Vino, birra (se comprata nei negozi). Ma anche il taglio dal parrucchiere e le scarpe viste in vetrina. Senza contare benzina, cellulari e connessioni a Internet. L’aumento della tariffa ordinaria dell’Iva, dal 21 al 22%, il 1° ottobre 2013 interessa il 60-70% dei consumi degli italiani. Che significa una stangata da 135 euro l’anno in media per ciascuna famiglia, secondo Confcommercio. O peggio, di oltre 200 euro in base alle previsioni di Adusbef e Federconsumatori. Per un totale – dati della Cgia di Mestre – di 2,1 miliardi di euro nel 2013, ben 4,2 miliardi nel 2014, di aggravio sui portafogli.
L’Iva, imposta sul valore aggiunto, è un’imposta indiretta – in vigore in 63 Paesi – applicata sul valore aggiunto di ogni fase della produzione e scambio di beni e servizi. L’aumento previsto per il prossimo luglio non è il primo. Entrata in vigore nel 1973 (in sostituzione dell’Ige, imposta generale sulle entrate), l’aliquota ordinaria, cioè quella applicabile alla maggior parte di beni o servizi, era al 12%, aumentata poi al 14% nel 1977, al 15% nel 1980, al 18% nel 1982, al 19% nel 1988, al 20% nel 1997. L’ultimo aumento, con un decreto legge di settembre 2011, è stato di 1 punto, arrivando al 21 per cento. E, se il governo Letta non troverà una soluzione, questa estate l’aliquota ordinaria crescerà di un altro punto.
Oltre all’aliquota del 21%, in Italia esistono altri due tipi di aliquote ridotte: 4% per beni alimentari di prima necessità e giornali, 10% per servizi turistici, alcuni prodotti alimentari e particolari operazioni di recupero edilizio. Ci sono poi le operazioni esenti da Iva, come le spese sanitarie o i servizi postali.
- Alimentari come formaggi, burro, frutta, verdura, pane, pasta, latte fresco, latticini, legumi, farine, frumento, basilico, rosmarino, salvia, olio d’oliva, margarina, pomodori pelati, conserve di pomodori, cibi disseccati, disidratati ma non alimenti preparati
- Giornali e notiziari quotidiani, libri, materiale tipografico per le campagne elettorali
- Fertilizzanti, mangimi
- Case di abitazione non di lusso
- Costruzioni rurali
- Beni per la costruzione edilizia
- Apparecchi di ortopedia, carrozzine per invalidi
- Gas per uso terapeutico, reni artificiali
- Canoni di abbonamento alle radiodiffusione circolari con esclusione di quelle trasmesse in forma codificata
- Somministrazione di alimenti nelle mense aziendali e scolastiche e distributori automatici
- Prestazioni sociosanitarie anche a domicilio
- Realizzazione di opere contro le barriere architettoniche
- Protesi
- Cavalli, asini, bovini vivi destinati a essere utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari
- Carni, anche congelate, surgelate o secche
- Lardo
- Pesci freschi vivi o morti destinati all’alimentazione, crostacei, molluschi
- Yogurt
- Latte conservato
- Uova di volatili
- Miele
- Bulbi, tuberi, fiori per mazzi o ornamenti
- Uva da vino
- Tè, matè, torrefatti del caffè
- Spezie
- Riso
- Grassi e olii di pesci
- Salami
- Sughi di carne e di pesce
- Caramelle
- Cacao in polvere, cioccolato e altre preparazioni alimentari contenenti cacao
- Pasticceria, biscotti, marmellate
- Acqua, acqua minerale, birra, caffè serviti al bar (tutti gli alimenti e bevande in bar e ristoranti)
- Aceto
- Energia elettrica e gas per uso domestico
- Medicinali per uso umano o veterinario, compresi prodotti omeopatici
- Prestazioni per turisti in alberghi, motel, campeggi, villaggi turistici
- Spettacoli teatrali di qualsiasi tipo
- Francobolli
- Antiquariato
- Vino, spumanti, superalcolici
- Birra (se comprata nei negozi)
- Caffè (se comprato nei negozi)
- Abbigliamento
- Scarpe e riparazioni di calzature, borse, valigie
- Biancheria per la casa
- Elettrodomestici
- Radio, televisione, lettori DVD
- Computer, tablet, cellulari, servizi per la telefonia
- Connessione a Internet
- Mobili e articoli di arredamento
- Riparazioni di mobili ed elettrodomestici
- Servizi domestici
- Detersivi
- Pentole e posate
- Tovaglioli, piatti di carta, contenitori di alluminio
- Lavanderia e tintoria
- Automobili e pezzi di ricambio
- Benzina
- Biciclette
- Giocattoli
- Cancelleria
- Barbiere, parrucchiere, prodotti per la cura personale
- Vacanze
- Argenteria, gioielleria
- Onorari liberi professionisti
- Sigarette e altri tabacchi
L’imposta grava completamente sul consumatore finale, che resta il contribuente di fatto. Il commerciante invece può detrarre l’imposta pagata sull’acquisto di beni e servizi effettuati nell’esercizio d’impresa.
Il pagamento dell’Iva è basato sulla stampa di scontrini, ricevute fiscali e fatture. Per questo motivo l’Iva è una delle imposte più evase in Italia (l’evasione di Iva e Irap ammonta a 46,5 miliardi di euro, su 100-120 miliardi di euro di mancato introito per l’erario). Con due scenari possibili. Primo: il commerciante o l’imprenditore incassa l’Iva dal consumatore senza emettere scontrino, ricevuta fiscale, o fattura, non versando quindi l’Iva all’erario. Secondo: il commerciante collude con il cliente, offrendo uno sconto equivalente all’Iva in cambio della mancata emissione dello scontrino.
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