Tumore, il dubbio dei falsi positivi nelle mammografie

Salute&scienza

«Più lavoro con la tomosintesi e più mi entusiasmo, il che è per lo meno inquietante conoscendo quanto io sia scettico, critico e distruttore. Ma verificare con una discreta frequenza quanto possa evidenziare un cancro, anche non piccolo, del tutto occulto alla mammografia bidimensionale, è assolutamente entusiasmante». Stefano Ciatto, radiologo italiano mancato nel maggio 2012 che con il suo lavoro ha rivoluzionato la senologia italiana e mondiale, la tomosintesi (o mammografia 3D)la raccontava così. Assalito da una vera e propria “febbre da tomosintesi”. È dedicato proprio a lui un recente studio condotto in Italia e comparso su Lancet che mette in luce gli effetti positivi dell’integrazione tra mammografia in due e tre dimensioni.

Il punto di partenza è che lo screening mammografico benché sia al momento l’unico strumento diagnostico in mano ai medici, in grado di ridurre la mortalità per tumore al seno, presenta non poche limitazioni. Tra cui una scarsa sensibilità e il problema dei falsi positivi. La sovrapposizione del tessuto mammario infatti o la densità parenchimale possono oscurare i tumori o vedere strutture sospette anche quando non lo sono. Con la conseguenza che molte donne vengono allarmate per nulla, o sottoposte a stress, diagnosi e terapie inutili e viceversa. Secondo lo studio condotto in Italia invece un’integrazione tra tomosintesi e mammografia potrebbe migliorare l’individuazione dei tumori e ridurre i falsi positivi.

Al momento per prevenire il tumore al seno si può ricorrere all’ecografia, innocua e priva di effetti collaterali perché non usa i raggi X ma gli ultrasuoni, ma meno sensibile dopo i 40 anni. A quest’età è consigliata la mammografia, un esame radiografico che nonostante comporti una dose di raggi X è considerata una tecnica sicura grazie alla tecnologia attuale in grado di costruire macchine sempre più efficienti che usano meno raggi X. La tomosintesi è uno sviluppo della mammografia, per cui sempre usando i raggi X si ottengono immagini a strati del tessuto esaminato, ottenendone un’immagine in tre dimensioni.

«È uno sviluppo tecnologico potenziamene più informativo ed efficace della mammografia» spiega a Linkiesta Alfonso Frigerio, Responsabile del Gruppo Screening Mammografico di Torino (Ospedale San Giovanni Battista), «e lo studio italiano dimostra che con questa tecnica possiamo migliorare alcuni parametri diagnostici della mammografia tradizionale che ora non vanno. La tomosintesi permette di individuare più patologie di quante non si faccia ora con la semplice mammografia e allo stesso tempo riusciamo anche a ridurre i falsi positivi. Verrebbe da concludere che siamo di fronte a un nuovo tipo di screening, migliore del precedente, ma non è così. Quello che hanno pubblicato è una premessa di dati che richiede di essere convalidati da studi più approfonditi fatti con una metodologia randomizzata e prospettica che misuri il raggiungimento di altri obiettivi».

«Per decenni si è tentato di usare o la radiografia del torace o la tac per il polmone per diagnosticare lo screening dei tumori polmonari – prosegue Frigerio – e si è visto che così si scoprivano più tumori ma poi la mortalità non era significativamente diversa da chi non aveva fatto il test. Devo valutare l’impatto sulla mortalità, se i tumori che sto trattando, che scopro e che curo, questo averli scoperti e curati evita la morte, blocca la malattia in tempo o no. Perché se non la evita non ho nessun beneficio o sono solo parziali». Non basta quindi scoprire il tumore ma farlo abbastanza in tempo da evitare la morte. O ancora, va bene scoprirne più tumori, ma solo se questo serve a ridurre la mortalità. Per questo sono necessari ulteriori studi che lo confermino.

