È ormai ai blocchi di partenza il Festival Città Impresa 2013 e per il sesto anno consecutivo metterà in rete il territorio delle Venezie. Un’edizione di svolta, quella che si aprirà domani al Teatro comunale di Vicenza con la cerimonia di consegna del Premio Città Impresa ai 1.000 giovani talenti under-35 delle Venezie. Chi sono questi mille premiati? Sono imprenditori, ricercatori e innovatori; sono giovani promesse dello sport, si distinguono per l’impegno nel mondo del volontariato o combattono per un rinnovamento della cultura. Hanno tutti meno di 35 anni e hanno le Venezie come proprio baricentro: qui sono nati e cresciuti, da qui sono partiti, qui sono arrivati o tornati, qui hanno lavorato o lavorano. Hanno tutti in comune: talento, competenze, impegno e voglia di futuro.
Un progetto rischioso, quello di non avere nessun grande vecchio, nessuna star festivaliera, nessun politico a servire piatti preconfezionati al pubblico. Una scelta naturale, quella di puntare sulla sostanza, di rimettere le mani in pasta e accendere i riflettori su quei giovani che abbiano dimostrato di “saper fare”. Non saranno comparse in un circo delle meraviglie, ma protagonisti di un confronto con chi ha qualche anno e un po’ di esperienza in più, per ricostruire un legame con il territorio dove sono nati e cresciuti e che sembra loro preistorico. Queste voci saranno ascoltate? E da chi? Forse non dalla politica: di tutti i rappresentanti politici del Nordest invitati, al momento solo in quattro hanno accettato la proposta di venirli ad ascoltare. Ci saranno invece imprenditori, esponenti del mondo della cultura, dello sport, della società civile, di tutti quegli ambiti che ogni giorno contribuiscono a far crescere le giovani leve. Noi giovani dobbiamo, però, far sentire la nostra voce e sviluppare le nostre intuizioni in esperienza.
“Stop playing, start growing!, basta giocare, inizia a crescere – è un messaggio a noi, alla cosiddetta “fascia debole”, che stenta a porre davanti a sé un traguardo da raggiungere. Ci sono paesi come la Cina che puntano a tornare sulla Luna entro il 2016 o come gli Stati Uniti che vogliono arrivare su Marte entro due decenni. C’è il nostro Paese, che si è posto come obiettivo l’Expo 2015; sappiamo tutti come sta andando. C’è poi il nostro territorio, il Nordest, che si è posto un obiettivo meno ambizioso, e di fatto più facile da raggiungere: quello di diventare Capitale europea della Cultura nel 2019. Obiettivo che è stato quasi sepolto vivo da chi da anni non scende dalla poltrona; da una mentalità arroccata sul dogma localista dei servizi, della formazione, delle infrastrutture, che osteggia l’apertura verso un mondo globale, verso una dimensione metropolitana e a rete verso cui il resto del mondo si sta dirigendo; da chi dice di parlare “ai giovani” e “per i giovani” ma sta solo bluffando. Un traguardo che, secondo quanto riportano le notizie delle ultime ore, si è deciso per fortuna di perseguire: ed è proprio grazie a quella rete informale – di imprenditori, di intellettuali, di amministratori locali, di dirigenti illuminati – sorta in questi anni nel territorio che la rinascita delle Venezie non è stata soffocata nella culla.
Rimane, però, da decidere come intendiamo raggiungere questo traguardo. Il più giovane tra i 1.000 premiati ha oggi tredici anni, e nel 2019 ne avrà esattamente venti: quale sarà il suo orizzonte di futuro? È giusto che sia quello stabilito da chi, ora, sembra avere come principale obiettivo la propria sopravvivenza al presente? Non si tratta di “rottamare” nessuno; ma di continuare a far crescere questa rete informale, a sostenere la candidatura in modo indipendente, così com’è stata lanciata cinque anni fa proprio da questo Festival. Puntiamo sul contributo di questi giovani per concludere la stesura del progetto e chiediamo al Governo italiano di appoggiare e premiare questo grande sforzo di visione e progettualità condivise.
Dobbiamo essere fabbricatori del nostro futuro, essere ambasciatori e artefici del “nuovo rinascimento” di cui si sente spesso parlare. Chi altro, se non noi, può e deve esserlo? Ci diranno che siamo troppo giovani e inesperti per essere protagonisti; che in Italia non ci sarà mai una Silicon Valley, e che i prossimi Steve Jobs o Mark Zuckerberg non verranno certo dalla Pedemontana veneta. Michelangelo, però, aveva 29 anni quando finì di scolpire il David; il mondo è cambiato e il tempo dei mecenati è finito, è vero. Non tanto tempo fa, però, Marconi concluse con successo il primo esperimento di trasmissione telegrafica: aveva 21 anni, e non ci sarebbe mai riuscito se non si fosse confrontato con gli studi e le prove di Hertz, Tesla, Braun, Edison e Popov.
Sono questi giovani talenti under-35 il nostro capitale maggiore: un deposito di relazioni, di talenti, di competenza, di impresa. Mercoledì ciascuno di loro si renderà conto che ci sono almeno altre 999 persone con cui condividere il viaggio di ritorno al futuro: mettiamo questo “capitale in rete”, non nascondiamolo, non disperdiamolo. Il Nordest è morto, ma noi siamo qui a raccoglierne e rilanciarne l’eredità.
*Festival Città Impresa, Capitale in rete
(6^ edizione, 8-12 maggio 2013)