Al cinema pagheremo di più i kolossal e meno gli altri

Dove va la settima arte in crisi

L’industria del cinema deve reinventarsi. Secondo due giganti di Hollywood del peso di Steven Spielberg e George Lucas la distribuzione di film al botteghino dovrà presto cominciare ad adottare una politica di discriminazione dei prezzi. Pena, come ha dichiarato Spielberg lo scorso 12 giugno all’apertura del Southern California School of Cinematic Arts, “l’implosione dell’industria cinematografica”.

Se per discriminare su un prodotto come un pomodoro basta produrne di tipologie diverse (in serra o secondo criteri organici) con i film decidere i prezzi dei biglietti in base alle caratteristiche delle pellicola è più complicato. Difficile infatti dare giudizi oggettivi sulla qualità di una realizzazione rispetto a un’altra senza far prevalere punti di vista personali e incorrere in difficoltà. Alla base della politica di discriminazione dei prezzi che i registi di “Jurassic Park” e “Star War’s” hanno in mente c’è il costo di produzione del film. Un colossal con budget multimilionario, come per esempio “Pirati dei Caraibi III” (costato circa 300 milioni di dollari) per Spielberg e Lucas dovrebbe puntare a un prezzo più alto al botteghino (intorno ai 25 dollari). Produzioni con costi più contenuti dovrebbero invece potersi finanziare con biglietti intorno ai 5 dollari. Addio quindi al prezzo unico: presto per andare al cinema si dovrà pagare a seconda del film che si sceglie di vedere.

La discriminazione sui prezzi non è però una novità assoluta. Timidi passi in questa direzione sono già stati fatti. In Italia per esempio durante i giorni feriali le sale cinematografiche applicano spesso un tariffario ridotto (tra i 4 e i 6 euro) e chiedono invece di più (fino ai 7.50) durante le festività. Non soltanto. Grandi catene multisala come l’UCI cinemas fanno pagare intorno agli 8.50 euro a biglietto, mentre per le sale 3-D il biglietto arriva a costare tra i 10 e i 12 euro. E ancora: negli Stati Uniti sono in via di sperimentazione altre strategie volte a segmentare il mercato. Settimana scorsa per il lancio di “World War Z”, il nuovo film con protagonista Bradd Pitt, la Paramount, la casa di produzione della pellicola, ha introdotto un cosi’ detto “mega ticket”. Cinquanta dollari per poter vedere il film due giorni prima del lancio ufficiale (il 21 giugno), un paio di occhiali 3-D con logo del film e una copia DVD in omaggio. Secondo i dati forniti dal gruppo di distribuzione Regal Entertainment Group l’iniziativa si è dimostrata un discreto successo con la vendita della grande maggioranza dei biglietti preventivati.

Questi tentativi sembrano tuttavia insufficienti a rilanciare un settore in difficoltà. Si tratta soltanto di piccoli passi per cercare di frenare un declino che per essere evitato ha bisogno di una svolta radicale. Secondo i dati della banca d’affari americana Morgan Stanley tra il 2007 e il 2011 i profitti pre-tasse dei cinque maggiori studios americani (Disney, Universal, Paramount, Twentieth Century Fox e Warner Bros) hanno registrato una flessione del 40 per cento (nel grafico a fianco, andamento della spesa per consumo domestico di “entertainment”, elaborazione The Economist su dati Morgan Stanley). Il numero di biglietti venduti ha subito lo stesso trend negativo. Nel 2011 le sale cinematografiche americane hanno venduto 1.28 miliardi di biglietti, il minor numero dal 1995. E nonstante nel 2012 il numero di biglietti venduti sia cresciuto fino a toccare 1.36 miliardi, gli analisti sono concordi nel reputare basse le prospettive di crescita del settore. Se tutto andasse secondo le migliori ipotesi gli utili dei giganti di Hollywood mostrerebbero un andamento piatto dato che la percentuale di americani che va al cinema almeno una volta al mese è scesa dal 30% del 2000 al 10% del 2011.

In Italia la situazione non è certo migliore. In un recente articolo Linkiesta ha evidenziato come nonostante l’ultimo anno nel nostro paese siano stati prodotti ben 166 film e siano stati raccolti ben 493,14 milioni di euro di finanziamenti (grazie anche ad alcune agevolazioni fiscali) gli incassi del 2010 sono diminuiti del 7,95% rispetto all’anno precedente e il 41,1% delle aziende del settore ha registrato un calo sia del fatturato sia dell’utile. Difficile sfuggire ai numeri. Se il trend, come è molto probabile, si dovesse mantenere su questa traccia, il modello Spielberg-Lucas oltre che in America potrebbe arrivare presto anche in Europa.

Twitter: @albertomucci1

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