E stavolta Grillo fa flop. Alle amministrative i candidati M5S non raggiungono nessun ballottaggio, a Roma raccolgono solo il 14%. Anche se sono passati appena tre mesi, i tempi del “boom” alle politiche sembrano lontanissimi. E quella che doveva essere una rivoluzione, forse, si rivela come l’ennesima meteora della politica italiana. O no? Secondo Roberto Biorcio, sociologo dell’Università di Milano Bicocca e acuto studioso del populismo nonchè autore di un saggio sul moVimento di Grillo (Politica a 5 Stelle), la faccenda è più complessa. E Beppe Grillo sconta, a questa tornata, tre difficoltà costitutive.
Ma si può o no parlare di disfatta del Movimento Cinque Stelle?
Diciamo che, senz’altro, si può parlare di un evidente arretramento rispetto all’ondata partita dalle elezioni a Parma in poi, culminata nella grande affermazione alle ultime politiche. Va detto, però, che si tratta di una situazione diversa, che i risultati vanno osservati con attenzione e che, prima di dare giudizi affrettati, vanno prese in considerazione almeno tre questioni.
Quali?
La prima è il dato strutturale: il Movimento Cinque Stelle non ha mai avuto percentuali molto alte nelle elezioni locali. Lo si è visto con le Regionali, che davano risultati inferiori di sei, anche otto punti, rispetto al dato delle politiche. E lo si vede ancora, e a maggior ragione, in contesti ancora più locali, come le Comunali. Questo si spiega con lo scarso radicamento sul territorio di un movimento giovanissimo e, per sua natura, orientato a muoversi in rete.
Però a Parma ha funzionato.
Sì, ha saputo sfruttare l’onda dell’inceneritore, ad esempio. Funziona, allora, quando ci sono battaglie da cavalcare che facciano presa sulla popolazione. In assenza di queste si ritrova con percentuali molto basse. In ogni caso, i dati delle amministrative andrebbero confrontati con le altre amministrative. In questo modo non si vede un peggioramento, ma una sostanziale stabilità.
La seconda questione?
Un altro punto che può spiegare il calo grillino è la delusione degli elettori dopo le politiche. Diciamo che chi ha votato i partiti tradizionali non si aspettava che facessero molto. Chi ha votato il Movimento Cinque Stelle credeva che potessero cambiare le cose. Forse per inesperienza – stanno ancora studiando, dicono – e difficoltà strutturali, non hanno fatto o non hanno potuto fare granché. Chi li ha votati per protesta è rimasto deluso e non è più andato a votare. L’astensionismo è stato molto alto: si pensi che a Roma è in testa il centrosinistra con la metà dei voti che aveva Rutelli, e Rutelli poi non vinse neppure. E così veniamo al terzo punto.
Qual è?
L’appartenenza al territorio. In frangenti come questi, con un livello di astensione e di disaffezione dalla politica molto alti, resistono i partiti con un nucleo solido di radicamento territoriale. Come appunto il Pd, che nonostante abbia perso molti voti, è ancora in testa. Il Movimento Cinque Stelle (che in questi mesi ha anche avuto una pessima stampa) non può contare su questo.
Lo stesso non si può dire della Lega, che è crollata. È fenomeno assimilabile al Movimento Cinque Stelle?
Sono due cose diverse. A differenza del M5S, la Lega ha perso molto anche alle politiche. È una linea di continuità. All’epoca la disaffezione derivava dagli scandali, dal riconoscere che «non era un partito diverso dagli altri» e dal fatto che, con l’alleanza con Berlusconi, di fatto era un partito entrato nella sua orbita. Adesso c’è da dire che il progetto della macro-regione, con la promessa del 75% di tasse trattenute al nord, non è un tema che scaldi molto gli elettori. Non provoca consenso e non è molto sentito. E di conseguenza, avendo perso il voto di protesta – in parte finito a Grillo, in parte nell’astensionismo – specie in Veneto sembra prevalere l’idea che i candidati del centrosinistra siano più affidabili di quelli della Lega.
Ma in sostanza: cosa ne sarà del Movimento di Grillo? È cominciato un lungo tramonto?
L’unica esperienza simile è quella dei Verdi tedeschi: hanno avuto anche loro un boom, entrando nel Bundestag, poi un calo e infine una riorganizzazione importante. Per i grillini la dinamica potrà essere simile. Dipende da come agiranno in Parlamento, dalle leggi che faranno passare (anche con l’aiuto del Pd) e dalla rete di Comuni che sapranno costruire (comunque una presenza grillina nelle istituzioni di territorio c’è). Poi forse cambieranno regole anche sulla televisione, che in fase espansiva potevano permettersi di ignorare. C’è ancora molto davanti, da fare. E senz’altro qualcosa faranno.