Un taglio continuo e lineare, che va avanti da dieci anni dritto verso il basso. I trasferimenti statali e regionali ai Comuni sono in caduta libera. E con le elezioni amministrative in corso (o alle porte nel caso della Sicilia, che andrà al voto il 9 e 10 giugno), è tempo di bilanci. Gli amministratori locali cercano di mettere toppe ai buchi, ma la coperta è sempre troppo corta. Da qualunque parte la si tiri. E mentre la crisi impazza, a risentire di più della spending review sono i servizi sociali. Quelli per giovani, anziani e famiglie in difficoltà, per intenderci. Che, poi, sono anche le figure che soffrono di più la situazione economica sfavorevole.
Marco Stradiotto, senatore veneto del Partito democratico, ha fatto i conti in tasca agli enti locali. Nel 2003 il totale dei trasferimenti era di 13 miliardi di euro. Nel 2012 sono scesi a 6 miliardi. Uguale: sette miliardi in meno. Basta dare un’occhiata al sito del ministero dell’Interno per rendersi conto dei numeri.
Prendiamo una città del Mezzogiorno come Ragusa, che va alle urne guidata da un commissario dopo che l’ex sindaco Nello Dipasquale si è candidato all’assemblea regionale siciliana al fianco del governatore Rosario Crocetta. La riduzione di trasferimenti per il 2012 prevista dal decreto legge 78 del 2010 è di oltre 3 milioni 451 mila euro. Nella cosiddetta “città dei ponti”, la crisi si è abbattuta come uno tsunami, raggiungendo un tasso di disoccupazione di oltre il 19%, tanto che «solo negli ultimi due anni ci sono 2.700 famiglie povere in più in tutta la provincia», spiega Ilaria Spata, segretario della Confederazione nazionale sindacati autonomi di Ragusa e assistente sociale.
Ma i servizi destinati alle persone in difficoltà non sono aumentati. Anzi. A fine dicembre il dirigente dei servizi sociali del Comune di Ragusa ha firmato una determina che ha tagliato al settore più di 143mila euro (143.153 euro per la precisione): meno 2mila euro per la Consulta giovanile comunale; meno 9.820 euro per le iniziative nel campo sociale e assistenziale; meno mille euro per i centri diurni; meno 19mila euro tra centri diurni, attività ricreative e assistenza domiciliare per anziani; meno 47.075,50 euro per l’assistenza economica e l’integrazione sociale degli indigenti; meno 5mila euro per le iniziative di solidarietà internazionale; meno 36mila euro per i buoni socio-sanitari (destinati in linea di massima agli anziani), meno 25.240,47 euro per i progetti dell’Accordo di programma quadro (anche questi destinati per lo più agli anziani).
«Come si vede dai numeri la voce più consistente dei tagli riguarda i sussidi per gli indigenti, ma se si leggono le singole voci si comprende che gli anziani sono fortemente penalizzati», dice Valentina Spata. «Sono state ridotte le ore settimanali di assistenza domiciliare per gli anziani, per cui nelle poche ore rimaste gli assistenti sociali non riescono a farlo per tutti. E questo colpisce soprattutto le famiglie povere, cioè quelle che non possono permettersi le case di riposo a pagamento».
All’inizio dell’anno scolastico, poi, il Comune aveva anche ben pensato di «tagliare il servizio scuolabus per i bambini disabili, molti dei quali per il primo mese non sono riusciti ad andare a scuola. E lo sportello disabilità è stato soppresso con la soppressione delle province siciliane».
Gli indigenti della città che prima ricevevano un sostegno di 280 euro al mese dal Comune hanno manifestato a lungo con tende e sdraiodavanti al Palazzo dell’Aquila, sede del municipio. Dopo una settimana di contestazioni, il Commissario ragusano, Margherita Rizza, ha deciso di mettere a disposizione 60mila euro in più del previsto. «Ma il problema non è stato risolto, il dimezzamento dei fondi resta», dice Spata. «Anziché dare dei soldi in più in maniera assistenzialistica, si poteva offrire loro un lavoro. Quello che manca a queste persone è un’occupazione, cosa che veniva offerta prima, seppur in maniera temporanea, con la manutenzione dei bagni pubblici o del verde comune».
