Nelle ore immediatamente successive l’esito di un grande processo (soprattutto mediaticamente parlando) presso la Suprema Corte di Cassazione, cioè l’ultimo grado di giudizio secondo il nostro ordinamento, inizia la girandola dei commenti. Commenti che si fanno ancora più frequenti e virulenti quando la Cassazione pronuncia la formula dell’ “annullamento con rinvio”, che nella lingua corrente vuol dire processo da rifare, o, nel caso di ordinanze dei tribunali, di ordinanze da riesaminare.
Gli ultimi tre processi che hanno catturato l’attenzione dei giornali, e di riflesso del grande pubblico, che hanno visto questo epilogo in Cassazione sono stati i casi dell’omicidio di Garlasco, in cui Alberto Stasi dopo due assoluzioni dovrà tornare davanti ai giudici d’appello; l’omicidio Meredith Kercher, in cui gli imputati Raffaele Sollecito e Amanda Knox dopo una condanna in primo grado e un’assoluzione in secondo, dovranno ripresentarsi al giudizio della magistratura giudicante; vi è poi il processo a carico di Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, già riprocessato e condannato in secondo grado, ora di nuovo al vaglio della Cassazione.
Una formula quella dell’“annullamento senza rinvio”, che scatena sempre osservazioni e polemiche riguardo quei “processi da rifare”. Nello specifico la Cassazione non entra nel merito delle inchieste e dei processi dei gradi precedenti, ma è “giudice di legittimità”, quindi non può occuparsi di riesaminare le prove, bensì può solo verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole.
Quanti sono i processi e le ordinanze in ambito penale che arrivando in Cassazione vengono poi rispediti al mittente? Negli ultimi dodici anni la media, secondo i dati resi disponibili dalla Suprema Corte, è stata dell’ 8,86 per cento. A conti fatti vale a dire che le istanze giudicate dalla Cassazione come da riesaminare sono circa 4.235. Il picco massimo raggiunto nell’ultima decade si è avuto nel 2008 quando il 10,9% dei procedimenti arrivati in Cassazione si è concluso con un annullamento con rinvio.
Nel 2012 le sentenze/ordinanze di annullamento con rinvio disposte dalla cassazione sono state 4.716 su 51.460, cioè il 9,2% sul totale delle sentenze e delle ordinanze emesse.
Interessante è scendere nel dettaglio delle statistiche fornite dalla Suprema Corte di Cassazione. La voce che riporta ai cosiddetti “processi da rifare” è quella riguardante i “ricorsi ordinari”, ovvero il momento in cui avvocati difensori o magistratura inquirente decidono di ricorrere al giudizio della Cassazione, così come accaduto nei casi degli omicidi di Chiara Poggi e Meredith Kercher e per il concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex senatore Dell’Utri, giusto per citarne alcuni tra i più noti e citati in precedenza. Su 22.830 pronunciamenti, la Suprema Corte ha ordinato un nuovo processo in 1.856 casi, cioè nell‘8,1% sul totale
Il numero di procedimenti (non solo processi, ma anche istanze di altro tipo, come detto sopra) più alto arriva in Cassazione principalmente da reati come delitti contro il patrimonio e stupefacenti, ma ad avere maggiori ripercussioni sul sistema, con frequenti annullamenti con rinvio, sono i delitti riguardanti delinquenza ordinaria e mafiosa che tornano al vaglio dei giudici nel 19,6% dei casi, sulla circolazione stradale (19,4%) e nei casi di omicidio e omicidio (12,2% di annullamenti con rinvio) e lesioni colpose (15,9%).
«Ogni processo è un caso a sé – dice a Linkiesta un addetto ai lavori – non è possibile generalizzare sui casi di annullamento con rinvio. Certo, per esempio il caso di Garlasco è rarissimo, in quanto si verifica pochissime volte che con due assoluzioni alle spalle la Cassazione si pronunci con un rinvio in Appello». Un caso raro che pone interrogativi anche sulla qualità di certe indagini, aspetto su cui la Cassazione certo non può entrare, ma che nella requisitoria del procuratore generale Aniello in aula durante l’udienza del caso Garlasco è stato ampiamente trattato.
«Il primo rinvio di dieci giorni – riferisce una fonte giudiziaria a Linkiesta – è stato sicuramente un atto che ha permesso ai giudici della Cassazione di iniziare a impostare l’impianto motivazionale della sentenza, che probabilmente non uscirà tra molto, vista anche l’urgenza di tornare al giudizio d’appello».
Casi rari quelli dei due gradi di giudizio passati con un’assoluzione che vedono poi la Cassazione pronunciarsi per una riapertura del processo. Uno dei precedenti illustri prima del caso di Garlasco è stato quello di Amedeo Matacena, ex deputato calabrese di Forza Italia: assolto nei primi due gradi di giudizio dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, la Cassazione ribaltò i verdetti ordinando un nuovo processo, in cui Matacena è stato condannato in appello a 5 anni nel luglio 2012, e ora si attende, di nuovo, la pronuncia della Suprema Corte.
«Justice delayed, justice denied» (giustizia tardiva, giustizia negata), recitava una massima della corte suprema americana del 1999. E in Italia tra cause penali e cause civili non ci facciamo mancare nulla, eccetto la giustizia, dove tutto diventa appellabile, e dove la corte di Cassazione assorbe 80mila casi l’anno. Basti pensare che la Corte Suprema statunitense ne riceve invece 80, forse facendo un giro di vite fin troppo stretto in materia penale, ma più efficienti di noi sono anche Regno Unito, Germania e Francia.
Come scrive il costituzionalista Michele Ainis «siamo il Paese del bicameralismo perfetto, del ricorso imperfetto. E in entrambi i casi c’è una norma costituzionale a proteggere l’ossimoro. Quanto alla giustizia, la contraddizione alberga nell’art. 111 della Carta, scritto nel 1947 ma riformulato dal centrosinistra nel 1999. Vi si legge, da un lato, che ogni processo deve avere una durata ragionevole; dall’altro, che ogni sentenza penale può venire impugnata in Cassazione. Come diceva Camus, l’assurdo è un peccato senza Dio».
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