Viva la FifaIl Vigorelli rinasce ancora: sarà riaperto nel 2016

Storia dell’impianto che vide trionfare Coppi e che era rinato dalle bombe della guerra

Il Vigorelli ci riprova. Morto tre volte, rinato dalle sue ceneri come un’araba fenice, Milano ora tenta di dargli nuova vita con un progetto avveniristico. Chissà che “il gigante addormentato”, come ormai lo chiamano i nostalgici del ciclismo che fu – e che ha visto i record dell’ora, fra gli altri, di Coppi e Anquetil ma anche il primo concerto italiano dei Beatles – non torni al suo antico splendore.

Che il Vigorelli fosse destinato alla storia del ciclismo, lo si capì tre giorni dopo la sua inaugurazione. Il 31 ottobre 1935, Giuseppe Olmo vi stabilì il record dell’ora. E dire che all’inizio il nuovo velodromo milanese non era stato visto di buon occhio. Fu costruito al posto di un altro impianto, ormai in disuso ma storico, il “Sempione”. Un oltraggio, per una fetta storica del ciclismo italiano. Ma l’idea era quella di dotare Milano di un velodromo moderno e semi-coperto. Ad interessarsi furono la Gazzetta dello Sport, già organizzatrice del Giro d’Italia e Giuseppe Vigorelli, sindaco di Garbagnate e assessore allo Sport del Comune di Milano (già all’epoca andavano di moda i doppi incarichi). Il record di Olmo fece ricredere chi non amava la conchiglia. In quegli anni Milano amava troppo il ciclismo e le vittorie del “Gira” Girardengo trascinavano migliaia di tifosi ad assistere alla rinascita dei pistard italiani, una specialità che la decadenza del “Sempione” stava trascinando con sé.

Fu così che il Vigorelli, prima dei disastri della guerra, ospitò il Mondiale di ciclismo del 1939. Un evento destinato, qualche anno dopo, a passare in secondo piano. Perché la storia è lì che attende l’impianto milanese. La guerra è iniziata, ma c’è un ciclista piemontese che non ha paura delle bombe. Milano è sotto attacco, viene anche distrutta la fabbrica della Bianchi. Il 7 novembre 1942, dopo 116 giri, un “Airone” distrutto dalla fatica non sentì nemmeno la campana che gli annunciava l’ultima tornata. Fausto Coppi batté il francese Archambaud per 31 metri: 45.871 contro 45.840.

Passano due anni e il Vigorelli muore. La conchiglia non resiste più e cade sotto le bombe. «C’erano gocce di fuoco dappertutto. La pista era un anello di fuoco: illuminava l’ erba del prato che sembrava rientrare nelle sue radici. Un inferno». A raccontarlo è Anteo Carapezzi, padre di Adone, storico telecronista. Nel 1946 la rinascita, grazie al commendator Zafferri, che ci mette il “grano” per il legno d’abete delle Alpi e i sacchi di cemento. È l’epoca d’oro dei record dell’ora che si susseguono: Jacques Anquetil (29 giugno 1956, si ripeterà nel 1967) ed Ercole Baldini (19 settembre 1956). Qui Antonio Vigorelli indosserà la maglia iridata nel 1955. Quando morirà, nel 2000, oltre al Famedio il Comune gli concederà la titolazione dell’impianto. Ma ci sono altri eventi storici, nel frattempo, non solo legati al ciclismo. Il 24 giugno del 1965 i Beatles scelgono il “Vigorelli” per il loro primo concerto italiano: Milano è in delirio. Diventerà furia nel 1971, quando dopo pochi minuti verrà interrotto il concerto dei Led Zeppelin: scontri tra pubblico e polizia, palco e strumenti della band distrutti.

Nel 1975 un’altra morte: il “Vigorelli” viene chiuso. Comincia la triste storia del “Gigante addormentato”, che sembra finire nel 1985. In quell’anno Milano è sepolta da una grande nevicata: una delle tettoie del velodromo non regge e cadendo sfascia buona parte del parquet. Il “Vigorelli” muore ancora. Da qui, una lenta agonia con sprazzi di ottimismo qua e là. Nel 1997 alcuni privati lo fanno riaprire per una gara di sci di fondo. Il prato centrale, ricoperto da un tappeto di erba sintetica, ospita da anni gare di football americano e nel luglio 2008 è stato scelto per ospitare una moschea all’aperto, con l’inevitabile strascico di polemiche.

Lo scorso 19 aprile l’ennesima rinascita, anche se sulla carta. Il Comune di Milano ha presentato il progetto vincitore del bando internazionale per la riqualificazione dell’impianto. Il costo dell’operazione sarà di 18 milioni di euro e i tempi di realizzazione, ha spiegato il vicesindaco e assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris, prevedono la stesura del progetto esecutivo per l’inizio del 2014 e il completamento dell’opera «Nell’ambito del 2016». Per quanto riguarda la gestione, sono ancora in campo due possibili soluzioni: diretta da parte del Comune o l’affidamento a terzi, sul modello di quanto avviene con lo stadio di San Siro.

Sarà un centro polifunzionale e che allo stesso tempo rispetterà l’anima del “Gigante”. Il legno della vecchia pista, non più omologata, verrà ospitato in un museo all’interno dell’impianto. Dell’attuale edificio, verranno restaurate la parte centrale sui rettilinei lunghi e soprattutto la facciata storica. Tutto l’impianto sarà avvolto da una sorta di “pelle” esterna composta da pannelli romboidali in alluminio e polietilene e verrà rifatta anche la copertura. La capienza sarà ridotta dagli attuali 8mila posti a 5.570. Il “Gigante” è pronto a svegliarsi. 
 

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