In Russia è diventata un’abitudine gonfiare i budget per le maggiori manifestazioni sportive da ospitare. Per i prossimi Giochi invernali di Sochii, in programma nel febbraio 2014, il comitato organizzatore è riuscito a battere il record di edizione più costosa della storia. I numeri sono impietosi. Nel 2007, Vladimir Putin aveva spiegato che sarebbero stati spesi 12 miliardi di dollari, circa 9 miliardi di euro. La cifra è presto quadruplicata e Sochii si è ritrovata, a meno di un anno dalla prima gara (prevista il 7 febbraio 2014), ad essere più cara persino delle Olimpiadi di Pechino del 2008. Per la prima olimpiade cinese furono spesi la bellezza di 40 miliardi di dollari ed anche in quel caso la cifra risultò notevolmente gonfiata rispetto alle previsioni iniziali.
Così come per i Giochi, anche il Mondiale di calcio del 2018 costerà un bel po’ alle casse di Madre Russia. Tanto che Standard & Poor’s, in un recente report dedicato alla Coppa del mondo di calcio, ha sentenziato che molte città che ospiteranno il torneo rischiano di andare incontro alla bancarotta, se continueranno a seguire il trend di spesa per stadi e infrastrutture previsto.
Così, pure nel torneo di calcio, i parametri fissati da Putin sono stati sconfessati. Lo scorso autunno Vitaly Mutko, ministro dello sport russo, ha annunciato con un notevole margine di anticipo sulla tabella di marcia i costi per Russia 2018: il budget previsto è di 15 miliardi di euro. Un cifra che non si discosta di molto dal budget del prossimo Mondiale (quello di Brasile 2014) e che anzi è inferiore ai 20 miliardi spesi da Polonia e Ucraina per Euro 2012. Peccato che Putin, nel 2010, avesse annunciato che il budget sarebbe stato di 8 miliardi. Nulla di male, in fondo: spesso le spese per i grandi eventi lievitano. Ma la ripartizione degli investimenti e soprattutto la loro provenienza non sono così trasparenti.
Poco meno della metà dei 15 miliardi servirà per gli stadi, alcuni dei quali saranno nuovi di pacca, il restante 60% per le infrastrutture. Il 50% della torta arriverà dal Governo e dagli enti locali, l’altra da una sorta di colletta che Putin sta organizzando presso i grandi magnati russi come Abramovich. Così come a Sochii, gli investimenti privati potrebbero essere legati alla mafia russa. Dopo la crisi del prezzo del petrolio del 2008, la criminalità organizzata si è spostata su due grandi business: il sempre redditizio traffico dell’eroina dall’Afghanistan e le speculazioni legate allo sport. Un giro d’affari che potrebbe coinvolgere anche i Mondiali di calcio del 2018, che si giocheranno proprio nell’ex Urss, ma che per il momento vede interessata la zona caucasica di Sochii. E proprio per evitare maldicenze, il ministro Mutko ha tolto dalle 11 città ospitanti Krasnodar, «perché troppo vicina a Sochii» e che guarda caso fa parte di quella zona caucasica dove i legami tra mafia e speculazione edilizia fioriscono a vista d’occhio.
E sono quindi le amministrazioni i locali delle città sedi del Mondiale a tremare. A parte le metropoli Mosca e San Pietroburgo e Sochii (scelta perché avrà già le infrastrutture pronte e pagate a caro prezzo), molte città rischiano il crac. «La maggior parte delle regioni ospitanti avranno difficoltà a reperire o generare i fondi necessari, a causa del previsto indebolimento delle finanze locali per la lenta crescita economica»: è l’impietoso commento del report di Standard & Poor’s. A Kaliningrad lo stadio andrà costruito ex novo. A Samara le infrastrutture sono carenti: andranno riprogettate per centinaia di milioni di euro. Dunque le questioni sono due: o succede come in Ucraina, dove i magnati locali hanno aperto il portafoglio e contribuito ad ampliare la rete di trasporti (l’ex deputato del Governo di Kiev Olexandr Yaroslavskiy ha collaborato all’apertura del nuovo terminal dell’aeroporto internazionale di Kharkiv), oppure gli enti locali saranno costretti ad indebitarsi per ospitare il Mondiale. Con la conseguenza che per evitare il rosso, le città potrebbero tirare la cinghia e non offrire una qualità accettabile a livello di trasporti: insomma, il Mondiale 2018 rischia di essere il peggiore degli ultimi anni.
Il report di Standard & Poor’s deve essere arrivato sulle scrivanie del comitato organizzatore, che anche se in bella grafia ha confermato che qualcosa è ancora in stallo. Lunedì 13 maggio, il sito della Fifa ha pubblicato il dossier 2012 sullo stato dei lavori del Mondiale. Tutto bene? Sì. O quasi. Il budget, si legge, non è stato ancora confermato. Segno che si sta rivedendo l’intero piano. La conferma arriva anche dal numero di progetti prioritari di infrastrutture: dai preliminari 1129, si è passati a 350. Ora la palla passa al Cremlino, come spiega l’amministratore delegato del comitato organizzatore Alexey Sorokin: «Ci aspettiamo che il governo approvi il programma nella primavera del 2013. La costruzione di cinque stadi della Coppa del Mondo è già in corso: a San Pietroburgo, Kazan, Saransk, Sochi, così come lo stadio Spartak FC a Mosca. Gli Stadi a Kazan e Sochi saranno completato nel 2013. Lo stadio Spartak accoglierà i tifosi nel 2014. Nel 2013, altri sette stadi saranno progettati – a Volgograd, Ekaterinburg, Kaliningrad, Nizhny Novgorod, Rostov-on-Don e Samara, così come lo stadio Luzhniki di Mosca. La costruzione degli impianti è responsabilità delle città ospitanti, ma noi, come Comitato Organizzatore Locale, siamo responsabili della conformità con i requisiti della Fifa e con il suo programma». Senza scordare le agenzie di rating.