Salone, l’Italia migliore arreda le case del mondo

Viaggio in fiera per scoprire il futuro obbligato del made in Italy

Alla porta Sud della Fiera di Rho una ragazza con gli occhi a mandorla regge un cartello rosso. Aspetta l’arrivo dei manager della Snover, un’azienda cinese «interessata», dice, «al commercio di illuminazioni». Studia in Italia ma è nata in Cina. E, ormai bilingue, fa da guida tra gli stand.

Poco più in là, emozionati come fossero in gita scolastica, i manager della cinese Red Star Macalline si mettono in posa per una fotografia. Wang Zhand, l’unico che parla inglese su un una trentina di persone, è al suo primo Salone ma assicura che la compagnia ci è già venuta in passato. «La Red Star Mecalline è una catena di 120 negozi di arredamento sparsi per tutta la Cina» spiega. Consegna il biglietto da visita con entrambe le mani, in perfetta etichetta cinese, poi saluta e raggiunge in fretta il resto del gruppo.

I manager della Red Star Mecalline cinese

Sono le 10:30 del primo giorno di fiera e al salone del Mobile di Milano arriva il resto del mondo. Cina e Thailandia, ma anche Brasile, Germania e Scandinavia sono i più citati dagli espositori che nel primo giorno di fiera osservano gli andirivieni di clienti e agenti. Ma basta un solo colpo d’occhio all’ingresso per capire che “il resto del mondo” si sta spostando velocemente verso Est. E a far due chiacchiere con gli operatori del Salone l’argomento forte del momento non può che essere questo: come raggiungere il “nuovo mondo”. Perché se il mercato interno diventa sempre più debole, gli obiettivi devono concentrarsi all’estero.

«Dimentichiamoci la parte del colonizzatore»

«Colpire forte su tutti i continenti, è l’unica». Il manager Luca Vivanti non ha dubbi. L’azienda per cui lavora, la Zaccariotto, fa cucine dal 1958 nella marca trevigiana, e «sta in piedi», spiega, «ormai solo grazie al mercato estero». Perché quello italiano, racconta con pragmatismo tutto veneto «sta crollando a botte di 30 per cento all’anno». Come si reagisce? «Mai fossilizzarsi su pochi paesi in periodo di crisi, è troppo rischioso». Nel prontuario di Ziani per la sopravvivenza della Zaccariotto e la conquista dei mercati esteri, non c’è solo questo. «Design, originalità, prezzo corretto e professionalità», snocciola. E sempre fedeli allo stile italiano, «che questa è l’unica cosa che ci resta da vendere».

Mentre parla lo raggiunge un’agente. Stretta di mano vigorosa e chiacchiere da vecchi amici. Marco Ziani vive in Russia dal ’98 e dal 2004 lavora con Vivanti. Ha anche lui la sua ricetta per la conquista dei mercati. «Sempre a disposizione del cliente», dice. Vivanti si illumina e coglie l’occasione per un’ultima dichiarazione: «Le aziende italiane devono capire che non si tratta più di colonizzare il resto del mondo. All’estero bisogna andare con umiltà. Perché al massimo, sono loro che colonizzano noi».

Missoni e l’arredo di interi palazzi nei Brics

«È stato uno spostamento più veloce di quanto pensassimo», ride Carlo Torrani,uno dei responsabili del marketing della T&J Vestor Spa, il distributore esclusivo di Missoni Home. «Il nostro export è ora pari al 90 per cento». E non tanto per la crisi economica, perché «Missoni si rivolge a clienti di alta fascia, dove la crisi sta colpendo meno». È piuttosto una questione di «cultura», spiega Torrani. Sembra paradossale, ma «è all’estero che sono culturalmente più pronti a capire che un cuscino curato e di alta qualità può costare anche 500 euro», dice. Una nuova clientela di fasce d’età piuttosto bassa e «che viaggia costantemente per il mondo», capaci quindi di accogliere in casa propria il design italiano e rinunciare alla tradizione locale.

Lo spazio espositivo di Missoni Home

Quello delle case di alta moda italiane che aprono un settore home è uno dei fenomeni più recenti dell’arredo italiano. E conta per ora le firme di Armani, Versace, Fendi e, appunto, Missoni. All’estero penetrano non solo con punti vendita e commercializzazione dei propri prodotti, ma con intere operazioni immobiliari. «I centri di real estate investor locali ci affidano operazioni di brandizzazioni di intere residenze private», spiega Torrani. Palazzi costruiti e poi affidati a Missoni Home piuttosto che Armani Casa per disegnare da cima a fondo una proposta di arredo degli appartamenti con prodotti e stile “di marca”. L’ultimo progetti di questo tipo di Missoni sono stati a Manila, nelle Filippine, mentre sono ora in discussione interventi in India e negli Stati Uniti.

