Un raggio di azione che è come un elastico: il Presidente della Repubblica può, a seconda della forza o della debolezza dei partiti, assommare a sé più o meno prerogative e intervenire in più o meno ambiti. In un quadro di azione, però – come si premura di sottolineare il giurista Augusto Barbera – fissato dalla Costituzione. Il testo, a questo proposito, parla chiaro: al presidente viene dedicata un’intera sezione, il Titolo II, che va dall’articolo 83 all’articolo 91. Qui sono stabiliti i regolamenti e le procedure per definire la sua elezione, le sue funzioni e soprattutto i suoi poteri.
Sulla elasticità di azione del Presidente della Repubblica gli esempi «sono numerosi». Mai travalicando la Costituzione, «già Einaudi è dovuto intervenire nel piano politico, con il governo Pella. E Pertini, poi, con i governi presidenziali». Ma fin dove si può spingere il potere di un presidente della Repubblica? Difficile dirlo. I limiti e le dinamiche «non sono calcolabili: l’elasticità metaforica del ruolo del presidente non è assimilabile a quella che si può fare nel mondo fisico». Per cui, di caso in caso, di volta in volta, il presidente decide se e come utilizzare il potere di cui dispone: nelle forme più adatte al suo obiettivo.
I dieci saggi di Napolitano, ad esempio, «rientrano a pieno titolo nel potere di nominare commissioni di consulenti», per cui non c’è stata nessuna novità. Può intervenire sui disegni di legge e rifiutarsi di controfirmarle, se le ritiene non consone alla Costituzione. «Ma anche in questo caso, si tratta di un potere limitato: il Presidente non è la Corte Costituzionale, che decide proprio su queste questioni. Può ravvisare limiti di costituzionalità». Con Ciampi era invalso l’uso di accompagnare il rifiuto di firmare alcune leggi con note ai parlamentari in cui esprimeva le modifiche da apportare.
«Nella prassi si è verificato anche l’uso, se necessario, di seguire passo passo l’elaborazione di un progetto di legge», spiega Barbera, «facendo avere in anticipo note e avvisi ai parlamentari, per evitare, poi, in sede di firma, di dover respingere il testo». Ad esempio, era quello che fece Ciampi di fronte al Porcellum.
Ma il punto più delicato dei poteri del presidente è lo scioglimento delle Camere. Secondo la Costituzione “può sciogliere le Camere o anche una sola di esse”. Ma questo, specifica Barbera, «non può essere fatto contro il governo». In primo luogo, perché per farlo «deve comunque sentire i presidenti delle Camere, e si tratta di un atto consultivo». Ma soprattutto perché, «come spiega il testo costituzionale, all’articolo 89, ”nessun atto è valido se non è controfirmato dai ministeri proponenti”. Ad esempio, quando Scalfari due anni fa chiedeva a Napolitano di sciogliere le Camere, il presidente rispose che non poteva. Ed era vero: non poteva farlo contro il governo se questo non avesse voluto». Certo, se fosse il presidente del Consiglio a chiedere di sciogliere le Camere, il presidente della Repubblica potrebbe decidere di non avvallare la richiesta.
In definitiva, i poteri del presidente sono studiati per essere elastici, proprio secondo la volontà della Costituzione. Cioè perché intervenga quando i partiti sono deboli, per porre limiti o dare indirizzi politici «in ogni campo che gli è accessibile. Come rappresentante delle Forze Armate, ad esempio, Napolitano ha convinto Berlusconi a scendere in guerra in Libia». Un ruolo che può impostare interi governi, come nel caso di Mario Monti, o soltanto accompagnare la normale attività di governo e il ciclo delle istituzioni.