Se l’arte della trattativa fa rima con “inciucio”

Giovanna Cosenza: "Scendere a patti è inevitabile in ogni fatto umano"

«Salire a un compromesso». Sembrava uscita da chissà dove quell’«ascesa in politica» del professor Monti che tanto stupì i giornalisti e non solo. E invece, altro non è che la rielaborazione casereccia di uno dei must dei corsi di comunicazione.

Già, perché quando ti insegnano l’abc della mediazione, c’è una parola che campeggia al centro: «compromesso», immancabilmente accompagnata dal quel gioco di “sali e scendi” che non vuole portare ad altro che a questa idea: ogni trattativa è fatta di compromessi: senza non c’è possibilità di giungere a soluzione.

«Le parole nascondono mondi», incalza Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e teoria dei linguaggi all’Università di Bologna. «E se oggi sentire la parola “compromesso” ci fa pensare subito a qualcosa di losco, a un bosco intricato, è perché c’è un accumulo progressivo di cose che ha sporcato la politica, e di conseguenza le trattative che porta con sé».

Eppure, continua Cosenza, «proprio lo stallo in cui ci troviamo dimostra la necessità di una mediazione, che è inevitabile in politica come in ogni altra cosa umana». E se quindi oggi lo Spiegel tedesco sgrida i nostri politici accusandoli di aver perso l’arte della trattativa, non c’è di che restare straniti. «Democrazia è compromesso», dice Cosenza. «Dove ci sono tante voci, tanti interessi, tanti partiti, tante aspettative e tanti bisogni, come posso trovare un accordo senza mediare, senza rinunciare o concedere?»

«Un compromesso può essere fatto anche da due criminali che si spartiscono il bottino», continua Cosenza, «ma questo non significa buttare via l’idea di mediazione in sé». «Nemmeno una coppia saprebbe restare insieme se non fosse pronta a risolvere i contrasti cedendo e concedendo ogni volta qualcosa. È la normalità, è ciò che suggerisce anche, banalmente, il senso comune», spiega. 

Una normalità che pare invece sempre più straordinaria. E che dà piena dimostrazione di sé, sostiene Cosenza, in quella diretta streaming dell’incontro tra Bersani e i leader del Movimento 5 Stelle. «Un’occasione mancata per comunicare qualcosa di nuovo, e in realtà solo la registrazione di non comunicazione tra le due parti». Dove la trattativa portata avanti da Crimi e Lombardi, spiega Cosenza «è stata su due piani».

Perché da un lato «i grillini si dicono disponibili e votare le singole proposte, ma dall’altro devono negare la fiducia al governo guidato da Bersani per non dimostrarsi proni, appunto, a un compromesso». Un paradosso, spiega la professoressa, «uno dei tanti generati da un movimento che si propone come unica possibile formazione di governo, ma che per diventarlo ha bisogno della fiducia degli stessi partiti a cui la nega»

Un circolo vizioso da cui uscire cercando nuove parole. «Come mediazione, o trattativa». Un po’ come quel «salire in politica», purché, dice Cosenza, «siano poi sostanziate di fatti coerenti con l’obiettivo. Altro che cagnolini in tv».

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