Il lungomare Caracciolo, il sole sul porto, sul mare che trema per la leggera brezza che soffia da sud, scirocco, sulle teste delle persone che passeggiano domenicali tra le strade del centro. Napoli in un fine settimana qualsiasi, di maggio, o così almeno sembrerebbe, se non fosse per qualche dettaglio, per qualche macchia di rosa qua e là che riporta agli occhi quello che ieri è stato e che ora è ricordo. Il Giro d’Italia ha levato le tende e si è trasferito altrove, nell’isola più grande dell’arcipelago che colora e movimenta l’orizzonte del golfo di Napoli. Ora tocca a Ischia colorarsi di più di quello che solitamente è. Che è già colore, azzurro e blu di mare, verde di alberi e di vulcano.
Quello che rimane della corsa rosa a Napoli è qualche volantino, qualche ordinanza diligentemente appesa a pali e cartelli stradali, qualche pullman professionistico che ozia in un parcheggio fuori del porto. L’ordinato lungomare gremito di gente e biciclette lascia lo spazio allo stesso lungomare come è ovvio che sia, quello di sempre. Una fiumana di auto lo percorre senza soluzione di continuitá, macchine parcheggiate, motorini in sorpasso diretti probabilmente verso il mare, quello balneabile, verso un tuffo che renda più accettabili le temperature quasi bollenti della città. Una domenica qualunque.
La maglia rosa la sua domenica invece la passerà a lottare contro le lancette assieme ai suoi compagni di strada, tra Ischia e Forio sulla litoranea che viene cullata dal mare, per cercare di non disperdere già ora quei preziosi venti secondi d’abbuono conquistati sotto il Vesuvio. La maglia rosa si è imbarcata e chissà quando ritornerà a percorrere queste strade, magari tra altri 17 anni e magari premierà ancora lo sprinter più forte del mondo.
Il Giro girerà, vedrà nuovi scenari, si avvicinerà ad altra gente come è giusto che sia. Scenderà verso sud per poi risalire. Velocemente, repentinamente, oltre mille chilometri in cinque giorni, quasi tutti in macchina. Alla faccia del Giro, alla faccia delle biciclette. Quello che si lascerà alle spalle è l’Italia di sempre, l’Italia che si abbellisce per un giorno, che viene tirata a festa, che sembra finalmente il bijoux che potrebbe essere e che troppo spesso non è, in un tripudio di passione di gente venuta a vedere gli atleti del pedale, i campioni delle biciclette.
L’ambiente del Giro l’ho vissuto l’anno scorso inseguendolo con i treni regionali, in seconda classe, su quei convogli dimenticati dai dirigenti delle frecce, dell’alta velocità che collega a mille all’ora l’Italia. Quest’anno saranno due ruote invece a farmi percorrere l’Italia. Questa volta lontano dai lustrini della corsa rosa, nei bar Sport, tra la gente comune che in modo comune porta avanti la sua passione per le biciclette, per provare a vedere cosa sia diventato, al giorno d’oggi, questo sport, quello sport che un tempo divideva e univa l’Italia. Il viaggio è iniziato. Girodiruota è partito a rincorrere ancora una volta il Giro, quello vero.
*Giovanni Battistuzzi, 28 anni, è un giornalista freelance di Conegliano Veneto (Treviso). Dal 4 al 26 maggio sarà in sella alla sua bicicletta per raccontare il Giro d’Italia, da Napoli a Brescia. Lo farà anche per Linkiesta. Lo trovate su www.girodiruota.it