua Sacchini. «È a disposizione di reparti pilota con patologie specifiche come tumore polmonare, gastro enterico, urologico e mammario che verificheranno le differenze di giudizio degli specialisti rispetto a Watson. Non è escluso che in un futuro sarà il primo filtro per individuare la terapia più indicata per il paziente».
«A mio avviso il sistema potrebbe rivoluzionare tutto il sistema sanitario nazionale, con una standardizzazione ottimale di procedure diagnostiche/terapeutiche, sempre meno discrezionale e sempre più scientifico/razionali» conclude Sacchini. «Si prevede che l’applicazione di procedure standard, ma personalizzate (paradossalmente il sistema con tutte le informazioni immagazzinate riesce a essere più specifico nella diagnosi e nel trattamento) ci sarebbe un enorme risparmio sulle spese mediche. Inoltre il sistema ha una continua autoverifica sulla qualità assistenziale e sulla prevenzione di errori medici».
Watson alla fine della sua fase sperimentale è pronto per essere venduto sul mercato. Non si sa quanto costerà ma secondo Virgilio Sacchini l’investimento iniziale si tradurrà in un risparmio importante in futuro. «In genere il costo iniziale di una procedura/investimento è fatto per essere ammortizzato in 5 anni».