«Il vero problema con l’estero», spiega Torrani, «non è tanto trovare investitori locali pronti a mettere i soldi su un marchio unico e con poca concorrenza come il nostro», dice. «Il punto è trovare persone competenti, che abbiano le conoscenze giuste per rappresentare il brand in modo adeguato, coi contatti giusti, la sensibilità adatta a organizzare un negozio e a disporre gli oggetti». In Cina, racconta, hanno trovato subito un partner pronto a mettere i soldi per 30 negozi monomarca Missoni. «Ma abbiamo dovuto gestire noi dall’Italia tutto il lavoro di scelta dei prodotti e la loro disposizione in negozio». Pacchetti pronti per chi ha ancora non mastica bene il design.

Nikita, Karen e i giovani asiatici in fiera

Karen Su, la prima a sinistra, della Bonze Enterprise Ltd di Taiwan a un tavolino con le colleghe

Sono soprattutto giovani gli asiatici che arrivano in fiera, osservano, e imparano ad apprezzare il design italiano. Karen Su, una ragazza sulla trentina siede a un tavolino della fiera insieme alle colleghe. È di Taiwan ed è la sesta volta che partecipa al Salone. Lavora per la Bonze Enterprise Ltd, azienda che vende arredamento di alta qualità, «premium», dice, ed è la marketing manager. Parla inglese fluente e dice di essere qui «per vedere gli ultimi trend», osservare i «nuovi materiali, le forme e le linee delle case italiane». Oltre al Salone del mobile di Milano frequenta ogni anno anche l’Imm Cologne, la fiera internazionale dell’arredamento di Colonia, la seconda al mondo dopo quella milanese. Sfoggia competenza quando le chiedi cosa ha visto questa mattina. Riflette, stringe gli occhi, poi decisa: «Mi è piaciuto molto Fendi, perché ha un’allestimento fatto di diversi scenari, ha creato atmosfere. Mi sono piaciuti i diversi tipi di tessuti usati ma soprattutto gli accostamenti». Importare lo stile italiano a Taiwan «è facile», dice. Soprattutto con le applicazioni di nuova tecnologia.

Nikita Shah, con il marito e l’architetto che li aiuta a scegliere l’arredamento della loro casa indiana

Nikita Shah è una giovane ragazza indiana. Viene da Mandawa ed è in fiera col marito per scegliere l’arredo della sua nuova casa. Li accompagna Jinesh Dhruv, architetto di 99studio. Racconta che ogni anno porta al Salone del mobile tre o quattro coppie e le aiuta a scegliere l’arredamento per la loro casa. «Una cosa sempre più frequente» nella sua città, spiega. Nikita ha apprezzato molto l’esposizione di Fendi, proprio come Karen.

Rompere il ghiaccio col “nuovo mondo” 

Presente in più di 50 paesi del mondo, Fendi porta in fiera hostess madrelingua cinesi. «I nostri mercati principali sono l’Asia – Cina in testa – e l’Europa, nonostante la crisi», spiega Giovanna Golnelli, responsabile marketing del gruppo. «Con la novità di India e Brasile», aggiunge. Poi, entusiasta, elenca le nazionalità del suo gruppo di lavoro: due ragazze cinesi – una in Italia e una operativa sul posto-, una russa e una sudamericana. 

Per affacciarsi con successo al resto del mondo, il gruppo Lema ha chiamato nel 2010 un nuovo direttore marketing ed export manager. Si chiama Mario Morelli e racconta di essere arrivato in azienda in piena crisi del mercato interno. «Quello che per noi, specializzati in sistemi componibili come armadi o librerie, resta sempre il mercato principe». Calato del 30 per cento negli ultimi tre anni. La strategia adottata da Morelli è stata introdurre una linea di divani, messa quest’anno proprio all’ingresso principale dello stand. «L’imbottito è un ottimo modo per rompere il ghiaccio, è più export oriented», spiega. «Poi, una volta creata la clientela all’estero e un buon network di negozi, possiamo portare anche prodotti più complicati da vendere come gli armadi componibili».

Alcuni clienti di lingua portoghese nello stand di Lema

Se la Germania resta uno dei primi importatori di prodotti Lema, Cina e India stanno diventando sempre più «appetibili». Perché è qui che «si forma la nuova middle class che crea il mercato», dice Morelli. E per lui, che lavora nel settore ormai da trent’anni, non ci sono dubbi: il Salone del Mobile di Milano è ancora «l’unica cattedrale», la chiama, «in cui celebrare riti validi anche per il resto del mondo». «Forza, muscoli e cervello» restano qui, a Milano, dove «nasce il 70 per cento delle relazioni internazionali».  

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