“Se vieni a vivere qui, il Comune ti paga”

Accade in Sardegna, in Toscana e in Liguria

Piccolo è bello. O, a volte, anche meglio. Nonostante la mancanza di risorse, sembra che i piccoli paesi italiani reagiscano alla crisi con una dose di creatività che ai Comuni più grandi spesso manca. Un caso esemplare è Sadali, un villaggio dell’entroterra sardo, in provincia di Cagliari, che conta poco più di 900 abitanti.

Per contrastare il problema dello spopolamento l’amministrazione locale si è inventata un sistema originale: pagare le giovani coppie per trasferirsi stabilmente nel paese. L’offerta messa a punto dalla giunta prevede l’erogazione di buoni spesa di 200 euro al mese, per due anni, destinati alle famiglie che scelgono di spostare la propria residenza a Sadali. Il Comune da cui ci si muove però deve avere più di tremila abitanti, altrimenti si rischia di ripopolare un villaggio e di abbandonarne un altro.

L’iniziativa ha preso avvio a fine 2010 e ha permesso alla popolazione del piccolo centro della Sardegna di passare da 928 a 958 anime. «Per un paese come il nostro, che si è spopolato ininterrottamente dagli anni ’60 in poi, una trentina di persone in più in pochi anni sono un successo: equivalgono più o meno a un incremento del tre per cento», esulta il sindaco Romina Mura, che alle ultime elezioni politiche è anche diventata deputata nelle file del Pd.

«I bonus nominativi che offriamo – aggiunge la prima cittadina – consentono di usufruire sia di beni che di servizi e non sono spendibili al di fuori del territorio comunale: una boccata d’ossigeno per l’economia del posto. Il meccanismo è semplice: i commercianti che ricevono i ticket possono farseli rimborsare in Comune. E anche i sadalesi, che sono i finanziatori di questo progetto (usiamo fondi del bilancio comunale) sono per lo più soddisfatti perché sanno che i soldi erogati restano sul posto e che in questo modo non vivranno in un paese fantasma».

I neoresidenti di Sadali hanno un identikit preciso. Si tratta di ragazzi con età compresa tra i 25 e 40 anni, sposati, livello di istruzione medio-alto, con esperienze professionali che vanno dall’artigianato all’agricoltura e desiderosi – osserva il sindaco – «di mettersi in discussione e di rimettere le mani nella terra: non a caso, molti di loro stanno riportando a nuovo vigore gli orti abbandonati della zona».

Chi si trasferisce nel piccolo centro sardo fa una scelta di vita, insomma. Come quella che vogliono fare Andrea Possenti e sua moglie Elena, due 28enni di Cagliari, che hanno in mente da un anno di prendere la residenza a Sadali e cercano di coinvolgere nel progetto anche altre coppie con il loro blog Ripopola Sadali (blog.libero.it/ripopolasadali/).

«Noi vogliamo cogliere l’occasione dei bonus per trasferirci lì e risvegliare il paese organizzando attività culturali e iniziative legate all’ecosostenibilità», spiega Andrea, che fa il grafico pubblicitario ed è diventato papà da pochi giorni.

«Finora ci sono state circa duecento persone che si sono interessate a questo progetto. Ma tranne quattro famiglie “pioniere” che già si sono spostate, l’idea non è ancora andata in porto. Primo perché sembra non ci siano molte case in affitto. E secondo perché nel villaggio non c’è ancora il clima ideale: una parte dei residenti teme che andiamo lì per stravolgere tutto. Noi invece vogliamo solo arricchire quella comunità. Speriamo di farcela», dice.

A San Giovanni d’Asso, un borgo di 900 abitanti vicino a Siena che vive di turismo, l’amministrazione ha promosso nel 2011 un esperimento simile a quello di Sadali: 300 euro di contributo affitto per dodici mesi a chi decide di trasferire la residenza. «È stato un bando una tantum però», precisa il sindaco Michele Boscagli. «Non l’abbiamo rinnovato per mancanza di fondi».

«Le domande sono state una quarantina, ma a oggi si è trasferita una sola famiglia: tutte ci chiedevano anche un lavoro. In questo periodo di crisi, se non si offre anche un’occupazione, le iniziative del genere rischiano di essere non abbastanza efficaci».
Dare un impiego, quindi. Più o meno quello che ha fatto il Comune di Quiliano, in provincia di Savona, che ha deciso di affidare in concessione gratuita alcuni terreni da coltivare. «Nel campo ci sono alcune piante tipiche del posto, come l’albicocco, e la persona che si aggiudica il bando dovrà curare la raccolta dei frutti e fare manutenzione: se non è un vero e proprio lavoro, poco ci manca», dice il primo cittadino Alberto Ferrando.

L’idea, nel piccolo, ricalca l’operazione della Chiesa ortodossa in Grecia, che nel 2012 ha messo a disposizione appezzamenti di terreno per le famiglie più colpite dalla recessione. Il sindaco spiega però che l’amministrazione non si è ispirata a nessun caso particolare: «Gli enti locali devono fare sempre di necessità virtù. Le morse del patto di stabilità interno non ci permettono di avere abbastanza risorse per sostenere il reddito di chi è più in difficoltà. E così, soprattutto nelle realtà più piccole, bisogna usare tanta fantasia». 

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