È opinione comune che l’Italia abbia vinto la finale del Mondiale del 2006 perché rispetto ai francesi aveva più “fame”. I transalpini schieravano giocatori che si erano già coperti di gloria e trofei. La nostra, invece, rischiava di passare alla storia come una generazione grande ma perdente. Una situazione che ricorda da vicino quella del Bayern Monaco. Dopo due finali perse in 3 anni, di cui ad essere stata dolorosa è stata soprattutto la seconda in casa sfuggita ai rigori contro il Chelsea, i bavaresi hanno fatto capire ieri sera una cosa: chi avesse più fame tra loro e quel Barcellona che da anni si porta addosso l’etichetta di squadra più forte del mondo. La sazietà dei campioni blaugrana, protagonisti di un ciclo fantastico, sembra davvero al culmine.
La semifinale d’andata di Champions League all’Allianz Arena pare aver certificato un nuovo status. Il modello del Barcellona, quello del Tiqui Taca e della squadra che fa tremare il mondo, si sta facendo soppiantare da un nuovo paradigma: quello rappresentato dal Bayern Monaco. Non solo in campo – e la partita di ieri sera ne è un esempio lampante – ma anche a livello economico. Non a caso, l’ex tecnico dei blaugrana Pep Guardiola il prossimo anno siederà sulla panchina dei bavaresi. Ed ha già ordinato alla dirigenza tedesca il primo piatto di un menu che nell’imminente calcio mercato si preannuncia ricchissimo: Mario Gotze, preso dal Borussia Dortmund per 37 milioni di euro.
Cominciamo dal campo. «Abbiamo giocato la gara perfetta, abbiamo lottato ogni metro. Non abbiamo concesso loro spazi per giocare, hanno avuto soltanto un paio di occasioni questa sera». Pensieri e parole di Arjen Robben, esterno d’attacco del Bayern. Ve lo ricordate Michael Ballack? Nel 2002 riuscì nell’impresa di perdere Champions e Coppa di Germania con il Bayer Leverkusen e la finale Mondiale con la Germania, passando alla storia come uno dei giocatori più incompiuti (e per molti sopravvalutato) della storia di questo sport. L’olandese Robben ne sta ricalcando le orme: nel 2010 perse la “Coppa dalle grandi orecchie” a Madrid contro l’Inter e dopo circa un mese dovette lasciare la Coppa del mondo nelle mani della Spagna. Lo scorso anno gli sfuggì la Champions proprio all’Allianz e la Bundesliga andò al Borussia Dortmund anche per colpa di un suo rigore sbagliato nello scontro diretto al Westfalenstadion. Ora che la sua terza finale personale di Champions è a portata di mano, non vuole lasciarsela sfuggire. Sulla destra, Robben ha fatto impazzire tutti, segnando anche un gol grazie al “blocco” del compagno Muller. Dall’altra parte, un Barcellona che ormai sappiamo tutti come gioca: possesso palla esasperato e quella che si configura come tanta prevedibilità.
I primi scricchiolii del modello blaugrana si erano visti nella partita d’andata degli ottavi contro il Milan. «Il Barcellona ha dato peggior prova di sé. La partita contro il Milan ha dimostrato che questa squadra non sa uscire da uno schema fatto di statistiche impressionanti ma poche conclusioni. A San Siro hanno fatto il 70% di possesso palla ma zero tiri in porta» spiegava, dopo il 2-0, a Linkiesta Michele Dalai, autore di “Contro il Tiqui Taqa” (Mondadori). Anche le statistiche di ieri sera fanno pensare: il Barcellona ha totalizzato il 66% di possesso palla e un tiro in porta, contro gli 11 dei bavaresi. E oggi i giornali spagnoli sono lì a chiedersi «Estuvo Messi?», (“c’era Messi?”). L’argentino è reduce da un infortunio muscolare e il Bayern non si è dovuto nemmeno prendere la briga di ingabbiarlo intercettando tutti i passaggi verso il 4 volte Pallone d’oro. È bastata la furia agonistica dei tedeschi. Insomma, la derrota, la sconfitta, di ieri può essere sintetizzata in uno scontro che è prima “filosofico”: Tiqui Taca contro Sturm und drang.
Poi ci sono i bilanci. Tre anni fa, quelli del Barça furono oggetto di contesa tra la presidenza uscente di Joan Laporta e la nuova guidata da Sandro Rosell. Il 22 settembre 2010, il nuovo consiglio d’amministrazione ripresentò il bilancio, tenendo conto dei rilievi e delle osservazioni fatte dai revisori di Deloitte, presentato il 1° luglio dagli amministratori uscenti. Nella prima versione, redatta dalla «Junta Directiva» di Laporta, si esponeva un utile ante imposte di 8,99 milioni di euro, mentre nella versione «riveduta e corretta» dalla Junta Rosell il bilancio presenta una notevole perdita pari a 79,6 milioni di euro ed un patrimonio netto negativo per 59,1 milioni. Nonostante il club valga, secondo Forbes, 2,6 miliardi di euro ed abbia incassato 320 milioni di euro da quando esiste la Champions League, il bilancio ha qualche problema. Real e Barcellona, le due big del calcio spagnolo, fatturano 1 miliardo di euro all’anno, ma hanno 500 milioni di debiti. I blaugrana dipendono ancora troppo, come in Italia, dai diritti tv: il 37% dei ricavi (483 milioni) arriva dalla televisione. E l’indebitamento, vicino ai 400 milioni, dipende dagli investimenti nel settore immobiliare. Per rimediare, per la prima volta a partire dalla prossima stagione la mitica maglia blaugrana sarà “sporcata” dal nome di uno sponsor, la Qatar Airways, in cambio di 170 milioni di euro.
«Non spendiamo mai più di quanto incassiamo. Eccola filosofia del Bayern Monaco, nelle parole del presidente Franz Beckenbauer. I 37 milioni spesi per Goetze sono in linea con questa filosofia, che prevede più ricavi da stadi di proprietà e merchandising e meno dipendenza dai diritti tv. Se si guarda l’ultimo bilancio datato 30 giugno 2012, il Bayern ha un fatturato di 373 milioni di euro: 57 vengono dal merchandising. Il Bayern ha chiuso il bilancio in attivo: +11 milioni, con gli azionisti che si sono spartiti un dividendo totale di 5,5 milioni. I ricavi nelle voci sponsorizzazioni e marketing sono stati di 82,3 milioni di euro (24,7% sul totale dei ricavi). I diritti Tv e radio (senza contare la Champions League) hanno fruttato 37,6 milioni (11,3% sul totale dei ricavi). E poi ci sono i 120 milioni dell’Allianz Arena.
La prossima settimana, il Barcellona dovrà lasciar passare il Bayern verso la finale di Wembley. La vera Remuntada comincerà subito dopo la semifinale di ritorno. In campo e non solo.