Ancora venerdì e ancora sciopero nazionale dei mezzi pubblici. Le sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporti, Faisa Cisal e Sul lo hanno proclamato sottolineando nuovamente il mancato rinnovo del contratto di lavoro per i 116mila dipendenti del settore, scaduto da oltre cinque anni.
«Ormai è un rituale» commenta Andrea Boitani docente di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano. Che in un momento di impasse politica sottolinea la singolarità «di uno sciopero fatto anche in assenza di un interlocutore». Dopo cinque anni di proteste la situazione è arrivata a uno stallo che solo un nuovo governo potrebbe sbloccare. «La ragione dello sciopero dei trasporti pubblici è una sola» spiega Boitani. «Le imprese non hanno i soldi».
«Se si tagliano le risorse» come è avvenuto con la manovra dello scorso anno «dopo più di un decennio in cui i contratti venivano rinnovati solo con un aumento dei finanziamenti pubblici, si arriva a un blocco. E il problema per le imprese diventa quello di trovare nuove risorse» spiega Boitani. Una situazione che attraversa tutto il paese, con criticità forti come quella dell’Anm di Napoli, i cui autobus sono rimasti senza benzina a fine gennaio, o l’Atac di Roma «che ogni anno ha perdite tra i 150 e i 170 milioni di euro circa» spiega il professore.
E le soluzioni, secondo Boitani, a questo punto diventano due. O il prossimo governo decide di erogare più risorse. Oppure «si deve intervenire sulla produttività. Ma per farlo occorre un nuovo contratto di lavoro». Ecco lo stallo: «Ad oggi non sembra che ci sia la disponibilità da parte dei sindacati a firmare un nuovo contratto collettivo nazionale senza lo stanziamento di nuovi finanziamenti pubblici».
Insomma, i sindacati non firmano il rinnovo del contratto nazionale senza nuove risorse. Ma senza Ccnl non si può intervenire sull’organizzazione interna della aziende e provare a recuperare in questo modo risorse che evitino quel che più preoccupa i pendolari: un aumento delle tariffe, tagli ai servizi, e l’azzeramento degli investimenti nelle infrastrutture e nel parco dei mezzi.