Se la meritocrazia porta con sé la disuguaglianza

Il dibattito in America

Uno studio presentato di recente dalla Brookings papers on economic activity evidenzia (con un linguaggio un po’ confuso) che l’aumento della disuguaglianza nei redditi è in molti casi costante, e non il risultato dell’instabilità nello stipendio percepito da un anno all’altro. Ned Resnikoff ha scritto un post in cui collegava questo studio alle recenti discussioni politiche sul tema delle opportunità, e ha concluso, con un tweet, che l’America non è per niente meritocratica.

Meritocrazia è un concetto confuso, e come Tim Noah ha spiegato in un studio pubblicato più di dieci anni fa, questo basta a dimostrare che l’idea di meritocrazia è sopravvalutata. Se si considerano alcuni campi in cui il concetto di “merito” è piuttosto ben definito – il golf professionale, ad esempio – quello che si nota è una distribuzione tutt’altro che uniforme dei guadagni. 

L’abilità di giocare a golf è distribuita in modo piuttosto irregolare. L’intero gruppo di persone che praticano golf è piuttosto grande, e la maggior parte di loro lo fa in perdita. Solo una stretta minoranza di persone guadagna soldi giocando a golf, e una sottocategoria ancora più stretta di bravi giocatori di golf domina i rendimenti dei tornei. La cosa è allo stesso tempo molto meritocratica e per nulla egualitaria.

Ma è anche vero che anche se il golf è una meritocrazia dove vincono solo i migliori giocatori, presenta anche molte barriere strutturali alle opportunità. Molti ragazzi non hanno alcuna possibilità di migliorarsi. E questo può essere perché i loro genitori non hanno abbastanza soldi, o semplicemente perché gli stessi genitori odiano il golf.

Ma se rimuovessimo queste barriere – prevedendo, diciamo, un programma universale di allenamento al golf ben finanziato, il risultato finale sarebbe una disuguaglianza ancora maggiore negli stipendi dal momento che il mercato del golf diventerebbe più spietato e efficiente.

Resta il fatto che se si tassano gli stipendi dei giocatori di golf e si danno i soldi alle persone più povere, aumenta la somma totale della letizia nel mondo. Se trovi il modo di raccogliere la stessa quantità di denaro dai giocatori ricchi ma lo fai soprattutto tassando i consumi dei golfisti, allora fai un lavoro ancora migliore.

Un concetto che diventa ancora più chiaro se si pensa alle disabilità fisiche. Di fatto, noi aiutiamo le persone cieche, o che hanno perso una gamba in Iraq o che sono nate con un malattia congenita al cuore non perché colleghiamo queste scelte al principio di merito, ma piuttosto perché le persone che non hanno “merito” nel vedere o nel camminare o che muoiono bambini per problemi di cuore sono persone che hanno bisogno di aiuto. 

Eppure, molte persone soffrono di problemi meno visibili, come una debolezza genetica per l’alcolismo o l’intelligenza sotto la media, che affligge il 50 per cento della popolazione. Anche queste persone dovrebbero poter avere una bella vita. Ma una società piuttosto egualitaria, in cui ognuno gode di un alto standard di vita, è diventata tale quasi certamente perché non lotta per trasformare l’impietosa meritocrazia dell’associazione di golf professionistica in un modello di società. 

(traduzione di Silvia Favasuli)

Articolo di Matthew Yglesias originariamente pubblicato su Slate

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