TaccolaIl magro bilancio di Casaleggio manager

Dalla Webegg alla Casaleggio Associati: i trascorsi e lo stile di un imprenditore discusso

Che manager è il discusso Gianroberto Casaleggio? È una delle domande a cui è riuscito a dare risposte Francesco Oggiano, in un libro a 360 gradi sul Movimento 5 Stelle dal titolo “Beppe Grillo Parlante”, appena uscito nelle librerie.

Si comincia con il suo ruolo di amministratore delegato alla Webegg, dove si occupa di consulenza delle aziende e della pubblica amministrazione in Rete: siti Internet, web marketing, e-governance. Casaleggio ci arriva nel 2000 dalla Olivetti, quando l’impresa piemontese acquisisce il 45% delle quote di una società chiamata Logicasiel, che all’epoca fatturava 60 miliardi di lire. Il restante 55% è di una società del Gruppo Telecom Italia, la Finsiel. 

Oggiano è uno dei pochi giornalisti italiani ad aver intervistato il Guru del Movimento, alla fine del 2011. Ha poi svolto un lavoro di inchiesta sentendo diversi suoi ex dipendenti e passando al setaccio i documenti pubblici della Casaleggio Associati, a partire dai bilanci.

Dal racconto degli ex dipendenti esce un quadro prevalentemente positivo: nella società i 300 addetti hanno in media 26 anni, sono lasciati liberi di portare avanti progetti personali, come avviene da Google, società a cui si ispira anche per gli arredi colorati e gli spazi ricreativi. In Italia, nel 2000, è una cosa rarissima. Viene isitituita la regola del 5%: se in un ufficio il tasso di turn over è superiore, il manager responsabile non avrà alcun premio economico. Il concetto di partecipazione dal basso è già presente, così come i germi del suo futuro programma politico.

Scrive Oggiano:

Casaleggio scrive assieme a 30 dipendenti un vero e proprio manifesto con dodici punti. Ognuno descrive un passo per arrivare al modello aziendale dell’empowerment, un accrescimento spirituale e sociale dei dipendenti che porta naturalmente a un accrescimento economico dell’azienda stessa. I punti sembrano un manifesto politico: ognuno deve sentirsi parte dell’azienda; tutto il personale, dall’amministratore delegato allo stagista, deve partecipare alla produzione del valore economico; la competizione interna è bandita; tutti devono impegnarsi anche socialmente; e tutti devono essere protetti dall’azienda. L’azienda non può non avere obiettivi etici e non sviluppare un business sostenibile: deve impegnarsi socialmente e ambientalmente, deve aiutare gli enti no profit o le associazioni. 

Fin da allora si intravedono però quei caratteri autoritari che la base del Movimento 5 Stelle continuerà a rimproverargli. Dice un ex collaboratore: «Casaleggio era una persona intelligentissima, affascinante, sicuramente capace di manipolare le persone. Ma era anche persona spigolosa, secca, uno che non le manda a dire. Divideva i suoi collaboratori in due parti: il 10% formato da eletti e il 90% formato da cretini. I primi li trattava come suoi pari e concedeva loro tutto lo spazio possibile. I secondi li trattava alla stregua di falliti, persone che devono obbedire ed eseguire i suoi ordini e basta».

Un altra testimonianza rivela che il futuro Guru «creò un gruppo assieme ai dirigenti di prima fascia e lo chiamò “Dream team”. Quelli di seconda fascia li chiamò gli “Argonauti”, ispirandosi a quel gruppo di eroi che erano alla ricerca del vello d’oro».  

Da un punto di vista manageriale in senso stretto il giudizio di Oggiano è però negativo: la Webegg calò a picco e fu venduta a Value Team, a causa delle troppe acquisizioni effettuate anche quando si avvertiva che la bolla della new economy stava per scoppiare. Vengono approvati investimenti per 100 miliardi di lire. 

Ricorda uno dei suoi: Casaleggio «Non badava certo al suo arricchimento personale. Ma si fece prendere dall’entusiasmo e fece una serie di enormi acquisizioni, continuava ad acquistare a prezzi enormi società di cui si infatuava, che con il nostro core business non avevano niente a che fare». 