Nonostante necessiti di ulteriori conferme cliniche la tomosintesi per ora si presenta come uno screening molto promettente, anche se ci sono altri due aspetti che non possono essere trascurati: dose di radiazioni e costi. Problemi che forse potranno essere risolti con il tempo. «La tomografia al momento prevede che la dose di radiazioni nella donna venga aumentata, di quanto dipende dalle soluzioni tecnologiche che i produttori di apparecchi forniranno, ma di base c’è un certo aumento. L’associazione tra mammografia e tomografia, inoltre, tecnica diagnostica che hanno usato nello studio italiano, comporterebbe, una dose doppia di raggi X. È un problema cui i costruttori stanno lavorando ed è probabile che in parte verrà risolto con il tempo, ma per il momento questo discorso resta. Un buon motivo in più per essere cauti. Abbiamo tutti voglia di scoprire metodiche moderne che diano risultati migliori, ma chi lavora nel campo sa che bisogna andarci piano. Ogni passo va convalidato nel modo più accurato possibile a livello scientifico, tenendo conto di tutti i parametri che hanno un vantaggio reale, dell’impatto che ha sulla mortalità e di eventuali rischi che comporterebbero in più ecc.».

Un secondo studio condotto in America su donne ad alto rischio genetico per il cancro, e pubblicato su Jama, ha testato invece l’associazione della mammografia con imaging a risonanza magnetica o ecografia, con risultati discutibili. Infatti benché questo tipo di screening sia in grado di “trovare” più tumori, dall’altro lato aumenta anche il numero di falsi positivi. Molti di questi tumori infatti non sono patologie che dovevano essere trovate perché non sono pericolose o non sono tumori. «Una strategia preventiva come questa – spiega l’oncologo dell’Ospedale San Giovanni Battista –che prevede l’associazione tra diversi screening per ottenere una maggior sensibilità e un minor rischio di falsi positivi, può essere giustificata solo in una popolazione ad alto rischio come quella su cui è stato condotto lo studio. Per cui posso anche accettare di usare più precauzioni, con tutti gli svantaggi che ne conseguono, perché partiamo da un rischio più alto di riscontrare la malattia».

Oggi l’uso della tomosintesi o delle associazioni tra i diversi test diagnostici non sarebbe economicamente sostenibile dal Sistema sanitario nazionale, «perché soprattutto nel secondo caso, ci sarebbe un impiego di radiologi e specialisti molto cospicua – afferma Frigerio – che non esistono nemmeno numericamente. La tomosintesi invece è più probabile che nel tempo lo diventi, perché nonostante prevede un aumento dei costi, sarà comunque minore che nel caso si lavori su un’associazione, perché si lavorerebbe su un percorso simile a quello della mammografia che già esiste e non è così irragionevole. Ci sarebbero da compare le apparecchiature nuove e aumenterebbe il tempo di analisi dell’esame, ma in parte verrebbero ammortizzati».

Le donne che hanno vissuto una situazione di falso-positivo, tre anni dopo questa esperienza manifestano ancora problemi psicologici. Problema, il falso positivo, più frequente in alcuni Paesi e situazioni che in altri. Nonostante questo e le numerose critiche ricevute negli anni, la mammografia rimane comunque lo screening migliore, sostiene Frigerio, «perché è l’unico per cui esistono una serie di vasti studi e una serie di pubblicazioni che dimostrano in modo chiaro come applicato periodicamente a una popolazione, riduca in maniera significativa la mortalità per il tumore al seno. E consiglierei ancora di farlo perché la mammografia fatta dentro un programma organizzato è lo strumento più ragionevole che oggi abbiamo per ridurre la mortalità per tumore alla mammella. Poi c’è un sottogruppo a rischio molto più alto, (come Angelina Jolie) per cui un protocollo più intensivo potrebbe essere giustificato, e tutta una discussione sui rischi intermedi su cui non ci sono conclusioni ma il dibattito scientifico è aperto».

«Riguardo i danni psicologici dovuti ai falsi positivi, sicuramente questi hanno un effetto negativo su queste donne, ma gli studi presentano degli errori, perché non tengono conto del fatto che nel momento in cui richiami quella persona per compilare il questionario e farle domande su quell’episodio della sua vita, rievochi necessariamente delle emozioni spiacevoli. Inoltre non viene mai considerato che una donna prima del test vive un periodo di stress variabile ma dopo che ha avuto l’esito negativo e sa di essere sana, ha un effetto rassicurate positivo».

Twitter: @cristinatogna
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