“Scopro i vantaggi dell’Ue quando vendo in Giappone”

Piccole aziende italiane: l’effetto Europa

Alfredo Copelli, 31 anni, è il Direttore dell’ufficio commerciale di una piccola azienda metalmeccanica del varesotto, a Tradate. Lavora nell’impresa di famiglia dal 2007 e capire cosa significa lavorare in euro anziché in lire per lui non è immediato. «Il 2002 ormai è preistoria», scherza. Ma ogni volta che stipula un contratto con un cliente giapponese o prova a inviare in Russia un tecnico per aggiustare parti di macchine vendute ai clienti di San Pietroburgo, tocca con mano quello che è per un’impresa l’Ue. «È quando ci si confronta con il mercato extra europeo, che scopro quanto è più facile lavorare in Europa», spiega.

Quarantotto dipendenti, 11 milioni di fatturato, gli affari con l’estero per l’Astin sono vitali: il 50 per cento del fatturato è in Italia, 20 per cento nei paesi dell’Unione europea, 30 in aree extra Ue, dagli Stati Uniti, alla Cina, al Venezuela e l’Australia. «La nostra merce viaggia in Europa senza che io faccia alcuna fattura, basta il Documento di trasporto. Sembra banale, ma questo per una piccola azienda significa evitare i tempi tecnici della dogana, che rallentano le consegne almeno di un giorno, e meno lavoro per le nostre segretarie che evitano di preparare i documenti per la dogana». 

L’officina Astin, a Tradate, Varese. L’azienda ha clienti in tutto il mondo: Spagna, Germania, Russia, Cina, Turchia, Giappone e Usa sono alcuni dei paesi in cui esporta.  
Oltre a produrre macchine per il cartone ondulato, all’Astin si fa anche tanta assistenaza tecnica e la mobilità delle persone è fondamentale. «Siamo specializzati nel risolvere i guasti sulle macchine fornite ai nostri clienti nel corso degli anni. Sono linee di produzione che non possono restare ferme troppo a lungo e l’intervento di un nostro dipendente, quando serve, è urgente. Se mi chiama un cliente con la macchina ferma in Spagna, a Malta, in Polonia, per fare gli esempi di questa settimana, posso mandare un tecnico il giorno dopo. Se invece il cliente è in Russia, o peggio in Algeria o in Iran, devono passare diversi giorni per chiedere i visti».

Alcune delle macchine per la produzione di cartone ondulato realizzate in Astin

La semplicità burocratica si sperimenta anche in officina, in fase di produzione delle macchine. «Per andare sul mercato, i prodotti devono rispettare determinati requisiti di legge, norme di sicurezza. Se il contesto normativo di riferimento è omogeneo, è più semplice progettare e creare i nostri prodotti. Ci sono meno leggi da conoscere e so che una macchina fatta per la Germania va bene anche per tutti gli altri paesi dell’Unione. Non così se produco per gli Usa, ad esempio. E senza uno standard valido per tutti aumentano i tempi e i costi di progettazione e produzione».

E infine la moneta unica. «Il mio concorrente Spagnolo, la Montenegro, qualche anno fa aveva stipulato con il suo agente statunitense un accordo biennale con prezzi fissi in dollari. Ci ha perso un sacco di soldi perché il rapporto euro-dollaro si è squilibrato». Ma limitarsi a dire che l’euro molto forte non incoraggia le esportazioni è, secondo Copelli, «una visione troppo semplice». 

«A livello europeo la moneta unica porta vantaggi indiscussi, perché ha eliminato il rischio di cambio. Ma funziona anche con il resto del mondo. All’Astin lavoriamo con commesse lunghe, e tra il momento in cui stabilisci i prezzi e quello in cui fatturi passano anche sei o più mesi. In quel lasso di tempo il valore della moneta potrebbe cambiare e portare svantaggi economici al cliente. L’euro invece è una moneta stabile e questo dà fiducia alle ditte con cui ci confrontiamo, che accettano quasi sempre di stipulare accordi in euro». 

Ma all’Astin si raccontano anche aneddoti come questo:«Qualche anno fa un nostro tecnico doveva raggiungere uno stabilimento croato. Aveva con sé tutta l’attrezzatura necessaria all’intervento di manutenzione. Arrivato alla dogana, è stato trattenuto per una giornata perché non credevano che l’attrezzatura servisse solo riparare la macchina del cliente verso cui era diretto. Erano convinti che stesse importando merce senza documentazione. Ha dovuto allungargli 50 euro per passare e arrivare in tempo dal cliente. Quando è tornato l’ho rimbosato».

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