Se Bpm diventa una Spa i dipendenti pagano più tasse

I documenti riservati allo studio

Nel gruppo Banca Popolare di Milano sale la tensione in vista dell’assemblea di fine giugno che sarà chiamata a votare il progetto di trasformazione in società per azioni (Spa), fortemente voluto dal presidente del consiglio di gestione, Andrea Bonomi. Secondo quanto risulta a Linkiesta, starebbero cominciando a circolare, all’interno dell’istituto di credito di Piazza Meda, documenti e bozze di varia natura che metterebbero in guardia dal piano di Bonomi, tendendo a sottolinearne eventuali controindicazioni.

Uno di questi riguarderebbe il trattamento fiscale delle azioni gratuite che, con il nuovo progetto, premetterebbero ai dipendenti di compartecipare ai risultati della banca. Va infatti ricordato che in corrispondenza della trasformazione in Spa di Bpm il progetto prevede la creazione di una Fondazione, a cui dovrebbe essere conferita una quota del 10% della banca milanese, che disporrà di una dote di 10 milioni e che potrà anche beneficiare del 5% degli utili netti dell’esercizio precedente.

In vista del grande cambiamento, quindi, nell’ultima riunione, il consiglio di gestione di Bpm, tra le altre cose, ha approvato «la proposta di compartecipazione dei dipendenti ai risultati della mediante l’assegnazione gratuita» di titoli agli stessi, che a sua volta avrà luogo, «ai sensi dell’articolo 2349 del codice civile, mediante un aumento del capitale sociale gratuito riservato ai dipendenti con l’emissione di complessive 358,8 milioni di azioni, rappresentative fino a un massimo del 10% del capitale della banca post-aumento gratuito». Ora, il problema sollevato da chi comincia a mettere in discussione il progetto di trasformazione in Spa ideato da Bonomi, azionista di controllo dell’istituto di credito all’8,6% attraverso veicoli riconducibili al suo private equity Investindustrial, è che, a determinate condizioni, chi riceverà queste azioni gratuite dovrà pagarci sopra le tasse. 

In un documento consultato da Linkiesta, in particolare, si sottolinea che il trattamento fiscale è regolato dal Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi), secondo cui il valore delle azioni offerte ai dipendenti non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente a condizione che le azioni siano offerte alla generalità dei lavoratori, abbiano un valore complessivamente non superiore a 2.065,83 euro per ciascun periodo d’imposta, non siano cedute prima che siano trascorsi tre anni dalla percezione e non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro.

Viceversa, ad esempio, se il valore delle azioni assegnate nel corso del periodo d’imposta supera quota 2.065,83 euro, l’eccedenza concorrerà a formare il reddito di lavoro dipendente, “con relativa tassazione in Irpef e prelievo contributivo”. Nel caso in cui dovessero pagare le tasse sui titoli ricevuti gratuitamente, riesce difficile pensare che i dipendenti di Bpm, in molti casi anche azionisti della banca, siano entusiasti all’idea di passare dallo status societario di cooperativa basata sul voto capitario, dove una testa equivale a un voto e tutti i soci sono uguali, a quello di Spa, dove almeno in linea di principio chi ha più titoli ha anche in mano il controllo (e chi vuole cedere le proprie quote ha più facilità a monetizzare l’investimento se si tratta di partecipazioni importanti, come ad esempio nel caso di Bonomi).

In ogni caso, per conoscere quale sarà il destino della governance di Bpm bisognerà attendere il 21 e il 22 giugno, quando i soci, in assemblea straordinaria, saranno chiamati a deliberare sia sulla trasformazione in Spa, sia sull’aumento di capitale da 500 milioni necessario per rimborsare le obbligazioni Tremonti bond.
 

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