In vista delle elezioni, i sei candidati sindaco della città hanno incontrato i rappresentanti delle associazioni e hanno firmato una carta di intenti impegnandosi a non tagliare ancora i servizi sociali destinati alle fasce più deboli. «La manovra di riequilibrio finanziario voluta dal Commissario, che deve necessariamente risanare le casse comunali, toccherà le persone più in difficoltà. Tutto ciò per la mancata approvazione da parte del consiglio comunale dell’aumento dell’Imu (dal 7,6 al 9 per mille, ndr), che sarebbe stato di circa 40 euro all’anno. Ovviamente i tagli ci sarebbero stati comunque, ma non così drastici». Anche perché le casse comunali si trovano da tempo in una situazione di grande precarietà, e a fine 2011 Ragusa risultava tra i comuni più indebitati d’Italia con un disavanzo di più di 50 milioni di euro complessivi. A febbraio si è passati addirittura al pignoramenti di 1,5 milioni di euro da parte dell’azienda di raccolta rifiuti. Pignoramento poi sospeso grazie a un accordo con la società.
«Il commissario è una figura tecnica che ha dimostrato di essere capace a fare i conti con i numeri ma non di certo con le persone», aggiunge Spata. «Serve un piano programmatico serio di politiche sociali, anche perché questi sono servizi che creano occupazione e, al contrario, il loro taglio, riduce il lavoro a disposizione».
Non sfugge all’indebitamento neanche Roma. La capitale ha un passivo di più di un miliardo e mezzo di euro e i trasferimenti statali nel 2012 si sono ridotti di più di 257 milioni di euro. Davanti alle casse comunali che fanno acqua da tutti i lati, a traballare sono inevitabilmente i servizi sociali. L’associazione “Roma Social Pride” ha realizzato il dossier “E il sociale?”, che analizza le politiche sociali e il bilancio economico per i servizi sociali della giunta guidata da Gianni Alemanno.
Il rapporto mette sotto la lente di ingrandimento, voce per voce, le riduzioni degli stanziamenti del Campidoglio, evidenziando sprechi o variazioni rispetto agli anni precedenti. «La riduzione complessiva delle risorse per la spesa sociale ammonta a oltre 22 milioni», si legge. Prendiamo i servizi agli immigrati, ad esempio, scesi di 2 milioni di euro dal 2011 al 2012. «Eppure non ci risulta in decrescita il fenomeno dell’immigrazione», scrivono. Sui servizi ai nomadi, invece, il taglio è stato di oltre 1,6 milioni. E anche qui, a risentire dei tagli sono soprattutto i servizi per gli anziani, passati dai 12.623.762 del 2011 ai 9.658.295 del 2012.
Non solo. L’amministrazione, continua il dossier, ha chiuso «dieci progetti per l’inserimento lavorativo di ex tossicodipendenti», ha ridotto, «rendendoli assolutamente insufficienti, gli stanziamenti in favore dei Municipi per le misure di contrasto alla povertà dei singoli e i nuclei familiari» e anche «gli stanziamenti a favore delle cooperative sociali di tipo B, per l’integrazione socio lavorativa delle persone in situazione di svantaggio». Ad aumentare sono stati invece i costi per i servizi di vigilanza dei campi rom, per una spesa totale di «oltre 4,1 milioni di euro annui».
La denuncia per i tagli ai servizi sociali arriva anche dal Partito democratico dell’Urbe. Emanuela Droghei, responsabile Politiche sociali del partito di Guglielmo Epifani, lo scorso giugno su L’Unità ha fatto i conti: «Meno 42 milioni di euro per servizi alla persona, scuole materne e cultura. Nello specifico si tratta di un taglio di 10 milioni di euro per i servizi di prevenzione e riabilitazione; meno 28 per l’assistenza (che vuol dire presa in carico di minori, persone con handicap, famiglie in difficoltà, senza fissa dimora, anziani fragili, stranieri) e meno 8 per asili nido e infanzia».
