“Per una buona legge elettorale si cambi Costituzione”

Parla il costituzionalista Francesco Clementi

La decisione è di modificare – in fretta – il Porcellum. Almeno per l’estate dovrebbe essere pronta la nuova versione della (molto discussa) legge elettorale. Modifiche e ritocchi per mettere al riparo la legge dai dubbi di costituzionalità rilevati dalla Corte Costituzionale. In particolare, il premio di maggioranza, squilibrato e neppure in grado di garantire la governabilità (come del resto si è potuto vedere nelle ultime elezioni). Che fare? Un problema tecnico-politico complicato che non prevede, almeno secondo Francesco Clementi, professore di Diritto Pubblico comparato all’Università di Perugia, soluzioni semplici.

Che strada si può intraprendere?
Dipende dal contesto. Adesso, in un momento in cui i partiti sono frastagliati e non hanno una chiara maggioranza nel Paese, le modifiche al premio di maggioranza del Porcellum diventano un tema delicato. Possono rivelarsi anche una tagliola, se fatte in modo incauto.

In che senso?
Ad esempio si può pensare di alzare la soglia per assegnare un premio di maggioranza solo in presenza di numeri maggiori. Ma in questo caso, cioè ora che la realtà partitica è frastagliata, non si imporrebbe una maggioranza chiara. E i partiti sarebbero costretti ad alleanze innaturali tra di loro.

Intende come accade ora, tra Pd e Pdl?
Esatto. Si tratta di una scelta “grancoalizionista” che è un’eccezione. A mio avviso, deve restare nell’ambito delle eccezioni. Con una modifica di questo genere l’eccezione diventerebbe regola. Sempre in un contesto come quello attuale. Detto questo, c’è un secondo punto fondamentale.

Dica.
Il passaggio prevede anche di mettere in armonia l’importanza di migliorare il rapporto tra eletti ed elettori e l’importanza di avere una maggioranza immediata, subito, la sera stessa del voto.

E come si può fare?
Ad esempio, si può pensare a ri-territorializzare il voto e, insieme, a un premio di maggioranza. E questo è un tema che si lega al bicameralismo.

In che senso?
Nel senso che ci si deve porre la domanda: si può adottare lo stesso? Sì: si può cambiare il premio di maggioranza, oltre alla Camera (dove, si è detto, è meglio che non sia troppo alto, altrimenti si crea la necessità di una grancoalizione) anche al Senato, e trasformarlo da regionale a nazionale. Il rischio, in questo caso, è che ci si possa trovare in una situazione in cui si hanno due vincitori, uno alla Camera e uno al Senato.

E non va bene.
No, ma a questo punto la soluzione sarebbe diversa. E andrebbe a incidere nel dettato costituzionale: il Senato dovrebbe diventare organo consultivo e non decisionale. In questo modo si possono anche avere due Camere, anche con maggioranze diverse, ma sarebbe solo una quella che conta e che decide. Per farlo, però, occorre una modifica della Costituzione, per ritoccare i ruoli e la natura del Senato.

Ma al momento si richiedono modifiche “minimaliste”.
Un miglioramento potrebbe essere creare un collegamento tra Camera e Senato eliminando i premi regionali al Senato. In questo modo, è vero, può capitare di trovarsi con due maggioranze diverse, una per ogni camera. Ma è una situazione preferibile ad avere maggioranze composte da coalizioni innaturali. Si avrebbe una situazione di governabilità maggiore. Per il futuro, è la governabilità il punto da cercare, come hanno indicato i saggi nei loro documenti.

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