Diversa la parabola della Casaleggio Associati, fondata nel gennaio del 2004. Fino al 2007 cresce parecchio e comincia a ingranare utili, grazie alla gestione del sito www.beppegrillo.it e alla comunicazione online dell’Italia dei Valori. Da allora, invece, si è progressivamente ridimensionata.

Dal 2008 complice la perdita della gestione della comunicazione online dell’Italia dei Valori, inizierà una piccola ma inesorabile di- scesa delle performance: fatturato e utili caleranno rispettivamente a 1,8 milioni e 310mila nel 2008; a 1,6 milioni e 118mila nel 2009 e a 1,6 milioni e 86mila euro nel 2010. I costi continuano a rosicchiare percentuali sul fatturato (nel 2006 rappresentano il 63%, nel 2011 oltre il 100%), segno della difficoltà di adeguare la struttura alla volatilità del business. Nel 2011, nel pieno della crisi mondiale, l’impresa registrerà ricavi in flessione a 1,4 milioni e andrà in rosso per 57.800 euro. I soci dovranno cedere parte del credito vantato nei confronti della società per utili da distribuire, visto che le perdite non potevano essere assorbite dal patrimonio netto. 

C’è di mezzo la crisi economica ma anche una gestione ancora una volta poco oculata della società. 

L’azienda ha praticamente azzerato la propria cassa. Colpa anche della scelta di destinare ogni anno gli utili ai soci (due milioni totali in 7 anni), anziché reinvestirli nella società stessa. «I soci non hanno mai abbandonato la linea negli anni di abbondanza di distribuire tutto l’utile quale dividendo, rendendo l’impresa meno robusta nell’affrontare mutamenti di mercato», commenta per esempio Emilio Roncoroni, docente di finanza aziendale, fondatore di Politema.

L’analisi di Oggiano va però ben al di là del solo aspetto economico. A essere spiegata molto bene è l’evoluzione del pensiero di Casaleggio, e del percorso che, a partire dalle esperienze manageriali, sue e delle altre società (a partire dall’ammiratissima Ryanair) lo porterà alle sue convinzioni e visioni politiche. «La Rete distrugge ogni intermediazione senza valore aggiunto» è una frase che vale sia per la politica che per l’economia. Alla luce di questa impostazione si comprende meglio lo scontro avuto nel 2012 con Valentino Tavolazzi, poi privato dell’uso del simbolo M5S, che invece insisteva sulle assemblee nazionali fisiche per integrare le decisioni online. 

Il libro parla molto anche di questo, nel suoripercorrere la storia di Grillo e del suo Movimento dalle origini fino allo sbarco in Parlamento. Due sono gli altri temi che vale la pena citare, alla luce dell’attacco hacker che ha portato alla diffusione delle e-mail personali della deputata riminese Giulia Sarti: la ricostruzione delle faide interne al M5S in Emilia Romagna e un precedente caso di violazione delle comunicazioni private.

Un paragrafo chiave si chiama “Chat (rubata) a 5 Stelle”. Riguarda uno dei post più noti del comico genovese, quello del 2 marzo 2012, “Il M5S è morto, viva il M5S”. È il giorno in cui comincia uno dei raduni eretici dei militanti del Movimento, a Rimini, a cui partecipa Tavolazzi. 

Sul post viene pubblicato un estratto da un forum privato, dove alcuni consiglieri del M5S (i cui nomi sono sostituiti dai numeri) si lamentano del ruolo di Grillo e Casaleggio. Grillo attacca i consiglieri e gli organizzatori dell’incontro di Rimini, unendo due fatti tra loro completamente separati, e invita chi non condivide il programma e il “Non statuto” ad andarsene. 

Quello che Oggiano ha ricostruito è che in realtà la conversazione non era tratta da un forum, ma di una chat privata su Facebook, iniziata il 29 gennaio 2012. Uno dei partecipanti l’ha passata a Grillo e Casaleggio a febbraio, che hanno aspettato per pubblicarla la data dell’incontro di Rimini. 

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