I manager che fanno volontariato ci sono sempre stati. La notizia, di questi tempi, è che ce ne sono sempre di più. E che le organizzazioni del terzo settore richiedono le consulenze gratuite di questi dirigenti con frequenza sempre maggiore. In altre parole, una delle categorie che gode di minore appeal a livello sociale perché identificata, spesso a torto, come una casta di individui strapagati interessati solo al guadagno, diventa essenziale per lo sviluppo di un comparto che il profitto lo ripudia per statuto.
Le iniziative che prendono vita sono numerose. Una particolarmente ambiziosa e operativa su più fronti è “1000 manager per 100 progetti”, lanciata nell’agosto del 2012 da Prioritalia, un soggetto composto da tre delle principali associazioni di rappresentanza dei manager italiani: Manageritalia, Federmanager e Cida. L’obiettivo è quello di mettere a sistema le forze dei dirigenti (metà dei quali in attività) che scelgono di offrire gratis le proprie competenze professionali su tutto il territorio nazionale alle organizzazioni non profit (che spesso non brillano in fatto di gestione manageriale) e alle amministrazioni locali.
I manager che hanno aderito sono oltre 1600 e forniscono consulenze in aree come l’organizzazione, il fund raising, le risorse umane, il marketing, la comunicazione, l’amministrazione, i sistemi informatici e la certificazione di qualità, elemento fondamentale per accedere a finanziamenti e bandi.
Solo in Lombardia, per esempio, Manageritalia ha attivato nell’ambito progetti di volontariato per numerose organizzazioni, tra cui Auser (organizzazione e docenza ai corsi di informatica di base e avanzati per anziani all’Università della Terza età), Associazione nazionale subvedenti (promozione dell’associazione), Aiutare i bambini (partecipazione al comitato di gestione) e Parkinson Lombardia (consulenza per strategia di comunicazione).
«Una delle esperienze più significative è con il Banco alimentare: un pool di otto dirigenti sta aiutando la crescita manageriale di quest’organizzazione, che fornisce circa 1200 associazioni caritatevoli, dando supporto gratuito su logistica, distribuzione e amministrazione», racconta Giancarla Bonetta, coordinatrice del gruppo di volontariato professionale Manageritalia di Milano.
Bonetta è stata per vent’anni direttore commerciale di un’azienda internazionale di moda di altissimo livello e ha iniziato a prestare servizio volontario quando è andata in pensione. «Il ruolo di un manager non può essere solo legato al suo lavoro», spiega. «Il nostro scopo è quello di contribuire al bene sociale, soprattutto in un momento come questo in cui le risorse finanziarie diminuiscono e le organizzazioni hanno più bisogno della nostra professionalità».
Ma non è solo l’incremento delle richieste di aiuto da parte del mondo non profit ad aver alimentato il volontariato dei manager. È la crisi stessa a trasformare la sensibilità di chi ha ruoli di comando nelle aziende. «Di questi tempi sono tutti molto agguerriti: obiettivi più alti, tensioni, preoccupazioni in più. Questi fattori tolgono significato al lavoro del manager ed è anche per questo che proviamo a ritrovare una dimensione più umana aiutando gli altri. E la cosa aiuta anche noi», afferma Daniela Cattana, manager in Tcc, multinazionale attiva nel marketing.
La dirigente, che vive e lavora a Milano ed è associata a Manageritalia, ha fornito consulenza gratuita all’associazione Gea (Genitori ancora) nel campo della comunicazione e ha prestato servizio per l’iniziativa destinata agli indigenti “Un milione di pasti”. Adesso è disponibile a nuove esperienze di volontariato e osserva che è possibile conciliare vita, lavoro e impegno nel sociale: «Sono attività che si possono fare al posto di altre nel tempo libero: non bisogna essere per forza in pensione».
I dirigenti pensionati sono però quelli che generalmente possono dedicare più energie a queste attività, finendo con il coordinare i progetti più complessi. Oscar Eliantonio, 72 anni, associato Federmanager, ex manager Alcatel in pensione da 12 anni, dedica al volontariato la maggior parte del suo tempo. Collabora con Sodalitas, fondazione che si occupa di responsabilità sociale di impresa, e segue in particolare il terzo settore e le coop sociali: «Ora mi sto concentrando su un progetto Sodalitas che si chiama Giovani&Impresa, un programma per accompagnare i giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro e formarli sul tema dell’imprenditorialità».
Le situazioni sociali e individuali in cui i manager volontari si trovano a operare sono spesso molto delicate e richiedono un grosso investimento emotivo. Ne sa qualcosa Roberto Rossi, 65enne di Ivrea (Torino), pensionato, con 35 anni di esperienza manageriale in Olivetti, che è stato cofondatore e volontario della onlus Casa Insieme, una struttura di accoglienza per malati terminali. «Ho curato la parte informatica, per far rimanere i pazienti in contatto con il mondo attraverso il web», dice Rossi, associato Federmanager. «Una volta, uno di loro mi ha chiesto “Sa perché voglio andare sempre su Internet? Voglio guarire”. Pochi giorni dopo, quell’uomo è morto. Si tratta di un’esperienza in cui bisogna saper mantenere un minimo di distacco, altrimenti ti travolge».
Con il volontariato i manager tentano anche di migliorare la loro reputazione sociale. «Uno degli obiettivi prioritari di “1000 manager per 100 progetti” è anche quello di legittimare socialmente la nostra categoria», sottolinea Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager. «Negli ultimi anni c’è stata tutta una letteratura che ha accentuato solo le caratteristiche non positive di pochi top manager: l’eccessivo rampantismo e la smodata attenzione alla finanza. In realtà, noi non siamo così. Con la crisi si sono già persi 15mila posti di lavoro dirigenziali in Italia e ricollocarsi è molto faticoso. Eppure, siamo lì a disposizione di chi opera nel sociale: ci chiamino e troveranno porte aperte».
Twitter: @maudilucchio