Predire l’esito delle elezioni con il web? Non è utopia

Il voto e i motori di ricerca

Proviamo ad immaginare che il giorno prima delle elezioni del 24-25 febbraio abbiamo scommesso pizza e birra con un amico sull’esito delle elezioni e che abbiamo a disposizione solamente due fonti di informazione: i sondaggi e le informazioni sull’attività di ricerca sulla rete degli italiani.

Sono entrambi elementi a cui possiamo accedere gratuitamente e facilmente. Vediamo come possiamo combinarli per aumentare le probabilità di aggiudicarsi la scommessa.
I sondaggi sono sempre una buona base di partenza per predire l’esito delle elezioni, ma si dice che molti italiani abbiano deciso cosa votare nelle ultime due settimane, lasciandosi trasportare dall’onda del successo del M5S, dal calo del Pd e dalla delusione di Scelta Civica. Le ultime due settimane sono però quelle del silenzio dei sondaggi, per cui non è possibile accedere a informazioni aggiornate sulle intenzioni di voto (in quelle settimane, sono disponibili alle forze politiche e ai giornali dei sondaggi “privati” che però non possono essere pubblicati).

E’ possibile osservare, in maniera più semplice e gratuita, questi cambiamenti dell’ultima ora? La risposta saggia sarebbe: probabilmente no. Ma, determinati a vincere la nostra scommessa, vogliamo provare a giocare con uno strumento attraverso il quale gli elettori sempre più si informano, la rete.
Uno dei modi principali di informarsi attivamente in rete è il motore di ricerca web più diffuso: Google. Attivamente vuol dire che gli utenti possono scegliere cosa cercare (è una forma più aperta di informazione rispetto a un quotidiano, perché non pone un limite alle diverse “query” di chi cerca). Questo vuole anche dire che possiamo rilevare con una certa precisione cosa e quanto viene cercato dagli italiani sulla rete (grazie a Google che mette a disposizione gratuitamente le informazioni).

La figura 1 qui sotto ci fornisce un primo quadro di quanto gli italiani abbiano cercato informazioni sui leader dei principali schieramenti politici nel mese di febbraio 2013 (ci interessano le settimane precedenti alle elezioni).

Figura 1- Ricerche con google sui nomi Berlusconi, Bersani, Grillo, Monti

Come emerge chiaramente dalla figura 1, il livello dell’intensità di ricerche su Google dei nomi dei principali candidati premier non riesce a predire il risultato uscito dalle urne. E di questo non c’è da stupirsi. Infatti, nonostante il volume di ricerche su Google sia un ottimo strumento per raffinare le previsioni rispetto ad alcuni fenomeni (per esempio, riguardo ai prezzi delle abitazioni, alla disoccupazione, allo svilupparsi di forme influenzali, etc.), questo strumento non riesce sempre ad aggiungere informazioni quando si parla di elezioni (1).

Sebbene quindi i valori che indicano il livello del volume di ricerche dei nomi dei leader delle coalizioni non siano molto informativi, la variazione nelle ultime settimane potrebbe esserlo e potrebbe fornirci quell’informazione mancante sul movimento delle intenzioni di voto che il silenzio dei sondaggi non può fornirci.

Sempre nella figura 1, osserviamo che le ricerche sui principali leader nel corso dei giorni precedenti le elezioni sono cresciute rispetto alle ricerche effettuate nella prima settimana di febbraio (alla fine della quale è scattato il silenzio dei sondaggi). Tranne che nel caso di Berlusconi, che ha alcuni picchi corrispondenti a dei momenti caldi della campagna elettorale. Osserviamo inoltre che Grillo, l’uomo della rete, ha un volume di ricerche sempre superiore agli altri candidati, ma ha anche un’esplosione di ricerche proprio nella settimana prima delle elezioni. Bersani e Monti invece sono relativamente meno ricercati, anche se si nota un lieve aumento nei giorni precedenti al voto. 

C’è una relazione fra l’aumento del volume di ricerche sul web nelle ultime due settimane e la deviazione fra i risultati del voto e le previsioni dei sondaggi effettuati prima del silenzio?
La figura 2 cerca di mostrare questa relazione. La barra rossa indica la variazione nel numero di volte che è stato digitato il nome del leader su Google (media giornaliera della variazione dell’indice del volume di ricerche tra la settimana 16-22 febbraio e la settimana 2-8 febbraio, misurata sull’asse verticale di destra); mentre la barra blu mostra la differenza tra la percentuale di voti ottenuti alle urne e la media delle previsioni fornite dai sondaggi “pre-silenzio” (variazione in punti percentuali e in valore assoluto, riferita al voto alla Camera e misurata sull’asse verticale di sinistra) (2) . 

Figura 2 – Ricerche su google e scarto fra sondaggi e percentuali di voto

Le due scale di valori non sono direttamente comparabili (poiché Google fornisce un indice normalizzato del volume di ricerche), ma si nota una relazione positiva tra le due variazioni: più aumentano le ricerche su Google (cioè più aumenta l’attenzione, la ricerca di informazioni) sui candidati, più aumenta lo scarto tra i voti effettivamente ottenuti e le previsioni dei sondaggi.

Per Grillo il boom nell’aumento delle ricerche corrisponde ad un aumento dello scarto fra i voti e i sondaggi. All’estremo opposto, per Berlusconi una lieve variazione (negativa) nelle ricerche è associata a uno scarto molto basso voti-sondaggi. Per Bersani e Monti la variazione debole (ma positiva) delle ricerche sulla rete corrisponde a un scarto voti-sondaggi (importante ma inferiore rispetto a quello per il M5S).

Tuttavia, lo scarto per Bersani e Monti è stato negativo, cioè per entrambi la percentuale di voti effettivi ottenuti è stata minore delle percentuali previste dagli ultimi sondaggi. Più precisamente, sembra quindi che all’aumento delle ricerche su Google sia associata una maggiore deviazione del voto rispetto alle previsioni disponibili con gli ultimi sondaggi, indipendentemente dalla direzione di quest’ultima.

Certamente, si può sempre dire che l’informazione dei sondaggi non è accurata (soprattutto perché è difficile catturare forze nuove come il M5s) o che l’informazione sul volume di ricerche su Google non è adatta allo scopo. Ma se accettate l’idea che molti elettori cambino idea nelle ultime fasi della campagna elettorale, e volete scommettere con i vostri amici sui prossimi risultati, guardate prima Google. Le vostre chances di vincere pizza e birra, pare, aumentino. Dovete solo capire da che parte tira il vento: cioè dovete intuire se lo scarto tra il voto e le previsioni fornite dai sondaggi, sarà positivo (come per esempio nel caso del M5S) o negativo (come nel caso delle coalizioni di Bersani e Monti).

PS: Se invece volete fare un lavoro più accurato, scriveteci prima, ci potrebbero essere alcuni problemi.
 

(1) Per esempio si veda On the Predictability of the US elections through search volume activity uno studio sulle capacità predittive del volume di ricerche su google nel contesto delle elezioni negli USA
(2) La media degli ultimi sondaggi è stata calcolata per coalizione usando i seguenti sondaggi: SWG (8 febbraio), Demos & Pi per La Repubblica (4-6 febbraio), PO/3G Deal and Research S.r.l per Corriere della Sera (4-5 febbraio), Ipsos (6 febbraio), Tecne (5 febbraio), Euromedia (3 febbraio).

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