Attentato di Boston, il punto sulle indagini

In custodia un sospetto autore della strage. Lettere con veleno a Obama e due senatori

Boston – L’assenza, per il momento, di una rivendicazione della doppia esplosione alla maratona di Boston esclude una pista d’indagine esplicita per gli inquirenti. Nemmeno la tecnica dell’attentato offre indizi chiari circa la provenienza o il movente della strage. I dettagli che in queste ore si aggiungono alla ricostruzione dell’accaduto si prestano a diverse interpretazioni e l’enorme flusso di notizie attorno all’attentato ha rinfocolato errori e imprecisioni che rendono difficile distinguere le notizie confermate dai rumors senza fondamento. Questa è per il momento la versione dei fatti confermata dalla polizia di Boston e dall’Fbi, che conduce le indagini.

Le vittime. Sono tre i morti causati dalle due esplosioni. Martin Richard, otto anni, è morto mentre aspettava il padre Bill all’arrivo della maratona insieme alla madre e alla sorella, le quali sono ferite in modo grave. Krystle Campbell, 29 anni, del quartiere di Arlington era andata a Copley Square con un’amica per accogliere il suo fidanzato. La terza vittima è una studentessa della Boston University. L’università ha diramato la notizia, ma non ha pubblicato le generalità, rispettando la scelta della famiglia. Il consolato cinese a New York ha comunicato che la terza vittima è di nazionalità cinese, ma ha smentito che si tratti di Zhou Danling, la quale risulta ricoverata in ospedale. I feriti sono 176, 17 dei quali in gravi condizioni.

Le bombe. Gli ordigni sulla scena sono soltanto due, quelli esplosi attorno alle 14.50 di venerdì, ora locale. Non sono state rinvenute altre bombe, come inizialmente riportato, ma soltanto device sospetti che gli artificieri hanno dichiarato non esplosivi. Quelli veri, invece, erano stati piazzati in cestini della spazzatura accanto a Boylston street, nel centro di Boston, e gli inquirenti hanno spiegato che sono stati realizzati con pentole a pressione riempite di chiodi e proiettili per pistole ad aria compressa, biglie di metallo del diametro di pochi millimetri. Il deputato Mike McCaul, capo della commissione per la sicurezza nazionale alla Camera, dice che molto probabilmente la detonazione è stata ottenuta con polvere da sparo. Gli ordigni sono stati attivati con un timer, non con un telefono cellulare, ed erano avvolti in sacchetti di plastica nera. I resti trovati sulla scena sono stati spediti al laboratorio dell’Fbi di Quantico, in Virginia. Un articolo apparso sul primo numero della rivista “Inspire”, il magazine in lingua inglese di al Qaida nella penisola araba, legato all’imam con cittadinanza americana Anwar al Awlaki, poi ucciso da un drone, spiegava come realizzare una bomba con materiali che si possono trovare in qualunque cucina. La pentola a pressione è un ingrediente fondamentale della ricetta. Ordigni simili sono all’ordine del giorno nella guerriglia afghana, si ritrovano negli attentati sui treni di Mumbai, nel 2006. Un report dell’Fbi del 2010 spiega che esplosivi del genere sono stati rintracciati anche in Nepal, Pakistan e India.

La pista saudita. Nella notte fra lunedì e martedì un appartamento al quinto piano di un palazzo di Revere, sobborgo nella zona nord di Boston, è stato perquisito dagli agenti federali. È la casa dove vive uno studente saudita sulla ventina (diverse fonti dicono abbia 22 anni), negli Stati Uniti con un regolare visto da studente. Anche lui era alla maratona ed è stato ricoverato in ospedale per le ferite riportate alle gambe. Gli agenti hanno preso diversi sacchi di materiale dalla casa e probabilmente anche il computer portatile. Il fatto che il ragazzo sia stato interrogato nella notte all’ospedale – con gli swat che avevano sigillato l’edificio – ha fatto pensare che il suo nome fosse in un’ipotetica lista dei sospettati. Le autorità hanno ammesso di avere ascoltato lo studente ma hanno negato con forza la circostanza del fermo e dell’arresto: al momento però non ci sono persone arrestate né sospetti ufficiali.

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