Alessandro Bergonzoni, 54 anni, risponde al telefono dalla sua casa di Bologna. Gli chiediamo di commentare con alcune parole chiave la crisi della politica e il tentativo in corso di superare uno scontro ideologico ormai vecchio di decenni. Il comico, scrittore, attore è un fiume di parole. Contenerlo dentro un’intervista fatta di domande e risposte è impossibile. Basta una sola domanda e ne ottieni un flusso di coscienza. Eccolo.
Bergonzoni, quali sono le parole chiave di un passato politico fatto di scontri e ideologie, un passato che ora si cerca di superare?
«Legalità», «sopportazione», «impresentabilità», «fine che giustifica i mezzi», queste le parole della crisi politica. Ma andiamo con ordine e vediamo di farne una sequenza più attenta. Che cos’è la legalità, se è solo legata alla norma, al concetto di essere dentro alla legge o se è far si che qualcuno dentro di sé capisca questa importanza e la applichi non solo per compromesso o per fine che giustifica i mezzi.
Perché poi si potrebbe dire che noi abbiamo una bellissima costituzione ma è bruttissima se nessuno la applica perché manca una costituzione interiore. Quindi chi ci deve rappresentare deve vivere una specie di metamorfosi, deve essere una persona diversa. Ma non vedo dei gran partiti nuovi come persone diverse. Ci sta provando Grillo e siamo in attesa di vedere i risultati, e li attendo con gioia partecipata però noto che ancora quando una persona viene intervistata parla, parla unicamente di finanza economia legalità controparti odi ma non va a lavorare su se stesso, per cominciare a dire “faccio un altro tipo di filosofia della politica, una antropologia della politica”
L’impresentabilità non è dovuta solo alla legalità e quindi ai processi che uno ha, ma anche allo Stato clinico di un politico, di salute mentale. Quindi la punta dell’iceberg delle parole di cui tutti vogliono parlare, come lo spread, fa vedere un lavoro che non si è fatto sull’uomo. Il tema dei Cie, della salute negli ospedali, il tema del rispetto della donna chiede a tutti ai politici e ai cittadini un parlamento interiore, un governo interiore. Dobbiamo votare tutti i giorni, costantemente. Abbiamo referendum ad ogni minuto: come guardiamo una donna, un handicappato, come ce ne freghiamo di quello che succede in Siria, queste sono forme di referendum.
Le parole chiave devono cambiare e non devono più essere la solita parodia che vedo in televisione, di chi fa satira e canta le solite storie ai potenti poi ci va a braccetto. Questo avviene solo se qualcuno ha cambiato la propria anima. Vanno cambiate tutte le parole di questa degradazione. Ne abbiamo voglia? Interessa a qualcuno? Io credo che ai politici interessi sempre l’effetto ma non la sostanza, e ai cittadini interessa invece la rivoluzione. Ma prima deve avvenire, ecco la parola chiave, una rivelazione. Deve rivelarsi dentro di te che sei tu il presidente della Repubblica, e sei tu che stai facendo un governo tutti i giorni, quando vai in giro, quando dici cose.
Cambiare atteggiamento interiore, la politica ora è un tema trascendentale, non più politico o civile. Nuova filosofia, nuova trascendenza, nuova anima, questi sono i temi. Se non si lavora su questo non ci può essere nuova politica. Non è solo questione di legalità, il cittadino deve fare sì che anche il politico abbia dentro di sé un filtro, una coscienza che non gli permetta assolutamente di guidare senza patente. Se io non ho la patente e guido, non sto agendo fuori da una norma ma fuori da una coscienza. Sto facendo un lavoro che è delinquenziale. Il cambiamento va effettuato non sulle parole ma sul pensiero che queste parole muovono. Quando parliamo di satira che sarebbe utile se fatta bene non dobbiamo confonderla con l’intrattenimento.
Quando ci sono ancora donne che parlano di patatina e di bernarda e poi vogliono difenderle, le donne, è un controsenso. L’impresentabilità è quella di noi cittadini se continuiamo ad ascoltare certi talk show. Vogliamo l’audience attraverso l’odio, vogliamo persone che si scannano per fare audience. Vogliamo qualcuno che si odia per fare audience e non ci interessa cosa dice. Farei lo sciopero delle interviste televisive negli show. Ma non è democratico. E allora cambiamo la democrazia dei talk show. Facciamo parlare don Ciotti, padre Bianchi, non i personaggi, i pruriti, ma i concetti, come giustizia paura dolore vendetta dignità della vita donna corpo, non più con personaggi che lo fanno per intrattenere. L’intrattenimento è finito.
Dobbiamo inventare un nuovo essere umano. E poi basta umanità. Noi dobbiamo passare alla sovrumanità. Con la sovrumanità possiamo capire che tra un legislatore che decide di mettere in un Cie una persona straniera per 18 mesi, e la persona straniera che ci sta dentro disperato, tra queste due persone si deve costruire un ponte, una coscienza, una conoscenza che non può più attendere. Non è possibile che chi fa una legge non sappia dove quella legge andrà a finire. Invece di parlare sempre di numeri, statistiche, tabelle, usiamo questo tempo non per andare nei talk show ma per andare dentro nei Cie per vedere cosa succede. Mi piacerebbe molto che molti presentatori spendessero il loro tempo per andare a vedere cosa succede dentro questi posti che raccontano in modo ameno.
E basta life style. Disegnare i personaggi con costumi, come una persona andava a messa, come andava in giro nei salotti, chissene frega se Andreotti ha fatto una vita morigerata. Ci sono state non-vite morigerate che hanno permesso che restassero oscure delle morti. Parliamo di costume e società, e diventa intrattenimento, si sorride si fa ironia su tutto, eppure molte persone non meritano l’ironia ma la drammaticità. Non c’è niente di simpatico in Andreotti o in tanti altri che quando muoiono migliorano.
