Bambini maltrattati, i medici italiani sono impreparati

Solo a Milano 300 casi all’anno

Lividi, fratture e, nei casi più gravi, anche abusi sessuali. Il maltrattamento è il reato principale di cui sono vittime i bambini in Italia. Lo conferma un’indagine condotta da Terre des Hommes e Sportello bambino adolescente maltrattato (Sbam) della Clinica Mangiagalli di Milano. Il 66% degli operatori del settore sanitario intervistati dice di aver notato almeno una volta segni di violenza o incuria sui piccoli pazienti. Eppure medici e pediatri non sempre sono capaci di riconoscere e interpretare correttamente i segnali che spesso gli stessi bambini inviano. «C’è molta confusione su come muoversi, chi contattare, come denunciare», spiega Lucia Romeo, responsabile pediatra Sbam del Policlinico di Milano. 

La maggior parte dei 1.170 medici che hanno risposto al questionario confonde le tipologie di maltrattamento più comuni. La difficoltà maggiore è distinguere tra i diversi tipi di patologie delle cure: l’ipercura, quando le cure di madri e padri sono eccessive; l’incuria, quando le persone responsabili del bambino non provvedono ai suoi bisogni; e la discuria, quando invece le cure non sono adeguate e sono fornite in maniera distorta. Sintomi di quest’ultima sono ad esempio la scarsa igiene e le dermatiti. La forma più importante di ipercura, invece, è la sindrome di Münchhausen by proxy (per procura), un disturbo mentale che affligge per lo più madri ansione, spingendole a provocare un danno fisico al figlio per attirare l’attenzione su di sé. La madre gode così della stima delle altre persone perché si preoccupa della salute del proprio bimbo. «La patologia più frequente è quella delle mamme ansiose che trasferiscono le proprie ansie ai figli», conferma Romeo, «in questo modo li fanno ammalare a tutti i costi per curarli». Un esempio è l’alterazione degli esami clinici del bambino, costringendolo a continue visite mediche e ricoveri. 

Nel solo Comune di Milano ogni anno le Forze dell’ordine registrano più di 300 reati di maltrattamento, percosse, violenze sessuali, minacce e ingiurie contro minori. Le più colpite sono le bambine (79%), mentre la fascia d’età più interessata è quella fino ai cinque anni. «Si tratta solo della punta dell’iceberg. Molte delle violenze consumate contro i minori non vengono intercettate neanche dai medici di famiglia e dai pediatri e spesso diventano evidenti quando ormai sono reiterate e hanno causato danni permanenti sui bambini», dice Federica Giannotta, responsabile diritti dei bambini di Terre des Hommes. 

Come riconoscere i casi di maltrattamento? «La frattura sotto i due anni, ad esempio, nel 90% dei casi è sintomo di maltrattamento. E poi ci sono i lividi: in base al colore si può capire quando sono stati causati. Se un bambino ne presenta diversi, è sicuramente un segnale d’allarme». E non si tratta solo di casi che emergono in contesti di degrado e povertà: «Sono famiglie di qualunque tipo: povere, ricche, italiane e non», sottolinea Romeo.

Ma in più della metà dei casi (51,5%) i medici scelgono di non denunciare, perché ritengono di non avere sufficienti elementi o perché non sono preparati sul come e a chi fare la segnalazione. «Si tratta di professionisti che invece dovrebbero avere le basi di medicina legale e sapere come denunciare», ribadisce Romeo. «Hanno paura di doversi trovare un giorno davanti a un giudice per un interrogatorio e così non avvertono i servizi sociali. Ma il medico è un ufficiale sanitario e ha il dovere di denunciare casi di maltrattamento. L’osservatorio migliore devono essere i medici di famiglia, che sono a diretto contatto con i genitori».

Quello che emerge è soprattutto l’ignoranza della legge. La maggioranza di coloro che hanno risposto all’indagine non sa che un referto, in caso di sospetto, può essere fatto da chiunque eserciti una professione sanitaria. Oltre il 55% crede invece che solo il medico possa redigerlo. E il 94% dice di non avere un modulo prestampato come supporto per la diagnosi di maltrattamento. Non è un caso, forse, che la quasi totalità degli intervistati non abbia mai frequentato un corso d’aggiornamento sul tema. 

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