La Rai venderà il suo patrimonio. O forse no?

Un “caso” tra silenzi e muri di gomma

Perdite, nell’anno 2012, di 244,6 milioni di euro, rispetto ai 4 milioni di attivo del 2011. Il bilancio della Rai, approvato il 23 aprile dal Cda di viale Mazzini riunitosi sotto la presidenza di Anna Maria Tarantola, mostra conti in rosso e perdite milionarie.

Male comune a tutto il settore dei media, però. La Rai ha un problema con la raccolta pubblicitaria, nonostante sia leader negli ascolti del mercato tv generalista (41,3 per cento di share in prima serata e 39,8 nelle 24 ore). Il magro bilancio è stato approvato con sei voti a favore e l’astensione dei due consiglieri Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, nominati dal Pd a grande richiesta di alcune associazioni, che non hanno votato né a favore né contro il bilancio consuntivo del 2012, ma pare abbiano chiesto approfondimenti.

Le intenzioni della Rai però sembrano buone: il piano industriale 2013–2015 prevede un pareggio nel 2014. Si legge in una nota del direttore generale Luigi Gubitosi inviata via mail a tutti i dipendenti della Rai, all’indomani dell’approvazione del bilancio 2012: «Si tratta di un piano di importanti investimenti, che punta allo sviluppo con tre macro–obiettivi; eccellenza dell’offerta, avanguardia tecnologica ed equilibrio economico–finanziario».

Tra quelle aree che potrebbero forse permettere una, anche lieve, ripresa dell’azienda, c’è il settore immobili. Andando a spulciare sul sito, a cura della direzione servizi generali della stessa azienda, si leggono numeri precisi. Gli immobili di proprietà del gruppo formano, tutti insieme, circa 660 mila metri quadrati lordi. Altri 90 mila metri quadrati sono in affitto, tutti a uso strumentale. La direzione servizi generali, fra gli altri, ha il compito – si legge sul sito – «di ottimizzare la gestione degli immobili del gruppo Rai, dei servizi connessi e delle dotazioni individuali e di ufficio». Della direzione fa parte infatti il settore valorizzazione del patrimonio, che «coordina lo sviluppo del patrimonio immobiliare a livello di gruppo, supporta le attività della direzione generale per quanto riguarda la compravendita di immobili, gestisce gli adempimenti fiscali e organizzativi e negozia, elabora e gestisce i contratti di locazione attiva e passiva». Ma, sulla stessa pagina internet, una schermata vuota compare se si clicca sulla sezione «bandi e immobili in vendita».

Se (e quando) la Rai avrà intenzione di vendere, affittare oppure “valorizzare” il proprio patrimonio immobiliare, non è dato sapere. Né tramite questa piattaforma “innovativa” (e, a quanto pare, creata con l’ottima intenzione di informare i cittadini sulle possibili destinazioni di un patrimonio a cui contribuiscono col pagamento del canone). Né, grazie alla visione di un occhio interno al Cda, per la precisione il consigliere Benedetta Tobagi, che «al momento non ritiene opportuno concedere interviste relativamente alla sua attività nel Cda» essendosi limitata finora, dice lei stessa, «a brevi comunicati o interventi a chiarimento di posizioni assunte in consiglio».

Niente da fare nemmeno rivolgendosi all’ufficio stampa Rai a cui fa riferimento Gianfranco Comanducci, “ex” vicedirettore agli affari immobiliari, all’approvvigionamento e ai servizi di funzionamento. Fa sapere la comunicazione della tv di Stato che Comanducci, «raggiunti i limiti di età, non lavora più per la Rai», posizione per cui «al momento non ci sono sostituti». L’ex vicedirettore sembra in procinto di abbandonare la Rai per la pensione, giunta dopo una brillante carriera in azienda come direttore delle Risorse umane e poi responsabile della direzione acquisti, e dopo un maxi–risarcimento per una caduta in bicicletta da 500 mila euro, secondo quanto previsto per il suo caso – invalidità permanente – dall’assicurazione a lui destinata dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i Dirigenti di aziende industriali.

Tra gli edifici di proprietà della azienda, ci sono anche molti immobili di pregio: dalla sede di viale Mazzini, edificio realizzato nei 60 su progetto dell’architetto Francesco Berarducci – con tanto di ingresso principale abbellito dalla celebre statua del cavallo morente dello scultore Francesco Messina – al centro di produzione di Milano in corso Sempione, inaugurato nel 1952 sulla base di un progetto di Giò Ponti. Ma la vera punta di diamante è Palazzo Labia a Venezia, costruito dall’omonima famiglia patrizia nel XVII secolo. Nel 1970 la Rai vi ha trasferito la propria sede regionale, tra splendidi e raffinati affreschi del Tiepolo e altre importanti opere d’arte situate al primo piano – detto anche “piano nobile” – e adibito, si legge sempre sul sito, “a funzioni di rappresentanza”.

Sembrava, circa un anno e mezzo fa, che proprio questo immobile potesse essere venduto in seguito alla dismissione della sede Rai di Venezia. A farsi avanti come possibile punto di riferimento nella trattativa con la Rai – diretta dall’allora dg Lorenza Lei – il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, che avrebbe avuto– racconta La Nuova di Venezia – un ruolo da intermediario tra le parti, non essendo il comune in grado di sobbarcarsi le spese di un possibile acquisto. Racconta a Linkiesta.it Samuele Costantini, portavoce dello stesso Orsoni – in questi giorni impegnato per la candidatura della “Serenissima” a Capitale europea della cultura 2019 – che, appresa l’intenzione di Rai di dismettere la sede di Palazzo Labia “il sindaco ha semplicemente mostrato interesse, con lo scopo di evitare che un simile patrimonio, così importante per i cittadini, diventasse l’ennesimo albergo della città”. Al momento Palazzo Labia è visitabile, gratuitamente, da soli o in piccoli gruppi, ma solo su appuntamento e in condizioni che non violino attente norme di sicurezza.

Dunque, il turista che passando da Campo San Geremia, volesse ammirare gli affreschi del Tiepolo, non potrebbe accedere a questo primo piano se non telefonando giorni prima. Dovesse riuscire nell’impresa però, sarebbe almeno ripagato dell’impegno, con una visita tra opere d’arte di valore immenso, a differenza di altri musei o gallerie d’Italia e del mondo, completamente gratuita.
Che cosa servirebbe per risanare gli stropicciati conti dell’azienda Rai? Una ripresa del mercato pubblicitario potrebbe essere una manna dal cielo. Come altrettanto utile, per i conti della tv di Stato, magari a opera del neonato governo Letta, un provvedimento di legge che consentisse una lotta “senza se e senza ma” all’evasione del canone. Canone che, tanto per rinfrescarci la memoria, nel frattempo è aumentato (di poco, circa un 1,50 euro) fino a quota 113,50 euro per l’anno 2013. 

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