Questa è un’epoca contraddistinta dal solletico, dall’ironia, dall’imitazione e dal fare il verso. Devono cambiare i versi, serve una nuova poetica. Questa è un’epoca contraddistinta da una sopravvalutazione, abbiamo sopravvalutato gli sportivi. Basta che prendano una medaglia e diventano politici. Altra parola che va di moda è «esempi». Oramai siamo tutti noi l’esempio, non dobbiamo più aspettare eroi, non ci sono più eroi. E quelli che restano, come Aldovrandi a Bologna, li stiamo prendendo in giro se li applaudiamo ma non cambiamo dentro. Non serve a nulla appaludire le madri eroine se poi siaimo ore a guardare i servizi su Avetrana.
È il mercato del dolore, è fumo negli occhi che nasconde il dolore vero, e poi, il dolore, non lo vediamo più. Il pianto dei funerali finti nei talk show, le celebrazioni dei cantanti morti, da Jannacci a Califano. Non sono sciocchezze. La gente si droga, non capisce più i sapori, non c’è più differenza. Un uomo che ha maltrattato esteticamente e antropololgicamente le donne, che in un’intervista dice “Le donne mi hanno lasciato un segno non nel cuore ma in un altro posto”, questa risposta se non l’avesse fatta un morto consacrato sarebbe femminicidio, sarebbe vergogna. Ma ho sentito poeti, parlare in radio di Califano e del suo crepuscolarsimo. Ma questa è cultura?
Altra parola chiave, «cultura»: stiamo bestemmiando contro la sacralità della cultura. Ma tutto fa brodo, tutto fa bene. Certi articoli e giornali patinati, certe presentatrici con servizi interi sui matrimoni di questa e di quella non fanno cose innoque. Stanno rubando, è un furto di neuroni e stanno stuprando le coscienze del cittadino, che poi crede che tutto sia identico, uguale preciso. Questo è un tema politico. Certi giornali vogliono drogarci, ci hanno già drogati.
E poi c’è la follia di Steve Jobs: “Ragazzi dovete sognare”, dice, ma cosa ne sa? E poi Renzi dice che i giovani devono sognare, ma cosa lo vai a dire dalla De Filippi che il giorno dopo i sogni li fa vedere tra un uomo e una donna che fanno finta di amarsi, pagati, ma di cosa stai parlando, perché lo vai a dire lì? Questa è cultura? Non è possibile che in tv ci sia Olmi e 10 minuti dopo il cabaret che sputtana quello che ha detto, prima tutti a ringraziarlo per la sua spiritualirà, e poi 10 minuti dopo si sparano cazzate di intrattenimento. Non è informazione quella di un giornalista che fa un servizio su Papa Francesco che abbraccia un handicappato e 10 minuti dopo ne fa uno su Califano.
Le parole chiave non sono più lo spread e nemmeno l’Europa. Prima costituisco l’essere umano, ma prima devo cambiare io studente, io padre, io educatore, devo capire cosa significa lavorare, sacrificarsi, devo cambiare, cambiando noi, sono io che governo. Quando esci di casa sei tu che governi: se hai paura di svestirti o di metterti in minigonna, sei tu che governi. Se hai paura, stai votando contro l’uomo stupido, e gli dai un voto. Io non voglio fare più solidarietà con le donne, l’ho già detto. Io devo fare solidarietà con gli uomini diversi da altri uomini. Devo cambiare io come uomo, e devo cambiare il concetto di uomo muscoloso che vince, che è più potente. L’uomo deve ritrovare la parte femminile di se stesso, riconoscere e rispettare questa parte. Andiamo negli asili, non nei talk show a parlare. Negli ex manicomi, negli ospedali, nelle piazze, ma prima dobbiamo scendere nella piazza interiore. Sono questi i modi per cambiare. Abbiamo il dovere di essere sovrumani, non possiamo più accettare l’innoquo.
Attenzione cittadino, tu sei sindaco di te stesso, tutto il giorno, da come parcheggi, da come mangi, da quello che scrivi, da dove vai. Non possiamo demandare tutto ai politici. Il cittadino deve capire che è lui, anche chi non va in Parlamento, anche il papa lo ha detto, voi dovete sporcarvi di pecore, non aspettare che arrivi il grande pastore. Gli esempi siamo noi, non quello che scrive il grande libro. Don Ciotti, Peppino Impastato, quand’è che diventiamo come loro? Non possono fare tutto loro. Gli esempi siamo noi.
L’umano ha già fatto vedere tutti i suoi limiti. La richiesta che ci viene fatta ora è di diventare sovrumani. Se vogliamo essere politici, sociali, civici, la risposta è la sovrumanità. Dobbiamo diventare più potenti. Non il potere come dominio ma come luce, energia superiore perché con l’energia umana non abbiamo risolto niente. Andreotti è un politico umanissimo perché ha fatto quello che ha potuto. Sovrumano è fare l’impossibile.
Questo è il mio spazio di libertà, il sovrumano. Altrimenti subisco un’occlusione di libertà perché mi arriva addosso tutto quello che gli altri hanno concepito come non libero. Ti parlo di una cosa alta, quasi al confine con la spiritualità. Non è superomismo. Quando parli di bambine violentate è un problema di anima. Come è possibile che un uomo abbia questa violenza da esprimere? Bisogna lavorare lì, andare dai violentatori di domani che sono all’asilo oggi e andare a dirgli che la libertà è pretendere l’impossibile senza aspettare che lo faccia la maestra. Dobbiamo trovare un’energia superiore perché con l’energia umana non abbiamo risolto finora quasi niente. Molto molto poco.
Twitter: @SilviaFavasuli