«Da quando ci siamo insediati ad oggi, la spesa sociale del Comune di Roma è aumentata di 146 milioni, passando dai 229 milioni del 2007 ai 365 milioni di euro del 2012», si è difesa la vicesindaco Sveva Belviso. Ma ora siamo di fronte alla «drammaticità dei tagli che comportano un estremo disagio sui servizi sociali. Se continuiamo così i servizi sociali entro l’estate collasseranno».
Qualche giorno fa è già arrivata la denuncia della Fp-Cgil per il taglio di sette assistenti sociali del quartiere di Tor Bella Monaca a causa di un mancato rifinanziamento e il rischio di licenziamento di altri sette per la scadenza dei contratti. E lo scorso venerdì 17 maggio un gruppo di anziani ha contestato davanti al Sesto municipio per la cancellazione dell’assistenza domiciliare.
Niente cancellazioni, ma riorganizzazione della spesa sociale nel Comune di Vicenza, che nel 2012 ha subito tagli dai trasferimenti per più di 5 milioni di euro. «Abbiamo cercato di non tagliare nessun servizio, attraverso una operazione che ha coinvolto tutta la giunta», spiega Giovanni Giuliari, assessore ai Servizi sociali e abitativi dell’uscente amministrazione guidata dal sindaco Pd Achille Variati. «È stata una scelta di priorità, abbiamo attuato dei tagli sui settori cultura, sport e turismo, grazie all’introduzione della tassa di soggiorno, e anche in considerazione del fatto che questi settori attirano sponsorizzazioni e risorse di altro tipo più del sociale». In questo modo, negli ultimi cinque anni la spesa complessiva per le fasce più deboli del Comune è aumentata dagli 8.025.220 di euro del 2008 ai 9.955.655 di euro del 2012 (compresi i servizi abitativi).
Ma le maglie per accedere agli aiuti economici sono state ristrette. Il reddito minimo per riceverli è stato innalzato dai 5.796 ai 6.440 euro. «Orientandoli maggiormente verso le famiglie con figli minori e con i papà disoccupati o in cassa integrazione, anziché verso gli anziani che seppur con una pensione bassa hanno un reddito sicuro e riescono a gestire la spesa in maniera più oculata». Delle famiglie che hanno ricevuto gli aiuti, 470 sono italiane, 334 sono immigrate.
E davanti alla scarsita di soldi pubblici, il Comune ha chiesto l’aiuto dei privati. In particolare, la fondazione Cariverona ha stanziato per i servizi sociali vicentini 1,5 milioni di euro. «Sopratttutto per garantire l’assistenza domicialiare per la popolazione anziana e riuscire a ritardare il più possibile l’entrata degli anziani nelle case di riposo, ma anche per i servizi per disabili e minori», spiega Giuliari.
Perché anche nella città veneta, la città dell’oro, come ha denunciato la Caritas diocesana «aumentano in modo importante le famiglie in difficoltà costrette a chiedere aiuto economico». Sono cresciuti i disoccupati, raggiungendo quota 6,8% nel 2012, e con questi anche gli sfratti. «Negli ultimi tre anni gli sfratti sono aumentati del 70%», spiega Giuliari. E le richieste di accesso a quello che in città chiamano “albergo cittadino”, destinato ai senza fissa dimora, sono in salita. «La struttura ha posti per 40 unità, ma in inverno siamo arrivati fino a 75 ospiti».
Certo, il volontariato aiuta molto. Che significa: servizi a costi zero. «Grazie alla collaborazione con la Caritas, le associazioni e le parrocchie evitiamo che gli stessi aiuti vadano alle stesse persone», dice Giuliari. Ma i 140mila euro «pronti per essere messi a bilancio dal Comune come contributo all’affitto sono rimasti bloccati dopo l’azzeramento del fondo sociale per l’affitto. Così le mille famiglie che prima ricevevano 600-700 euro come rimborso, quest’anno sono rimaste senza».