Tagli alle biblioteche: pericolo paralisi del sistema

In tre anni finanziamenti dimezzati

«È come togliere la spina dorsale a un organismo, non starebbe più in piedi. L’Istituto centrale per il catalogo unico è lo scheletro del nostro sistema bibliotecario», incalza Aldo Pirola, il direttore della sezione Libri della biblioteca Sormani di Milano, per commentare i tagli fatti dal Ministero dei Beni culturali all’Iccu, l’istituto che in Italia si occupa di catalogare tutti i nuovi libri, e di tenere traccia di prestiti e consultazioni delle 5mila biblioteche italiane aderenti al Sistema bibliotecario nazionale (5mila su 12mila totali, tra cui quelle di 20 università). «E ora rischiamo di avere un enorme numero di biblioteche fantasma, in cui si può aprire la porta al pubblico senza però dare accesso ai libri».

È con un comunicato del 7 maggio che i dipendenti dell’Iccu hanno denunciato lo stato di precarietà in cui si trova oggi l’istituto: «Il bilancio dell’Iccu», si legge nel comunicato, «è quasi dimezzato e si prevedono ulteriori tagli per l’anno prossimo». I dipendenti sono passati dalle 90 unità del 2007 alle attuali 43, e ora «a rischio è la continuità e la qualità del servizio». Nessun licenziamento, negli ultimi anni non è stato sostituito chi andava in pensione. «Non abbiamo più sprechi da anni, non c’è più nulla su cui possiamo tagliare», lamentano voci interne all’istituto. «Possiamo solo abbassare il livello del servizio e interrompere alcune operazioni. Però decidano almeno qual è il livello minimo al di sotto del quale non è possibile andare», incalzano.

A fornire i dati relativi ai tagli è l’ufficio della dottoressa Rossana Rummo, Direttore generale per le Biblioteche nel ministero per i Beni culturali. Che precisa la funzione dell’Iccu: «mantenere funzionante il computer centrale che consente la catalogazione partecipata e il catalogo collettivo nazionale (Opac), nonché di sviluppare il software di catalogazione open-source di proprietà dello Stato». Ebbene. Se i finanziamenti all’Iccu erano di 2 milioni e 200mila euro circa nel 2010, nel 2013 sono scesi a 1 milione e 70mila. Dimezzati in soli tre anni. Mentre è diminuito nello stesso periodo anche il finanziamento complessivo per le spese di investimento, funzionamento e tutela di tutte le 46 biblioteche pubbliche statali: dai 17milioni e 800mila euro del 2009, agli 11 milioni e 900 del 2013.

Valdo Spini, presidente dell’Aicci, Associazione delle Istituzioni di cultura italiane inquadra il problema in un’ottica generale di tagli alla cultura fatti dal ministero dei Beni culturali: «Gli istituti culturali hanno subito negli ultimi anni tagli del 17% dal Ministero e ora non riescono nemmeno a pagare le bollette. Ovvio che poi si arriva a tagliare anche i finanziamenti al sistema bibliotecario nazionale». Commenta l’affermazione del primo ministro Letta: «“Piuttosto che tagliare fondi a cultura e ricerca mi dimetto”, ha detto. Temo che la dichiarazione, per quanto nobile, arrivi troppo tardi». E come i dipendenti Iccu chiede che ci si chiarisca le idee su dove si vuole andare: «Giovedì mattina il ministro Massimo Bray sarà in audizione alla commissione Cultura alla Camera. Mi aspetto parole chiarificatrici. Bisogna capire cosa si vuole».

È dagli anni ’80 che l’lccu organizza e gestisce il Sistema bibliotecario nazionale, la struttura informatica che consente la catalogazione dei libri delle biblioteche italiane e il prestito interbibliotecario attraverso un grande catalogo collettivo, l’Opac. Un enorme banca dati che permette di vedere in quale biblioteca è conservato un libro o altro materiale oggetto di ricerca accedendo ad un unico sito web. «Per cercare un libro che si trova a Trani – semplifica Pirola della Sormani – non devo andare sul sito della biblioteca di Trani, ma su quello dell’Opac, e così anche se voglio fare ricerche di materiale conservato in Friuli o a Napoli». Una volta individuata la biblioteca che possiede il documento cercato, l’utente consulta la scheda informativa dell’ente (orari, indirizzo, servizi offerti, etc.), e può attivare una richiesta di prestito interbibliotecario, se la biblioteca che possiede il documento non è per lui facilmente raggiungibile. Ed è sempre l’Iccu che si occupa della catalogazione di tutto il nuovo materiale acquisito dalle biblioteche e messo in circolazione, con un gran risparmio di tempo e risorse per gli enti locali: «noi ci limitiamo a catturare i dati creati a livello centrale e a riutilizzarli».

«Se i tagli bloccano il catalogo nazionale è un disastro per tutti», spiega Aldo Pirola. «Finisce che nessuno sa più dove sono i libri nuovi, e nessuno più aggiorna i cataloghi. E ci sarebbe un effetto domino con ricadute gigantesche, da ultimo una grossa diminuzione del livello culturale del paese. Disinvestire nell’Iccu significa investire in ignoranza». Cosa potrebbero fare le singole biblioteche senza più un Opac funzionante?, si chiede Pirola. «Comprare nuovi software per la gestione? Vuol dire buttare all’aria decenni di lavoro. Per di più per un sistema del quale siamo molto contenti, perché funziona bene ed è invidiato anche all’estero. Un sistema frutto di una politica lungimirante fatta da chi negli anni ’80 si trovava al ministero dei Beni culturali».

X